Lorenzo Parelli, non nel suo nome per una causa falsa. Studenti contro l’esame e contro se stessi

Lorenzo Parelli è morto a 18 anni, forse per la trascuratezza di qualcuno e se questo qualcuno c’è lo dirà la Magistratura. Lorenzo Parelli è un morto che non doveva esserci, una vita spenta a soli 18 anni. Lorenzo Parelli era una vita che forse doveva essere tutelata molto più di quel che è stato. Lorenzo Parelli è morto schiacciato da una putrella o qualcosa di analogo. Morto sul luogo di lavoro lui che stava imparando un lavoro e che lavoro non aveva. Una morte che strazia e fa rabbia. Ma contrariamente a quanto gridano inconsapevoli gruppi di studenti in piazza e contrariamente a quanto scrivono irresponsabilmente quasi tutti gli organo di informazione non è morto durante la cosiddetta alternanza scuola-lavoro. Lorenzo Parelli stava facendo uno stage. La differenza non vale nemmeno una microscopica particella della vita perduta, non cambia e non lenisce il dolore e la rabbia però indica come in nome di Lorenzo Parelli sia in atto una mobilitazione, un sentire, un partecipare ad una causa falsa.

“L’alternanza uccide”

E’ lo slogan di alcune manifestazioni di studenti. Dietro questo slogan ci sarà certo l’emozione per la morte di un coetaneo ma dentro questo slogan c’è altro. C’è la voglia manifesta e antica di tenere separati e incomunicabili non un’aula e un cantiere ma le competenze e la vita sociale. In questo slogan non c’è l’ansia e la richiesta di verità e giustizia per una morte di cui forse qualcuno è in qualche misura colpevole, c’è invece la richiesta, la pretesa reazionaria che la scuola e gli studenti non si “sporchino le mani”. Il travestimento della istanza reazionaria in battaglia progressista è rozzo: lavoro=padrone, padrone=sfruttamento, cantiere=uguale morte. Il lavoro non è per chi studia, difficile trovare un così evidente rinverdire di un concetto e valore così pienamente reazionari.

L’esame ci fa male

Che di brandelli di cultura sinceramente reazionaria si tratti è confermato della naturalezza con cui le stesse mobilitazioni e manifestazioni di studenti uniscono il rifiuto sdegnoso dell’alternanza scuola-lavoro alla scomunica del ripristino di una prova scritta agli esami di maturità del prossimo giugno. I più sinceri e coerenti la dicono e spiegano tutta: no al ritorno degli scritti ma no soprattutto all’esame. Dopo anni di scuola al tempo del Covid vogliono una promozione senza esame come “ristoro”. Vogliono che due anni di formazione scolastica amputata causa pandemia valga loro la compensazione del pezzo di carta, la maturità, d’ufficio, ope legis. Non vogliono recuperare il perduto, vogliono salvacondotto, una sorta di certificato di invalidità scolastica che garantisca qualche scatto in graduatoria in società.

Sono contro gli scritti all’esame, sono contro l’esame, sono contro se stessi. E sono anche un filo ridicoli: l’esame di maturità, che tra un po’ diranno non si cambia ma si abbatte, è così discriminante e feroce che ogni anno viene superato solo dal 98/99 per cento degli esaminati. Se nelle cronache, resoconti, dichiarazioni di solidarietà mediatica e politica ci fosse almeno la traccia di questa, diciamo così, esiguità della repressione-selezione scolastica…Ma mass media, ceto politico e chat genitori sono anch’essi di quelli che non vogliono esami, tanto meno su se stessi.

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