I vostri risparmi nel buco Alitalia, nientre crescita, più debiti, come finirà? si chiede Giuseppe Turani (nella foto) I vostri risparmi nel buco Alitalia, nientre crescita, più debiti, come finirà? si chiede Giuseppe Turani (nella foto)

I vostri risparmi nel buco Alitalia? Niente crescita, più debiti, come finirà?

I vostri risparmi nel buco Alitalia, nientre crescita, più debiti, come finirà? si chiede Giuseppe Turani (nella foto)
I vostri risparmi nel buco Alitalia? L’allarme di Giuseppe Turani (nella foto): nientre crescita, più debiti, come finirà?

I soldi della Cassa depositi e prestiti, dove sono i risparmi postali (cioè del popolo che il Governo Lega-M5s dice tanto di amare e pretende di rappresentare) se li stanno prendendo per sciocchezze senza senso tipo nazionalizzazione dell’Alitalia). È l’allarme di Giuseppe Turani, su Uomini & Business. Dopo, toccherà agli altri. A noi, come popolo, rimarranno i conti di queste stupidaggini da saldare. Ammesso che non mettano le mani nei nostri conti correnti bancari, prima. Giurano che non lo faranno mai. Ma sono gente pericolosa che punta alla povertà generale, un po’ per scelta ideologica e un po’ perché non sa governare, ma solo armare delle risse quotidiane con chiunque. Ecco un esempio.

“Bruxelles attacca popolo, governo non arretra”. È l’aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende. La prima frase è di Salvini, la seconda di Mussolini. La differenza è minima.

Perché mai Bruxelles dovrebbe attaccare il popolo italiano? Socio fondatore dell’Unione (Trattati di Roma) e fino a ieri esemplare membro della comunità europea? Ma Salvini è lo stesso che sul confine delle Alpi cerca disperatamente lo scontro con i francesi (che potrebbero anche starsene buoni).

La verità, molto semplice, è che il Governo italiano ha presentato a Bruxelles una manovra con un disavanzo che è il triplo di quello concordato, con previsioni di crescita che nemmeno la Madonna potrebbe garantire. Che cosa doveva fare Bruxelles? Abbozzare? Ha bocciato, come è suo dovere fare. Non era mai successo.

Ma questi, i gialloverdi, cercano lo scontro, lo vogliono, sta in cima ai loro pensieri. Ne hanno bisogno per poter dimostrare al loro popolo che sono autonomi e che possono fare da soli.

Ma naturalmente mentono. Così come è combinata questa manovra farlocca regge sì e no fino alle elezioni europee, poi crolla su se stessa. E si lascia dietro una scia di rovine. Troppe spese e troppe poche coperture. Solo a una banda di demagoghi poteva venire in mente che per il paese fra i più indebitati d’Europa, e con una crescita superiore solo a quella della Grecia, fosse arrivato il momento di mandare in pensione la gente a 62 anni e di dare uno stipendio (modestissimo) a tutti.

Vogliono farci credere che qui va tutto bene e che è ora di mangiare la torta, ma la torta non è nemmeno ancora stata messa in forno.

Non è vero che l’Italia sia un Paese super. Siamo un Paese mal combinato (con strutture decrepite) che avanza a fatica, per di più governato dalla peggior classe politica da Giulio Cesare in avanti. Da sempre la nostra crescita è metà di quella media europea: ci sarà un perché. O è sempre colpa di Soros e di Renzi? Il primo è un signore che ha dato 17 miliardi di euro del suo patrimonio personale di 25 in beneficienza e borse di studio, il papà del secondo (vittima per anni di una campagna stampa martellante) ha appena vinto una causa di quasi 100 mila euro contro il Fatto Quotidiano, che adesso si lamenta e piange.

La verità è che i gialloverdi non sanno governare, ma sanno solo fare promesse che sanno che non potranno mai essere mantenute. Infatti, la pensione a 62 anni durerà forse un anno e anche meno. Il reddito di cittadinanza scomparirà già nel 2020, pena il default del paese.

