Stavolta tocca alla presidente di una Onlus impegnata nell’azione meritoria e necessaria di tutela e assistenza alle donne che denunciano violenze ai lori danni, stavolta tocca a questa donna che sta dalla parte giusta esercitarsi e avvoltolarsi nel viziaccio che meno civile non si può, il viziaccio dell’unico giudice buon è quello che mi dà sempre ragione.
Spalleggiata da titoli e postura culturale de La Repubblica che la intervista, la presidente della Onlus pro donne mostra sorpresa e sgomento perché una donna magistrato nn ha ha emesso sentenza pro parte femminile in causa. L’equazione che presiede e motiva lo sdegno è quella secondi cui una donna, se è magistrato, crede a prescindere ad una donna, altrimenti che donna è? E una donna magistrato, se una donna denuncia, sempre deve, in quanto donna, emettere sentenza di condanna al maschio. Altrimenti sentenza di nn condanna del maschio è tradimento, tradimento di genere. Chissà se la presidente della Onlus che, via La Repubblica, invoca ispettori e messa in condizioni di non nuocere sulla presidente di una sezione collegiale giudicante, si rende conto che sta demolendo così, anzi negando, anzi maledicendo, anzi schifando il concetto stesso di giustizia come elemento “terzo” tra le parti. Chissà se comprende la natura corporativa della sua idea di giustizia. Probabilmente no, neanche un po’.
D’altra parte non è certo sola. Ogni corporazione, ogni famiglia, ogni clan grida alla “doppia ingiustizia” se una sentenza non dà soddisfazione alla propria istanza, convinzione, ideologia, bisogno, protervia, vendetta. L’unico giudice buono è quell che mi dà sempre ragione è un viziaccio nazionale, così fan tutti e il corporativismo di genere non brilla per originalità.