Jobs Act, perché meravigliarsi se Elly Schlein ha votato si al referendum? “Non potevo fare altrimenti, visto come ero stata eletta segretaria alle primarie del Pd”, dice. Parole di circostanza. La verità è un’altra: non vuole inimicarsi Maurizio Landini, il patron della Cgil. Perchè, ci si potrebbe chiedere?
Elly ha paura (ben fondata) di essere superata a sinistra da Giuseppe Conte. Non c’è dubbio che oggi è lui il vero “nemico” della Schlein. Il braccio di ferro con la Meloni è solo di facciata. Si parla di fascismo e antifascismo tanto per incantare gli animi. Il nocciolo duro è un altro: proprio quello che ormai non si può negare: la “guerra” tra la segretaria e l’ex presidente del consiglio per essere i primi protagonisti dell’opposizione.
Il numero uno di 5Stelle ha un piano ben preciso fin da quando fu costretto a lasciare la poltrona di Palazzo Chigi. Non aveva ingoiato il rospo e da quel momento ha lavorato per tornare ad essere un vero attore della politica italiana. Gli ultimi avvenimenti lo dimostrano: ad esempio le elezioni regionali. In un solo caso il campo largo non si è sbriciolato: in Sardegna, dove la candidata alla presidenza, Alessandra Todde, era una pupilla dei grillini. Nelle altre circostanze, e cioè in Abruzzo e in Basilicata, il patto si è rotto perché i 5Stelle non hanno potuto imporre il loro uomo o la loro donna di fiducia.
Nervi tesi, dunque, alla luce del giorno. Perciò la Schlein ( nessuno potrà nascondere la sua furbizia) ha cominciato a guardarsi intorno ed a capire dove soffiava il vento. E’ a questo punto che entra in gioco Maurizio Landini. Alla Cgil non potrà più sperare di esserne il segretario perché per già due volte ha ricoperto quell’incarico. Ragione per cui dovrà studiare la situazione per non rimanere fuori dal giro. Ecco, allora, nascere l’idea di un gemellaggio con Giuseppe Conte che ha unico obiettivo: far saltare la poltrona di via del Nazareno.
Per Elly è già difficile oggi barcamenarsi nelle tante correnti che angustiano il Pd. Tenta una sortita singolare ed è subito respinta da chi nel partito vive da anni, vedi Dario Franceschini o Andrea Orlando. Il suo nome nel simbolo del partito? Nemmeno per sogno. Candidata alle europee in tutte le circoscrizioni? Neanche per idea. E giù via per li rami. In parole semplici, non vive in tranquillità Elly perché deve difendersi non solo dagli avversari (il primo dei quali è Giuseppe Conte), ma anche dal fuoco amico, assai pericoloso.
Poi, c’è chi lavora sottobanco come il presidente dei 5Stelle e Maurizio Landini, il quale ritiene di poter essere ancora un protagonista solo se cambia il ritornello. Si apre dunque un nuovo scenario che si chiarirà certamente dopo le europee. Se infatti il Partito democratico andrà sotto la soglia del venti per cento, Elly avrà poche chances di rimanere dov’è oggi. Capisce che la situazione non è delle migliori e allora ecco un appiglio a cui aggrapparsi se le elezioni di giugno dovessero andar male e favorire così Giuseppe Conte.
Maurizio Landini lancia il referendum contro il Jobs Act e subito la Schlein non si fa pregare due volte, lei è con il segretario della Cgil e non può essere altrimenti. Per quale ragione? Per logorare l’asse che si è creata fra lo stesso Landini e il numero uno dei 5Stelle.
Come andrà a finire nessuno può dirlo. Solo il risultato che ha per traguardo un posto nel Parlamento europeo potrà dirlo. Non c’è dubbio però che il campo largo avrà vita difficile (se non peggio) da oggi in poi. Protagonisti il diplomatico Conte ed una vecchia-giovane volpe come Eddy Schlein.