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Italia, Paese in guerra (di parole). Raggi vs Zingaretti, Pd vs M5s, ma stasera riparte il calcio

Italia, un Paese in guerra (di parole).

In questo nostro bel Paese è lite continua. Sembra essere diventato lo sport nazionale. Più del calcio. Si comincia la mattina presto. Magari servendosi della radio. E si finisce a notte inoltrata con gli spot televisivi e i conduttori che si fregano le mani per gli indici di ascolto.

Gli argomenti sono i più svariati: l’importante è alzare la voce e puntare il dito contro il “nemico”. Ad esempio, in questi giorni, oltre alla querelle sul partito si o partito no di Giuseppe Conte, torna alla ribalta la corsa al Campidoglio che ha come data finale la primavera del 2021.

L’affascinante sindaco di Roma è praticamente uscita allo scoperto e dopo qualche diplomatico dubbio, ha messo sul piatto le sue carte ed ha cominciato a battibeccare.

Con chi? Pensate un po’: con quelli che a livello nazionale sono i suoi alleati e cioè con il Partito democratico.

Prendendosela non con l’ultimo dei suoi esponenti, ma con il segretario che tempo fa, rispondendo alla domanda di un giornalista aveva detto: “La Raggi si ricandida? Per i romani non è una notizia, è una minaccia”.

La vendetta è un piatto che si mangia freddo. Così la Raggi ha atteso qualche giorno e in tv, davanti a centinaia di migliaia di persone, ha sferrato la sua stoccata.

Parlava dell’Atac (il trasporto pubblico della Capitale) e ricordava il referendum lanciato da Nicola Zingaretti per rendere privata l’azienda. “Mi chiedo a questo punto di che partito è il suo leader”, ha spiegato con ironia. Ed ha aggiunto:” Il Pd è ancora con la sinistra oppure……”

Non c’è dubbio quindi che il sindaco (o la sindaca) non ci pensa nemmeno a lasciare la poltrona del Campidoglio. Ritiene (beata lei) di aver fatto bene a Roma Capitale e spera che il suo movimento l’appoggi.

A parte qualche perplessità fra i 5 Stelle, è soprattutto il Pd ad essere contrario al disegno della Raggi. Per qualche mese è rimasto in silenzio per via dell’accordo stipulato a livello nazionale. Ora ha gettato la maschera ed ha dato mandato al segretario di chiarire come la pensano in via del Nazareno.

Tanto più che, oltre a litigare, in Italia tutti i partiti sono entrati in campagna elettorale (a settembre c’è il voto per le regionali). Si aspettano le mosse del premier. Se vuole si o no aprire un nuovo fronte al centro.

Ci si interroga sul “break” di Conte che ha aperto le porte a Renzi con l’approvazione del “Family act” (un aiuto per le famiglie). Si tenta di capire sino in fondo se il Pd vuole ancora in futuro allearsi con i Grillini  e soprattutto  se gradisce di nuovo Conte a Palazzo Chigi.

Commenta Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato: “Da oggi in poi niente spot, solo concretezza”. A chi sia rivolta questa frase indovinare non è difficile. Ed allora tornano in campo i problemi di sempre: le grandi opere, l’agricoltura, il turismo senza delle quali il Paese non tornerà a crescere.

Una dimostrazione? Eccola: ieri la borsa di Milano è andata sotto del 4,8: un tonfo inaspettato. Si rimanda tutto tranne il calcio che stasera riprende il suo cammino giocando le semifinali di Coppa Italia. Un interrogativo: che partite saranno con gli stadi vuoti e la mancanza di tifo?

Sarà come andare a pescare in un mare senza pesci o scontrarsi in un campo da tennis non avendo le palline. E’ un Paese che non sente più l’orgoglio di essere “unito”.

Ha ragione il presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia quando afferma: “La Repubblica è una comunità. Ci si salva solo insieme”.

 

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