Governo Renzi-Mattarella: salva Berlusconi, riforme, elezioni regionali, subito alla prova

Governo Renzi-Mattarella: salva Berlusconi, riforme, elezioni regionali, subito alla prova
Sergio Mattarella (Foto LaPresse)

ROMA – Mentre il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, appena eletto, dedica il primo pensiero “alle speranze e alle difficoltà degli italiani” e muove i primi passi alle Fosse Ardeatine (“l’unità dell’Europa vinse il nazismo, oggi vincerà il terrorismo”), nel Transatlantico di Montecitorio restano i vincitori e gli sconfitti di questo delicato passaggio istituzionale che il premier Matteo Renzi ha saputo portare a conclusione con lucidità e spregiudicatezza.

S’intravedono, subito, i primi passaggi delicati di governo e Parlamento. Dopo martedì, dopo il giuramento di Mattarella, il calendario di Camera e Senato riprenderà il suo percorso.

Con quale delle tre maggioranze variabili che Renzi ha in teoria a disposizione? Quella “nuova”, con il centrosinistra riunito? Quella sbilanciata al centro con Ncd? O quella del Nazareno? Il nuovo Presidente della Repubblica, tanto per cominciare, non è “il presidente Avatar”, cioè clone di Matteo Renzi.

“Mattarella, uomo di legge con la schiena dritta, era l’unica scelta possibile una volta escluso il nome di Romano Prodi”, dice il leader di Sel Nichi Vendola. “Renzi ha capito che rischiava di perdere il partito, la sua base elettorale e ha fatto una scelta da cui ora è difficile tornare indietro”.

Anche perché il centro destra non c’è più. Delle 143 schede bianche di Forza Italia, nei cestoni di vimini ne sono rimaste 105. Trentotto non hanno rispettato l’ordine dei capigruppo Romani e Brunetta e sono confluiti su Mattarella. Fitto, a capo della minoranza azzurra, mette le mani avanti prima: “Visto che non siamo decisivi, noi voteremo bianca. Che non si dica poi che siamo stati noi il soccorso azzurro”.

Mattarella non ha avuto bisogno di soccorsi: 665 voti vuol dire 160 voti oltre il quorum necessario; otto voti appena di distanza dai due/terzi necessari nelle prime tre votazioni. Vuol dire che il giudice sarebbe diventato presidente anche senza i 74 voti di Area Popolare. E se di “soccorso” bisogna parlare, questo è stato certamente “siciliano”, “democristiano” e assolutamente trasversale.

Tanti parlamentari centristi e di Forza Italia hanno sempre detto, a partire dall’ufficializzazione del nome giovedì: “Noi non possiamo non votare Mattarella”. Tra questi Saverio Romano. Poco importa quindi se i 38 voti mancanti sono di Forza Italia o della minoranza fittiana. Il problema è che Fi oltre che senza leader e anche senza linea politica. Renzi cercherà di ricucire nei prossimi giorni. Cercherà di farlo direttamente con Berlusconi tramite Verdini (oggi distrutto insieme con alcuni suoi fedelissimi).

Può darsi che si trovi il modo di tenere in piedi un simulacro di Nazareno politico mentre, a lato, si cercherà di ottimizzare il Nazareno commerciale, cioè la tutela delle aziende. L’unico che forse conta per il Cavaliere. Nel frattempo Fitto porrà il tema dell’azzeramento della cariche, perché “Brunetta e Romani sono esautorati”. Un canovaccio che si ripete da mesi e forse all’ultimo atto.

Sono tre i passaggi politici dei prossimi mesi su cui Renzi dovrà testare la nuova maggioranza di centrosinistra e le conseguenze dello psicodramma nel centrodestra. Il percorso parlamentare delle riforme, legge elettorale e riforma costituzionale; il via libera alla nuova delega fiscale, prevista il 20 febbraio, senza la salva-Silvio; le elezioni regionali a maggio e la fibrillazione per liste e alleanze.

E’ difficile dire cosa resta di Ncd dopo questi tre giorni di anda e rianda dentro e fuori dal governo e poi dall’abbraccio con Berlusconi. Il gruppo si sta spappolando: Alfano è un ecce homo e sente traballare la sua poltrona al Viminale; la portavoce Saltamartini si è dimessa e lascerà il gruppo.

Sacconi si è dimesso da capogruppo al Senato. “Non ci sono pregiudizi su Mattarella. Ma il cinismo di ridare peso alle sinistre dentro e fuori il Pd uccide riforme lavoro, giustizia, fisco. Fine di ogni speranza”, twitta una volta posato il clamore dell’avvenuta elezione.

Nunzia De Girolamo, capogruppo alla Camera ma il cuore che è sempre ad Arcore, è furiosa e preoccupata. Quagliariello e Cicchitto, gli uomini forti del partito, sono frastornati. Gli unici veramente contenti sono i siciliani di Ncd e i ministri Lupi e Lorenzin: non hanno mai avuto dubbi sul voto in linea con la maggioranza di governo.

Da segnalare che Lega e Fratelli d’Italia, coerenti dall’inizio nel voto di bandiera a Vittorio Feltri, credono a questo punto di avere una prateria davanti a sé. “Forza Italia e Ncd si sono fregati da soli”, li uccide Calderoli, “non sono più credibili”. Meloni e Salvini fanno piani comuni via twitter. Sono una delle poche cose chiare: faranno opposizione. Insieme.

Nel frattempo la minoranza dem, cattolici compresi, che non a caso si sono contati tracciando il nome sulle schede, e Sel ricordano che “la legge elettorale ha bisogno di modifiche”. E quella costituzionale pure.

Quello che cambia d’ora in poi è che al Colle c’è uno che ha scritto la migliore legge elettorale possibile (il Mattarellum) e che da giudice costituzionale ha bocciato il Porcellum spiegando bene quali errori deve evitare la nuova legge elettorale. C’è un giudice delle leggi, a cui la mafia ha ammazzato il fratello. Un Presidente che non potrà fare sconti.

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