Usa, elezioni. Herman Cain, concorrente di Obama, nero come lui

di Licinio Germini
Pubblicato il 6 Ottobre 2011 - 13:40 OLTRE 6 MESI FA
Herman Cain, 65 anni, afroamericano sudista (è nato a Memphis, Tennessee), conservatore, è tra i candidati repubblicani alla Casa Bianca che sta salendo nei sondaggi in maniera sorprendente. Secondo l’ultima indagine della Quinnipac University, è spalla a spalla con Mitt Romney, che fino a poco tempo fa era considerato in testa a tutti gli altri concorrenti. Guardando al 2012, anno delle elezioni presidenziali, si può pensare ad una disfida tra due candidati afroameriani, con Cain che cercherà di prendere il posto del presidente Barack Obama? Un’eventualità alquanto remota, ma c’è chi pensa di sì.

Cain non è impegnato in una campagna elettorale di tipo tradizionale: bagni di folla, baci ai bambini, grigliate e via dicendo. In un recente giro compiuto a New York, inteso soprattutto a lanciare il suo libro appena uscito, ”“This Is Herman Cain! My Journey to the White House,” (Sono Herman Cain! Il mio viaggio verso la Casa Bianca), è stato intervistato dalla ABC, ha parlato del suo libro a Fox News, ha incontrato megamiliardari come Donald Trump ed ha avuto un pranzo di lavoro con l’ex-sindaco democratico di New York Edward Koch. Ma di campagna elettorale per le strade nemmeno l’ombra.

Il New York Times scrive che questo per Cain potrebbe essere un momento d’oro. Tra gli attuali candidati repubblicani, Romney non suscita grandi entusiasmi, il governatore del Texas Rick Perry è in difficoltà, e il desiderio per un candidato che può coniugare un infervorato populismo conservatore con proposte politiche concrete ha spinto un crescente numero di repubblicani a sostenere, o almeno a considerare, il candidato Cain.

I suoi trascorsi sono eclettici: è stato amministratore delegato della Godfather’s Pizza, una dele catene più popolari negli Stati Uniti, commentatore conservatore radiofonico e presidente della succursale della Federal Reserve Bank a Kansas City. Ma quel che non è chiaro è se Cain vuole approfittare del suo momento d’oro, se non per vendere il suo libro. Di fondi per finanziare la sua campagna ce ne sono pochi, e nella scorsa primavera è riuscito a raccogliere solo 2 milioni di dollari, che per una campagna presidenziale sono briciole.

Molti repubblicani dubitano che anche futuri flussi finanziari potranno ”lanciare” Cain negli stati dove si svolgeranno le prime, cruciali elezioni primarie, specialmente se deciderà di non fare campagna tradizionale. Ma Cain non la pensa così e conta su una sfilza di primarie nel sud, la sua regione, per vincere e andare avanti. E se il giro propagandistico per il suo libro è, come sembra, il sostituto della campagna elettorale, la sua strategia appare chiara: dopo New York sarà a Orlando, Florida, e poi in Texas, Virginia, Carolina del Sud e Tennessee, tutti stati sudisti dove Cain sostiene di essere forte. Sta andando bene anche il suo libro che, uscito da poco, secondo Amazon è salito al nono posto nella graduatoria delle vendite.

Nel libro il suo programma politico è descritto nei capitoli ”The Cain Doctrine”, e ”The Cain Administration: The First Ninety Days”. Estremamente conservatore per quanto riguarda l’immigrazione, l’aborto e le tasse, Cain ammette francamente di non sapere nulla di politica estera. Dice in proposito: ”Credo che un presidente debba essee informato dai suoi consiglieri e dai servizi di intelligence prima di esporre quello che pensa e quello che vuole fare”. Se diventasse presidente disporrebbe che tutto il personale della Casa Bianca abbia una copia della costituzione e vigilerebbe per accertarsi che la Shariah non si infiltri nei tribunali americani.

Non gli piacciono feste e ricevimenti, e per qesto motivo dimezzerebbe quelli che si tengono per l’inaugurazione del presidente. ”Feste da ballo e simili sono una perdita di tempo”, afferma, ”e io non ho intenzione di andare a 18 ricevimenti. E’ già un onore essere presidente degli Stati Uniti. I festeggiamenti? Non mi interessano”.