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Lockdown non sarà ma tanti divieti. E mascherina anche in casa

Per fortuna non siamo vicini ad un nuovo lockdown e speriamo di non esserlo mai.

Lo assicura il premier, ne è certo anche il ministro della salute. Pure la maggioranza degli esponenti del comitato scientifico è d’accordo su negare il lockdown.

Insomma, non ci dovremo chiudere di nuovo in casa. Ma questo non significa che il virus è al tramonto e noi si sia liberi di fare quel che si vuole. Niente affatto.

Visto che la pandemia non arretra (anche ieri si sono registrati 5456 casi e 26 decessi), entro domani il presidente del Consiglio Giuseppe Conte annuncerà ufficialmente le restrizioni a cui dovremo attenerci. Sono note ormai perché i segreti in Italia non hanno vita.

La quarantena diminuirà da 14 a 10 giorni. La mascherina sarà obbligatoria per tutti anche in casa se dovessero esserci ospiti. Bar e ristoranti dovranno chiudere entro la mezzanotte. Proibito comprare super alcolici oltre le 21 e portarli se mai a casa. Il calcetto e il basket dovranno fermarsi. Il football ancora no, ma rischia.

Se dovessero esserci nuovi contagi si potrebbe arrivare alla soluzione dei play-off riducendo in pratica le partite del campionato.

Ci sarà da soffrire, ma non come l’inverno scorso. Non ci sarà lockdown. I test saranno più rapidi, affidati pure ai medici di base. Il vaccino antiinfluenzale presto non mancherà e le categorie a rischio (non solo) potranno stare tranquille. Tutto positivo, dunque? Assolutamente no.

In primo luogo perché nella maggioranza non tutti la pensano allo stesso modo. Poi perché dovremo verificare l’andamento del virus e agire di conseguenza. L’opposizione sbraita e continua a sostenere che l’ottimismo è solo di facciata.

Il ministro della Salute Roberto Speranza replica con calma e dice: “Dovremo resistere altri sei mesi, gli italiani sapranno farlo perché hanno già dimostrato di seguire alla lettera i consigli dei tecnici e dei politici”. Paghiamo oggi un’estate da sballo? Probabilmente si, però guardare indietro non serve a nulla.

La pandemia non zittisce i partiti che continuano a litigare ed a dividersi su una quantità infinita di problemi. Ora si pensa già alle elezioni della prossima primavera quando si dovranno eleggere sindaci di importanti città come Roma, Napoli, Torino, Milano e Bologna.

La Lega tenterà una rivincita e Salvini è già sul piede di guerra; il Pd, forte del risultato del 20 e 21 settembre, rilancia l’accordo con i 5Stelle. Difficile perché in quel Movimento la rissa non si placa. E forse solo con gli stati generali in programma a novembre si potrà capire dove si orienteranno i pentastellati.

Luigi Di Maio è guardingo. Ma ad essere sinceri, le sue ultime dichiarazioni sembrano affondare definitivamente le speranze di Virginia Raggi. Quando gli si chiede quale sarà il futuro del Campidoglio, il ministro degli Esteri risponde in politichese facendo intendere che non farà le barricate per difendere la prima cittadina della Capitale. “Con il Pd dovremo sederci attorno ad un tavolo e discutere dei vari problemi che assillano il nostro Paese”.

Ciò significa in soldoni che i 5Stelle sono pronti a mollare la Raggi in cambio di qualcosa di importante. Il famoso “do ut des” che non abbandona mai la politica. Tanto più che il sindaco di Roma non ha dalla sua parte “tutti amici”. In Campidoglio si sono riuniti sabato i consiglieri 5Stelle anti Raggi ed hanno fatto sentire la loro voce.

L’interrogativo che vale oggi è questo: come sta l’Italia? Deve ancora temere la pandemia? Ai delicati interrogativi risponde il commissario Francesco Arcuri. Il quale taglia corto con un solo dato: “Ricordo a tutti che in marzo eravamo la seconda Nazione in quanto a pericolosità della malattia, ora siamo al diciottesimo posto”. Sono parole piene di speranza, ma la gente aspetta i risultati. Quelli solo potranno tranquillizzarla.

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