Derivati. Monti ci dia trasparenza, verità e nomina giusta al Tesoro

Sono passati 12 anni da quando scrissi il libro sull’uso improprio (ma non illegale) che alcuni Governi dell’Unione europea fecero degli strumenti derivati per entrare nell’area dell’euro, riducendo in maniera poco trasparente la loro spesa per interessi.

Il libro fu rapidamente coperto dalla polvere del disinteresse mediatico. Il Consiglio europeo di Parigi mi convocò quasi 10 anni dopo alla luce dei trucchi greci ed ebbi modo di dare, per le prima volta in 10 anni, la mia opinione.

La transazione di cui si parla oggi, in cui il Governo italiano apparentemente avrebbe pagato circa 3,4 miliardi di dollari alla banca Morgan Stanley (3,4 miliardi di dollari, circa 2,5 miliardi di euro, circa 0,2% del PIL, un pezzo di manovra che va in fumo, è una cifra pazzesca, ce ne sono altre?) non è detto che faccia parte di quelle transazioni di cui parlavo allora.

Ma è proprio questo il problema: che ancora, a distanza di quasi 20 anni dalla firma di quei contratti nulla sappiamo. Perché?

Per l’operazione con Morgan Stanley, possiamo conoscere che tipo di operazioni hanno portato a questa perdita così da capire per quale motivo il Tesoro vi entrò a suo tempo? Non sempre perdite sono da addebitare a colpe del gestore: a volte i mercati girano male, si chiama rischio. Ma è importante capire in che tipo di rischio ci siamo infilati per sapere se un buon padre di famiglia avrebbe fatto lo stesso e, in caso negativo, prendere le opportune decisioni contro coloro che effettuarono questa operazione e soprattutto prendere le giuste contromisure affinché questi rischi non siano più assunti. Una cosa comunque già la sappiamo: un errore fu fatto nel firmare il derivato con una clausola di chiusura che non è stata più inserita in nessun contratto successivo: come mai fu apposta in quel contratto? Chi fu il responsabile?

È falso dire che chiusure di contratti come questa non potranno più avvenire perché quella clausola non è stata più inserita. Le ragioni per le chiusure di un contratto possono essere svariate e possono avere a che fare anche con la forza contrattuale di una controparte. Essendo la Repubblica italiana in questo momento particolarmente in difficoltà a causa del suo debito pubblico non è da escludersi che controparti bancarie che abbiano forza contrattuale chiedano di essere ripagate, tanto più che ora una controparte (Morgan Stanley) lo è stata, per qualsiasi motivo lo sia stata.

Ma gli interrogativi non finiscono qui.

Come le garanzie date alle banche e di cui ci siamo occupati a suo tempo, queste perdite potenziali non sono messe a bilancio fino a quando non avvengono. Il paradosso è che Morgan Stanley in questo affare le perdite potenziali (dovute al mancato pagamento che si paventava da parte del Governo italiano) a riserva le aveva messe. Il nostro Governo no. O vogliamo aspettare di fare dell’Italia un’altra Grecia perché tanto noi…. “non siamo le Grecia” che è andata sotto a cause dei derivati?

Cosa ha fatto Morgan Stanley con questo rischio Italia a parte mettere dei soldi a riserva? Non avrà forse acquistato assicurazioni contro il default italiano (si chiamano Credit Default Swap, CDS) contribuendo all’allargamento dei nostri spread? E se così fosse a chi chiederemo di restituirci i soldi della maggiore spesa per interessi causata da questo abbraccio mortale? E non è forse possibile – si interroga il sito – che con la liquidazione da parte del Governo italiano della somma dovuta a Morgan Stanley questa abbia liquidato in questi giorni anche le posizioni nei CDS, spiegando il perché del calo degli spread a cui stiamo assistendo in questi giorni?

Alessandro Penati ha scritto su Repubblica di “voglia di minimizzare” a proposito di come i giornali hanno trattato la bomba di Morgan Stanley e dei derivati nel loro insieme. Forse si tratta solo di poca dimestichezza per un tema molto ostico anche per gli addetti ai lavori e sul quale è quindi molto facile per i Governi manipolare i giornalisti.

A proposito di Morgan Stanley Penati ha scritto di “punta dell’iceberg”. Penati, chiedendo che sia data informazione di tutti i contratti e delle controparti coinvolte, chiede poi che siano liquidate tutte le posizioni e che il Tesoro italiano smetta di fare derivati, astenendosi come fanno alcuni Governi tra cui quello statunitense. Non siamo certi che questa sia necessariamente la giusta scelta: molti Governi usano con intelligenza questi strumenti e ne traggono vantaggi per la collettività, senza specularvi ma gestendo meglio il rischio. Ma lo fanno con trasparenza.

Un miracolo è comunque avvenuto giovedì 16 marzo. In audizione alla Camera il sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria ha chiarito alcuni aspetti della questione a fronte di una interpellanza parlamentare. Un raggio di sole flebile nella cantina più scura d’Italia. Fa sorridere che sia stato un Sottosegretario all’Istruzione ad istruire il popolo italiano al riguardo leggendo una nota scritta con tutta probabilità dal Ministero del’economia e delle finanze. Abbastanza singolare il tutto.

