Guerra fra Russia e Ucraina. Dietro l’escalation folle spuntano segnali di dialogo. Veri, falsi? Certamente contraddittori. Di difficile interpretazione.
Mentre venivano liberati i “nazisti” del battaglione ucraino Azov (scambio di prigionieri record tra Mosca e Kiev) lo zar giocava una carta dal sapore finale: la mobilitazione generale.
Un milione di riservisti, non 300 mila; almeno secondo quanto riferisce Novaya Gazeta Europe, il bi-settimanale fondato nel 1993 da Gorbaciov; foglio indipendente, fermo oppositore, oggi diretto dal premio Nobel per la pace Dimitri Muratov.
Un periodico che conta il triste primato di 6 giornalisti uccisi (oltre 300 in tutta la Russia dal 1993 ad oggi). Il 5 settembre scorso un tribunale di Mosca ha revocato la licenza di stampa. Stop a stampa e vendite. Regge per ora Internet.
IL REGIME ALLA CANNA DEL GAS
Lo dicono (quasi) tutti gli analisti, in testa Jeffrey Sonenfeld, docente della prestigiosa Università di Yale, l’ateneo privato del Connecticut che ha avuto tra i suoi allievi numerosi presidenti degli Stati Uniti. L’orso sanguinante trema. “Sta andando verso la catastrofe economica: inflazione alle stelle, disoccupazione in aumento, produzione industriale a rilento, centri commerciali con i negozi chiusi. “Putin è costretto a secretare i dati economici reali”. Dunque la mobilitazione annunciata sarebbe solo la conferma di quanto sia disperato.
Bloomberg, la multinazionale di New York che ha creato un servizio mondiale di news, ha reso noto un documento segreto del Cremlino secondo cui la decrescita del Pil russo è “grave”. Ecco allora spiegate (almeno in parte) talune aperture al dialogo (scambio di prigionieri, grano, sicurezza centrali nucleari). Insomma qualcosa si muove. Macron ed Erdogan, la coppia inedita, dal pulpito dell’Onu hanno rilanciato il loro ruolo di mediatori.
A PICCOLI PASSI DALLA GUERRA VERSO IL NEGOZIATO
Non c’è da illudersi. La strada del negoziato non è ancora stata imboccata. Tuttavia questi ultimi segnali inducono, se non ad un ottimismo seppur cauto, ad una speranza concreta . Zelenskyy, in collegamento da Kiev con l’Assemblea generale, ha dichiarato:”Siamo pronti per la pace ma dev’essere una pace vera e onesta”.
L’escalation del Cremlino ha mobilitato Cina, India che premono per il “cessate il fuoco”. Pure la Nato ha chiesto ai cinesi di intervenire per trovare una via d’uscita. Certo, i referendum separatisti non aiutano a trovare una strada per le trattative. Tuttavia il crescente dissenso interno, l’esodo massiccio, le sanzioni sempre più pesanti, il sofferto isolamento di Mosca, persino l’aria malefica di un colpo di stato, possono accelerare l’auspicato tavolo della pace.