Giuseppe Turani: “Una crisi molto lunga e pericolosa”

Giuseppe Turani: "Una crisi molto lunga e pericolosa"
Giuseppe Turani: “Una crisi molto lunga e pericolosa”

ROMA – Una crisi lunga e difficile, quattro anni di navigazione incerta. Giuseppe Turani, su Uomini e Business, analizza la situazione politica ed economica in Italia nel giorno in cui il Senato vota la fiducia alla delega sul Lavoro.

L’articolo di Giuseppe Turani:

Ci attendono quattro anni di navigazione molto difficile. Se qualcuno aveva pensato a un certo slancio dell’economia italiana e a un netto miglioramento dei suoi numeri, si sbagliava. Le ultime cifre fornite dagli esperti del Fondo monetario internazionale sono una doccia gelata. Quest’anno l’Italia andrà indietro dello 0,2 per cento (quindi terzo anno di recessione). La disoccupazione arriverà al suo massimo del 12,6 per cento. Il nostro debito pubblico salirà, rispetto al Pil, dal 132,5 del 2013 al 136,7. E questo è probabilmente il dato più preoccupante: in un solo anno il rapporto deficit/Pil peggiora di 4,2 punti.

E le cose non sono destinate a migliorare tanto in fretta. Nel 2015, infatti, il Fondo monetario prevede che il rapporto deficit/Pil scenda solo al 136,4. Per vedere una discesa consistente, con un rapporto al 125,6, bisognerà aspettare il 2019.

Andamento deludente anche per l’occupazione: se quest’anno si arriverà al 12,6 per cento di senza lavoro, nel 2015 dovrebbe assestarsi intorno al 12 per cento, con una variazione minima, e comunque al di sopra della media Ue che sarà l’anno prossimo dell’11,2 per cento. Nel 2015,infine, la crescita italiana sarà dello 0,8 per cento.

Questi numeri hanno anche una loro “qualità”. E questa consiste nel fatto che è in corso un rallentamento dell’economia mondiale: al punto che è lo stesso Fondo monetario a parlare, per quanto riguarda l’Europa, di un aumento dei rischi di recessione, di deflazione e di stagnazione. E fa paura la previsione che fino al 2019 l’inflazione in Europa rimarrà al di sotto del 2 per cento: in ogni istante, quindi, ci sarà la possibilità di piombare nella deflazione.

La conclusione alla quale si arriva, purtroppo è che i prossimi quattro anni, che saranno di bassa crescita (poco sopra l’1 per cento) andranno anche vissuti con il fiato in gola, con lo spettro della possibile deflazione dietro l’angolo.

Questo scenario “cattivo” dipende solo in parte da noi: siamo davanti a una frenata dell’economia mondiale contro la quale possiamo fare ben poco, anzi niente. L’unica cosa certa è che dopo sette anni di crisi ne abbiamo davanti altri quattro pericolosi.

Per questo sarebbe opportuno accelerare quelle riforme di struttura che tutti ci stanno chiedendo. Invece stiamo entrando in quattro anni difficili e pericolosi ricchi solo di debiti e di grandi dibattiti intorno alle riforme. Ma con poche, vere riforme alle spalle.

La Bce di Draghi, che il Fondo monetario elogia, fa quello che può (positiva è giudicata l’idea degli Abs), ma sono i singoli paesi che devono andare avanti con il processo di cambiamento. Se si fa questo, non è impossibile migliorare l’andamento dell’economia: nel 2015 la Spagna crescerà dell’1,7 per cento, meglio della stessa Germania (che crescerà solo dell’1,5 per cento) e meglio di chiunque altro in Europa.

In conclusione, la bassa velocità dell’Italia in parte è anche colpa nostra, che siamo timidi di fronte alla necessità delle riforme richieste. Il messaggio del Fondo monetario è questo, e non poteva essere più chiaro di così.

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