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Le sentenze non si discutono, quando ti sono favorevoli: sinistra e notizie, due pesi e due misure

“Le sentenze non si discutono, si accettano e basta”. Così diceva e a volte continua a dire la sinistra quando la magistratura prende decisioni che collimano con le loro idee.

Tranne poi sbraitare e condannare apertamente quando, invece, le sentenze hanno tutt’altro sapore.

E’ avvenuto giorni fa quando la Cassazione in via definitiva ha assolto i massimi vertici dei  carabinieri e l’ex senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri perché la trattativa stato- mafia non c’è stata e nessuna prova può far pensare il contrario.

Allora, i commenti hanno un tenore diverso: in questo caso si può parlare di un giudizio poco convincente. Il ritornello si è ripetuto quando Matteo Salvini è stato assolto dall’accusa di aver preso danaro che puzzava di russo. Lo ha deciso il gip di Milano, Stefana Donadeo, su richiesta della procura lombarda.

“Ora ci aspettiamo le scuse di tanti”, ha esclamato il leader del Carroccio. Ma anche in questo caso, certa stampa non è stata in sintonia con quanto deliberato dai giudici ed ha continuato a scrivere che le prove di quella  trattativa sono e restano inconfutabali.

Non è il solo esempio che dimostra questo atteggiamento della sinistra. Il Papa va in Ungheria e subito incontra Orban, nemico giurato di buona parte dei progressisti. Il viaggio non è solo apostolico. In parole semplici, Francesco non è andato soltanto a benedire la folla che lo applaudiva. No, ha voluto incontrare e dialogare con il premier ungherese.

La cultura gender, l’aborto: tutti temi su cui si si impernia la politica dei progressisti. In questo caso, le parole del Pontefice non hanno avuto la stessa eco di quando Francesco affronta temi cari alla sinistra. Poche righe e niente altro.

Il problema dei migranti: una questione che assilla in modo particolare l’Italia. Giorgia Meloni e insieme il suo Gabinetto, chiedono  aiuto all’Europa, sostengono che la situazione deve mutare, che l’accoglienza deve essere divisa ugualmente.

Invece, dall’altra parte, il discorso ha confini assolutamente diversi. Tutti debbono essere accolti nel nostro Paese anche se poi, obtorto collo, molti di loro vengono sfruttati e vivono in tuguri inverosimili. Quando poi, costretti dalla povertà, non vengono assoldati dalla mafia e dalle altre organizzazioni criminali.

Se ancora, alla stazione di Milano o a quella di Roma, avvengono episodi brutali, in quel caso di chi è la responsabilità se non di coloro che vorrebbero aprire i confini senza sé e senza ma? E ancora: perché far rimanere nel nostro Paese individui che stuprano le donne che escono di sera o tornano a casa quando è già buio?

Due pesi e due misure. Così, naturalmente, è in politica. Prima del 25 settembre si ripeteva un refrain che aveva sempre lo stesso tono. Come farà l’Italia a rimanere in Europa nel momento in cui al vertice del Paese ci sarà una donna, insomma un premier, sovranista al cento per cento?

Come è nei fatti, il presidente del Consiglio è stato accolto, dovunque sia andato, con rispetto e considerazione e la nostra Nazione è tornata ad essere ascoltata dai vertici del vecchio continente.

Allora, non potendo più aggrapparsi a questa critica, se ne scelgono altre che non hanno nessuna importanza. Ma tant’è: non è soltanto l’opposizione a far sentire la propria voce, ma anche chi collima con quella ideologia. Insomma per dirla tutta, la querelle si potrebbe spiegare con tre parole semplici, semplici: “La sconfitta è scomoda”, anche se era scontata.

 

Marco Benedetto

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