Italia seduta su una bomba economica e sociale:si nasce di meno, si invecchia di più

In Italia, ci sono due macigni che pesano sul mercato del lavoro: il Paese che invecchia e la crisi demografica.

Due fattori che allarmano, due grossi punti interrogativi sul futuro dell’Italia. Giorni fa la Fondazione Di Vittorio-Cgil ha comunicato i risultati di una propria ricerca. In sintesi:  nel giro di vent’anni in Italia ci saranno quasi 7 milioni di lavoratori in meno . E aumenterà la popolazione non in età di lavoro, cioè gli Under 15 e gli Over 65. Si prevede una crescita robusta calcolata in 3,8 milioni di persone. Il tema impatta  sul futuro stesso  dell’Italia, sulla sostenibilità sociale ed economica: lavori, pensioni, assistenza, sanità, bassa natalità. E c’è un crescente bisogno di manodopera straniera.
Come dice anche l’Istat,  il declino è già cominciato.

ITALIA: HA PERSO UN MILIONE E MEZZO DI RESIDENTI.

L’Italia è scesa  sotto la soglia dei 59 milioni.  E solo il 38% della popolazione lavora. Scenario inquietante: 23 milioni ne mantengono 37. E 13,5 milioni (23,1%) sono definiti “inattivi”, cioè sarebbero in grado di lavorare ma il lavoro non lo cercano nemmeno.

A conti fatti lavorano meno di 4 su dieci. I disoccupati veri sono il 3,8% dei residenti.  Eppure le imprese cercano manodopera ed hanno difficoltà a trovarla. Questa difficoltà si chiama “shortage“, in italiano significa carenza, insufficienza, penuria.

Valentina Conte lo ha spiegato su  Repubblica . “È un fenomeno – ha scritto – acutizzato in pandemia e nel frenetico post pandemia soprattutto in agricoltura, logistica, turismo e nelle professioni più qualificate dell’industria. Questa situazione potrebbe cronicizzarsi. Diventare strutturale per mancanza non di profili, ma proprio di lavoratori. E qui il Reddito di cittadinanza non c’entra “.

QUALE FUTURO PER UN PAESE DI PENSIONATI?

Tra vent’anni la popolazione italiana perderà altri tre milioni di abitanti. Da 59 a 56 milioni. Il 5% in meno e l’età media salirà da 46,2 a 50 anni. Avremo meno giovani (-14%) e gli anziani saliranno di 4,9 milioni (+34,6%). Lo squilibrio all’arma.

Aumenta  il carico economico e sociale che grava su chi lavora. Che fare allora? Come uscirne? Con interventi immediati sul lavoro, la precarietà, i salari, il regime degli orari. Inoltre occorre cambiare le politiche migratorie – in entrata e uscita – sia numericamente che “dal punto di vista dei diritti delle persone” (Tania Scacchetti, segretaria confederale Cgil).

È l’occasione buona per discuterne in campagna elettorale  – il silenzio finora è stato  imbarazzante – più che di seggi e Potere. O no?

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