Il Giornale: partito antigiudici per compiacere la proprietà

di Iudex
Pubblicato il 10 Giugno 2014 - 10:56 OLTRE 6 MESI FA
Il Giornale: partito antigiudici per compiacere la proprietà

Foto Ansa

ROMA – Iudex per il sito “Un Sogno Italiano” di Salvatore Sfrecola ha scritto questo articolo del titolo “Per compiacere la proprietà. Il Giornale: partito antigiudici”:

È certo che ci vuole una notevole improntitudine per il giornale che appartiene alla famiglia di un soggetto condannato con sentenza passata in giudicato per frode fiscale insistere pressoché quotidianamente in una battaglia contro i giudici non con l’intento encomiabile di denunciare chi manca al proprio dovere ma di denigrare un’intera categoria di servitori dello Stato. E poi si dicono di destra, nel senso che vorrebbero richiamare i valori di una destra liberale che fu definita “storica”, la quale aveva posto al centro della sua azione politica il rispetto dello Stato ed il culto della legalità.

E così Il Giornale, nella edizione di oggi titola “Giudici col doppio stipendio”, così facendo intendere a chi non andasse poi a leggere nelle pagine interne, che alcuni magistrati italiani avrebbero un doppio lavoro con “il rischio che si sottraggano ore di impegno ad un sistema già vicino al collasso”.

A leggere bene l’articolo, al di là del titolo ad effetto, si capisce che queste attività extra giudiziarie sono di insegnamento, lezioni, conferenze, partecipazioni a convegni ed a seminari. Un’attività di studio, scientifica che è stata sempre ritenuta compatibile per i magistrati, come per gli altri pubblici dipendenti, che, per la loro preparazione professionale, vengono chiamati a svolgere lezioni o a tenere corsi, naturalmente compatibilmente con il pieno rispetto degli impegni istituzionali. Nel senso che se un magistrato, per effetto di queste attività, non facesse onore ai suoi doveri di ufficio sarebbe suscettibile di sanzioni disciplinari e non gli sarebbe conferito altro incarico extra giudiziario.

Chi ha fatto studi giuridici, all’inizio del primo anno si sarà certamente trovato di fronte un testo di Istituzioni di diritto privato sul quale hanno studiato generazioni di studenti. Alludo al manuale di Andrea Torrente, a lungo incaricato dell’insegnamento di diritto privato della Facoltà di scienze politiche dell’Università degli Studi di Roma. Non tutti sanno che Andrea Torrente era Presidente di sezione della Corte Suprema di Cassazione ed a lui nessuno ha mai rimproverato di aver saltato una udienza per quella ora di insegnamento che impartiva tre volte la settimana ai suoi studenti.

L’Università si è sempre avvalsa per completare l’insegnamento curriculare, per organizzare seminari di studio e corsi dell’apporto di professionisti esterni, in tutte le facoltà. E quindi nulla osta anche che un magistrato il quale, ripeto, faccia fino in fondo il suo dovere possa insegnare, tenere conferenze, partecipare come relatore a convegni.

Ognuno ha diritto al suo tempo libero, anche i magistrati, con buona pace de Il Giornale, e nessuno può impedire loro di scegliere come passare quel tempo, se giocando a tennis o facendo qualche vasca in piscina ovvero scrivere un libro o tenere una lezione.

Queste considerazioni che con molta serenità offriamo all’attenzione dei nostri lettori non vogliono essere una risposta alla faziosa campagna antigiudici di un quotidiano che pure, per altri versi, ha titoli di merito. Intende, invece, presentare ai cittadini un quadro realistico e onesto di una attività scientifica, tutelata dalla Costituzione, che scandalizza solo perché a volte, non sempre, è compensata, modestamente compensata tenuto conto del livello professionale delle persone interessate.

Vorrei anche dire, sempre con molta serenità, che per coloro i quali si dicono liberali e moderati la giustizia e i giudici dovrebbero essere argomenti da affrontare con molta cautela e rispetto, denunciando le cose che non vanno ma tenendo sempre presente che migliaia di uomini in toga ogni giorno, “soggetti soltanto alla legge”, compiono silenziosamente il loro dovere con molti sacrifici anche economici, tenuti come sono a un aggiornamento professionale nel quale non sono aiutati dalle rispettive istituzioni. Per non dire delle regole deontologiche, che tutti condividono, le quali pongono molte limitazioni anche nella vita di relazione, perché chi è chiamato a giudicare o ad esercitare l’azione penale, come ci hanno insegnato entrando in carriera, deve essere certamente indipendente ma anche apparire tale.