Gli analisti del Ref sono molto chiari.. «Se la situazione sui mercati non si normalizzerà in tempi brevi, gli effetti reali attesi dalla politica di bilancio espansiva del Governo verranno annullati».  L’allargamento dello spread e le forti perdite degli indici di Borsa – unite ai segnali di decelerazione (calo dell’export in presenza di consumi interni sempre deboli) emersi sin dai primi mesi dell’anno in corso, e legati soprattutto al quadro internazionale meno favorevole – rischiano di far deragliare la nostra economia anziché rilanciarla.

Insomma, Salvini e Di Maio, con l’assist di Conte e Tria, stanno portando il paese in autogol. Una sorta di “crisi autoinflitta” che è anche il titolo che gli analisti hanno scelto come sintesi delle loro considerazioni: «Le tensioni finanziarie – spiegano – stanno montando e il rischio che si palesa è quello di un avvitamento, che passa per le perdite registrate dalle quotazioni delle banche e un possibile ridimensionamento dell’offerta di credito al sistema». Con la conseguenza di creare un freno alla crescita.

Esattamente quello che l’esecutivo non desidera, tanto più in vista delle europee di maggio. Ecco perché, alla fine, secondo il Ref, «Non è da escludere che nelle prossime settimane la struttura della manovra possa subire qualche aggiustamento. Una fase di aumento delle tensioni sui mercati non sembra utile, anche dal punto di vista degli obiettivi politici del Governo: se è vero che lo scontro con le autorità europee può fare gioco per giustificare la realizzazione solo parziale dei programmi annunciati, è anche vero che un avvitamento in una recessione non giova, soprattutto se l’obiettivo è quello di traguardare le elezioni europee di maggio prossimo».

Alla luce di queste considerazioni, le stime indicate dal Ref per i prossimi anni indicano un’economia poco mossa (1,1 per cento nel 2019 e 1,2 nel 2020, in linea con l’1 per cento del 2018), e un tasso di disoccupazione stabile (10,8 per cento nel 2019 e 10,7 nel 2020, in linea con il 10,7 atteso per il 2018), a fronte di un’accelerazione dei consumi (1,0 per cento nel 2019 e 1,2 per cento nel 2020 da +0,6 per cento del 2018) e dell’export (2,9 per cento nel 2019 e 3,2 per cento nel 2020 da 0,9 per cento nel 2018). 

Notizie poco entusiamanti anche sul fronte conti pubblici. Gli analisti del Ref prevedono che le varie misure che il governo sta per introdurre – soprattutto il reddito di cittadinanza e gli investimenti pubblici aggiuntivi – saranno realizzate in misura parziale nel primo anno, ossia nel 2019. Questo potrebbe rendere “plausibile” il prossimo anno un livello del deficit inferiore all’obiettivo del Governo. La stima che indicano è infatti al 2,1 per cento, inferiore al 2,4 per cento fissato dal governo e contestato da Bruxelles. 

«Più difficile, invece, il quadro dei conti pubblici negli anni successivi» avvertono subito gli stessi analisti. Infatti, spiegano, «il Governo anticipa un andamento decrescente del deficit, ma incorporando nel percorso di rientro un’altra clausola di salvaguardia sull’Iva. È una misura che però non è scontato che verrà adottata; appare peraltro oggettivamente difficile individuare interventi alternativi in tagli alle spese». 

Ecco perché, nonostante le rassicurazioni del governo – che nella lettera inviata venerdì a Bruxelles ha dichiarato che qualora i rapporti debito/PIL e deficit/PIL non dovessero evolvere in linea con quanto programmato, “si impegna a intervenire adottando tutte le necessarie misure affinché gli obiettivi indicato siano rigorosamente rispettati” – ci sono «rischi che il quadro dei conti pubblici scivoli verso saldi prossimi o superiori al 3 per cento», concludono gli esperti del Ref che al momento per il 2020 prevedono un indebitamento al 2,5 per cento.  

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