La torta che non c'è (foto Ansa) La torta che non c'è (foto Ansa)

La torta che non c’è

La torta che non c'è (foto Ansa)
La torta che non c’è (foto Ansa)

ROMA – “La torta che non c’è”: questo il titolo dell’articolo di Giuseppe Turani pubblicato anche su Uomini&Business.

È abbastanza certo, a meno di un mezzo colpo di Stato, che il reddito di cittadinanza consisterà in 5 o 10 euro al giorno e che la flat tax si ridurrà a qualche ritocco marginale. Due flop clamorosi. Ma si sa anche quale è la risposta dei leghisti e dei pentacosi: il nostro è un programma di cinque anni, lo stiamo avviando, miglioreremo. E questa è l’ennesima bugia. La congiuntura infatti sta calando, l’Italia sta correndo verso una crescita inferiore all’1 per cento (senza escludere un tuffo nella recessione vera e propria). In queste condizioni l’unica cosa sicura è che l’anno prossimo ci saranno meno risorse di quest’anno da distribuire e l’anno successivo ancora meno. In termini che anche Salvini e Di Maio possono capire, diciamo che ogni anno (da qui in avanti) diventerà sempre più difficile trovare fette di torta da regalare ai loro elettori. Quindi il reddito di cittadinanza è destinato a diminuire, non a aumentare. E la flat tax era e resterà un sogno, una balla. Potranno consolarsi, i fan di Salvini, con l’implacabile lotta ai negher (a parole) e con le risse con tutta l’Europa (che così ci manderà a quel paese). Basterà? L’assurdità del governo gialloverde sta proprio in questo: da un lato progettano grandissime distribuzioni di denaro, sconti fiscali e altro ancora, dall’altra parte nulla fanno per far crescere l’economia, che infatti cala. Anzi, le poche cose che fanno sono contro l’economia. Puntano a un progetto di Stato imprenditore superato da almeno tre decenni. Se l’Iri, che era la più grande holding del mondo occidentale (fino a 700 mila dipendenti), è stata chiusa ci sarà una ragione. E la ragione è che era ingovernabile, inefficiente, preda delle lotte politiche, una specie di immenso cancro dentro lo Stato. Ma i populisti-sovranisti lì vogliono tornare: verso un modello che non segue più nessuno e che ha dimostrato storicamente la sua inefficienza. Naturalmente, progettano questo non perché sono scemi: hanno paura del libero mercato, dei liberi imprenditori, degli scambi commerciali su scala mondiale. Meglio un’economia più domestica, statale, e controllata direttamente dai ministeri. In sostanza, hanno paura di una società aperta e che cresce. Preferiscono una società povera e chiusa in se stessa. Che questo modello di società sia ormai stato rifiutato da tutti, da Cuba alla Cina, a loro non interessa. Ecco perché vanno combattuti.

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