Diecimila netti al mese

barbareschi
Diecimila euro al mese, netti. È una cifra che incrocia e domina due cronache diverse tra loro ma entrambe segnate da una legittimità curiosità. Diecimila euro netti al mese, un po’ di più in realtà, è quanto guadagna di stipendio un parlamentare. Luca Barbareschi, attore e parlamentare Pdl, ha fatto sapere che non gli bastano per mantenere il livello di vita cui è abituato, senza considerare le spese cui un parlamentare è obbligato. Il giornalista Gian Antonio Stella, dopo aver letto la dichiarazione sul Fatto Quotidiano, ha fatto notate sul Corriere della Sera che questo conteggio mal si sposa con la percentuale di assenze dello stesso Barbareschi in aula e in commissione, pari alla metà e passa delle sedute. Anzi, «ben si sposa», visto che il parlamentare portava la scarsità del reddito percepito come motivazione a non abbandonare altri impegni e attività.

Barbareschi non h gradito e ha scritto al Corriere: «Facili populismi… La mia attività di imprenditore porta lavoro a decine di donne e uomini… Impegni antecedenti la mia candidatura hanno ostacolato per brevi periodi la mia presenza in aula. Questo non giustifica le mie assenze che sono al 50%, nel prossimo futuro le ridurrò quanto è possibile».

Stella ha risposto: «La frase in cui Barbareschi dice: tolte tutte le spese non è che lo stipendio di parlamentare mi basti, Barbareschi non la smentisce». E poi Stella racconta e domanda: come mai Barbareschi mi ha telefonato prima ancora che uscisse il mio articolo? Avevo telefonato all’ufficio stampa della Camera per accertare i dati sulle presenze del parlamentare, non mi hanno dato risposta me “tre minuti dopo” la mia domanda è stata fatta arrivare alle orecchie di Barbareschi, «il presidente Fini trova tutto questo normale?». E Barbareschi «trova normale, dopo essere stato eletto in polemica con i privilegi della Casta, accusare di facile populismo chi rileva il suo monte assenze del 52,3%?».

Questa la prima cronaca in cui i diecimila euro netti al mese sono protagonisti. Barbareschi non è ipocrita, è sfacciatamente ingenuo. Confessa, si lascia sfuggire quel che si sa e non si può dire: un professionista affermato, dello spettacolo ma non solo, guadagna di più, per lui i diecimila da parlamentare sono pochi. Tanto pochi da doverli integrare continuando a fare il mestiere che faceva prima. E, per fare il mestiere che faceva prima, non gli basta il tempo se non per fare il parlamentare a metà. Non fa una piega, se il problema è il dare e l’avere dell’individuo Barbareschi, i conti di Barbareschi tornano. E il Barbareschi individuo che deve cedere il passo al Barbareschi diventato persona collettiva, istituzione, parlamentare? Questi sono conti che Barbareschi non fa, non conosce, reputa perfino strambi. L’idea del servizio civile che un cittadino presta alla collettività gli è estranea. Ma, siamo onesti, è estranea solo a Barbareschi, solo ai parlamentari? Purtroppo no, è estranea, quasi bandita dai comportamenti collettivi. L’idea dominante e accettata, al massimo e alla peggio rancorosamente invidiata, è quella per cui essere eletti è far carriera. E chi vuol fare una carriera che gli diminuisce il reddito? Barbareschi ci dice che diecimila euro netti al mese sono una bella cifra ma non sono il “successo” realizzato e compiuto. Uno studio dentistico, d’avvocato, notaio, ingegnere, oppure un’avviata boutique o un ufficio di consulenza finanziaria o un cast televisivo o tanti altri luoghi di “successo” confermerebbero la stima.

Diecimila euro netti al mese sono anche quanto, più o meno, guadagna un presidente di Regione. La magistratura sta indagando sui conti personali di Piero Marrazzo. E’ la seconda cronaca che ruota intorno a quella cifra. Se se ne spendono duemila o più ad ogni acquisto di prestazione sessuale, si ha un mutuo da pagare e una famiglia, possono bastare a coprire il tutto quei diecimila? Non sappiamo. Ma non crediamo che Marrazzo, come qualcuno ipotizza, pagasse con i soldi non suoi, con quelli delle “spese di rappresentanza”. Confuso sì, incosciente sì, ma non fino a questo punto. E allora come tornano i conti? Tornano perchè chi ha uno stipendio pubblico di diecimila al mese netti in realtà guadagna molto di più: l’intera società infatti incrementa il suo reddito sotto forma di agevolazioni, servizi offerti, benefit sociali. Guadagni diecimila, ma sei “un presidente”, quindi fai qualche fatica a spenderli.

E allora riepiloghiamo: diecimila netti al mese. Una cifra enorme e irraggiungibile per il 90 per cento della popolazione. Ma per l’altro dieci per cento qualcosa che è solo un primo passo, il piano “ammezzato” cui non può fermarsi l’ascensore del successo. Oppure qualcosa che si moltiplica se sei “un presidente”. Moltiplicazione fatta per consenso e ossequio della società tutta a tutti i “presidenti” di qualunque cosa. Non è una favola e non c’è la morale, è pura e semplice matematica sociale, sono le “tabelline” che l’Italia, anche se non lo dice in piazza, nel privato del portafoglio applica a se stessa.

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