Stravaganze a parte, le parole di Rossi Doria meritano citazione: “Ad oggi il nozionale complessivo di strumenti derivati a copertura di debito emessi dalla Repubblica italiana ammonta a circa 160 miliardi di euro, a fronte di titoli in circolazione, al 31 gennaio 2012, per 1.624 miliardi di euro. Quindi, il nozionale ammonta, per rispondere alla domanda, a circa il 10 per cento dei titoli in circolazione. Degli strumenti derivati in essere circa 100 miliardi sono interest rate swap, 36 miliardi cross currency swap, 20 swaption e 3,5 miliardi degli swap ex ISPA. I 36 miliardi di euro di nozionale dei cross currency swap corrispondono alla quasi totalità dei titoli emessi nel corso degli anni in valuta non euro, sotto il programma delle missioni internazionali. Pertanto, la quasi totalità delle missioni estere sono state coperte dal rischio valutario.”

Conoscere quotidianamente il valore di mercato di quei 160 miliardi significa conoscere il rischio che corrono i cittadini contribuenti e dunque permette di valutare l’operato del Governo e del Ministero dell’Economia e la sua competenza. Significa anche avere la possibilità di prendere decisioni oculate su cosa permettere e cosa non permettere al Governo italiano di fare con i nostri soldi.

In questo momento, secondo Penati che cita l’agenzia di stampa Bloomberg, siamo a 24 miliardi di euro. 1 punto e mezzo di PIL. Se fosse vero ci sarebbe da chiamare la Finanza e scoprire esattamente cosa è successo in questi anni nella gestione del debito pubblico italiano. Cifre simili fanno rabbrividire e è a mio avviso impensabile che il Tesoro si sia esposto a tali livelli. Ma va fatta chiarezza proprio per questo.

Imbarazzante per pochezza tecnica a questo proposito quanto dice Rossi Doria quando si sottrae al fornire informazioni sul valore di mercato dei derivati perché “varia di giorno in giorno”. Immaginate voi se una banca vi dicesse che non vi dice il valore di mercato dei vostri investimenti perché “variano di giorno in giorno”. Non chiamereste la polizia? E non vorreste forse sapere questa informazione anche per sapere la bravura del vostro gestore di fondi?

Ma a poco serve indignarsi oggi. Basta lamentarsi. E’ tempo solo di porre fine a questa commedia tragica che così tanto è costata ai contribuenti europei ed alla costruzione europea.

Una volta per tutte:

a) La Banca Centrale Europea di Mario Draghi faccia quello che non ha fatto la Banca Centrale Europea di Jean-Claude Trichet in questi anni e risponda all’interrogazione dell’agenzia di stampa Bloomberg sui contenuti dello/degli swap greco/i. Non vi è nessuna ragione al mondo per mantenere il segreto su quanto avvenne allora. Vi sono una buona decina di ragioni per essere trasparenti al riguardo.

b) La Commissione europea pubblichi tutti i dati dei derivati dei paesi dell’Unione europea dal 1990 ad oggi e renda obbligatorio da ora in poi la pubblicazione sui siti europei e nazionali delle nuove operazioni di derivati.

c) Il Governo Monti anticipi la Commissione europea e rimuova ogni ambiguità rivelando tutte le posizioni aperte in derivati ed il loro valore di mercato da parte del Governo italiano.

d) La stampa europea richieda a gran voce che i punti a) e b) siano assolti. Ogni giornalista italiano inviato a qualsiasi conferenza stampa del Presidente del Consiglio o di esponenti del Ministero di Economia e delle Finanze da ora in poi ponga come prima domanda la domanda c). Ogni quotidiano tenga in prima pagina questo quesito fino a che ad esso non sia data risposta.

Tanto meritano i cittadini italiani. Nulla di più nulla di meno. Trasparenza e verità.

La storia è solo iniziata. Che continui la richiesta di chiarimenti, su tutti i contratti. Che il Governo Monti faccia chiarezza sul passato ed indichi la nuova via per il futuro. Tanto ci aspettiamo da lui, niente di più né di meno.

Un’occasione è offerta dalla ricerca di un nuovo Direttore Generale del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze, posto per il quale il presidente del Consiglio Mario Monti sta ancora valutando le diverse candidature ricevute. Il posto è importantissimo. Siamo certi che Monti sta valutando le candidature pervenute con occhio imparziale e senza riguardo alcuno per suggerimenti impropri.

Il nuovo direttore generale, è bene averlo presente, sarà responsabile, tra le altre cose, di:

a) gestire le nomine ed il controllo delle società partecipate;

b) gestire e indirizzare l’agenda internazionale, compresa la posizione verso lo stupido Patto fiscale euroeo dopo le elezioni francesi;

c) gestire e rilanciare, insieme con Ragioneria e DAG (Dipartimento dell’Amministrazione Generale, del Personale e dei Servizi del Ministero), il controllo della spesa pubblica (anche grazie alla società Consip SpA) nonché il patrimonio pubblico;

ultimo nell’elenco, ma se si va in ordine di priorità emergenziali decisamente il primo posto:

d) gestire il debito pubblico italiano, comprese le operazioni in derivati. E dunque, tra le altre cose, gettare luce su quanti derivati detiene in pancia lo Stato italiano (che caratteristiche hanno, con quali controparti sono stati effettuati, qual è il loro valore di mercato) e decidere la politica futura su di essi, compresa la svolta di trasparenza necessaria per rassicurare i mercati finanziari data l’oscurità di quanto fatto sinora e la difficoltà di capire che ruolo hanno giocato i derivati e la loro gestione nell’alzare lo spread italiano nei passati mesi ed anni.

Non poca roba. Chiedere di conoscere i curricula di chi ha intervistato il Presidente Monti pare, per questo Paese, ancora troppo avanzato. Ma confidiamo, come sempre, nel nostro presidente del Consiglio per una svolta decisiva per una istituzione, il Dipartimento del Tesoro, tra le più importanti e prestigiose del Paese.

 

 

 

 

 

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