Il rigore di Franceschini come quello di Vucinic

La palla sul dischetto, un rigore sacrosanto: aiutare chi perde il lavoro, chi sta scivolando in povertà, dirottando su di lui con qualche soldo tolto ai ricchi. Dario Franceschini va verso la palla e il rigore lo calcia, ma la sua esecuzione è come quella di Vucinic, una mozzarella lenta e moscia che danneggia la squadra per cui Franceschini, e non Vucinic, gioca.  Proporre un due per cento di aliquota Irpef in più, dal 43 al 45 per cento, per chi guadagna, e soprattutto dichiara, più di 120mila euro lordi l’anno è, proseguendo nella metafora calcistica, dichiarare, ammettere che non si conosce come è fatto il campo di gioco, figurarsi l’area di rigore delle tasse.

Il “campo di gioco” italiano è fatto così: solo lo 0,5 per cento dei contribuenti dichiara più di 120mila euro annui. E di questi 200mila sono lavoratori dipendenti e solo 61mila professionisti, insomma lavoro autonomo. È una geografia fiscale che, come è noto e ovvio, da decenni, non corrisponde, anzi falsa e distorce la reale geografia del reddito. È una mappa falsa della ricchezza su cui la sinistra si attarda e si perde da sempre.

La falsa mappa ha già indotto la sinistra e i suoi governi e i suoi sindacati a considerare ricco chi dichiara più di 75mila euro annui lordi, cioè poco più di tremila euro al mese netti.  Area della sicurezza economica, certo. Con questa cifra una famiglia a fine mese ci arriva. Ma non è area del benessere e nemmeno, tanto meno, quella della ricchezza. Eppure da 75mila in sù l’aliquota Irpef è del 43 per cento.

La ricchezza ovviamente c’è ma è altrove. Nei duecento miliardi ufficialmente stimati di evasione fiscale che dalla proposta Franceschini non vengono toccati. Ma è anche negli 80 miliardi di spesa pubblica ufficialmente improduttiva: falsi corsi di formazione, integrazioni al redditto di impiegati della consulenza, convegnistica, finanziamenti vari a micro e medie corporazioni. Franceschini dice che con il suo due per cento in più di Irpef si traccolgono 500 milioni di euro per i nuovi poveri, con il due per cento in meno di quella spesa pubblica se ne raccoglie il triplo.

La controprova del “rigore alla Vucinic” di Francheschini è nella reazione possibilista della Lega: infatti la base elettorale e sociale, la base “fiscale” della Lega non verrebbe toccata e non pagherebbe una lira. Un rigore quindi sbagliato, calciato alle stelle e fuori porta che rimarca una coazione a ripetere della sinistra non solo e non tanto sulla tassazione, quanto sulla qualità e quantità della tassazione. Con annessa indolenza omertosa sulla spesa pubblica di cui godono anche corporazioni dalla sinistra stessa rappresentata. Un giocatore non si giudica dai calci di rigore… e neanche un segretario di partito. Però dare un inutile calcetto alla palla invece che metterla in rete è un indizio, quasi una prova di una carenza dei “fondamentali”.

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