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Berlusconi evaporato: ci fa o ci è? Governano Tremonti e Napolitano

di Mino Fuccillo |15 Luglio 2011 16:40

ROMA – Lo avvistano a Montecitorio poco prima delle tre del pomeriggio, era una settimana che nessuno lo avvistava in pubblico. Sarà un caso ma il primo che incontra e porta a colloquio nella saletta del governo alla Camera è Alfonso Papa, il deputato Pdl a un passo dall’arresto. Arresto che verrà votato dall’aula tra cinque giorni, arresto “passato” in giunta, passato perchè la Lega non ha detto no, non ha protetto Papa e forse neanche il Pdl e forse, forse neanche lui, non fino in fondo comunque, non a qualunque costo, non per sempre. Forse ancora domani e forse ancora a settembre, fino all’autunno. Poi forse la Lega non lo proteggerà più. Sarà un altro caso ma il secondo che incontra in aula è il ministro Saverio Romano, su di lui una mozione di sfiducia parlamentare delle opposizioni e un’inchiesta che lo accusa di aver protetto per anni e consapevolmente interessi mafiosi. Lo avvistano, lo scrutano in aula mentre va a votare la fiducia al suo governo. Segnalano, chissà se con acume o pura fantasia, che “porta le mani al collo, alla nuca, al volto, come a indicare malessere fisico”. Lui vota e si chiude in stanza con Umberto Bossi e Giulio Tremonti. Dicono “vertice” ma dura molto poco per essere un vertice. Lui è Silvio Berlusconi, il Berlusconi da una settimana comparsa e non protagonista, il Berlusconi prima sparito e comunque muto. Svogliato, sfinito, irato? O che sta prendendo la rincorsa per una nuova “carica”? Berlusconi più che sparito evaporato, Berlusconi allo stato gassoso: ci è o ci fa?

Da molti giorni governano altri. Governa Giulio Tremonti, con i discorsi del “Hic manebimus optime”, cioè non mi dimetto e anzi “accompagno” la manovra che avita al paese di “affondare” e del “Titanic”, cioè non c’è salvezza per nessuno se la manovra non si fa o fallisce. Governa Tremonti che decide e contratta tagli e tasse, che fa da sponda e garante all’Europa e ai mercati finanziari. Governa Giorgio Napolitano, il capo dello Stato che “obbliga” le opposizioni a non mettersi di traverso alla manovra, che estende scudo protettivo su Tremonti rifiutando toto-ministri e rimpasti, che saluta il “miracolo” della manovra approvata e che è stato il centro della mobilitazione durante i giorni in cui l’Italia era maggiormente colpita nel valore dei suoi titoli di Stato. Governano gli altri, Berlusconi no. Il suo governo ottiene la fiducia al Senato ed lui non c’è, il suo governo ottiene la fiducia alla Camera, lui c’è ma il governo sembra non essere più il suo.

C’è in questo negarsi ed evaporare di Berlusconi premier una logica, la logica della paternità disconosciuta. Berlusconi è il presidente del Consiglio che negli ultimi mesi e settimane ha detto “una manovra non serve e non ci sarà”, ha assicurato “tre nuove aliquote Irpef e più basse”, ha garantito che in Europa pochissimi stavano meglio dell’Italia. Poi si è dovuto sorbire lo “svegliati e muoviti” della Merkel, la manovra che taglia e tassa per 80 miliardi in quattro anni. La prossima volta che andrà a dire “noi non mettiamo le mani in tasca agli italiani” c’è il rischio concreto che gli mettano metaforicamente le mani addosso. C’è una logica nella depressione da leader di Berlusconi, la sua visione economica e sociale del mondo era ed è quella per cui c’è una torta sempre più grande da far crescere e intorno alla quale distribuire inviti a consumarla. Ora la torta è finita, la pasticceria è chiusa e a lui non va, lui non sa interpretare il ruolo di chi non impasta farina. Nè oggi, nè domani: Bankitalia informa che il Pil italiano crescerà dell’un per cento nel 2011, dell’ uno virgola uno per cento nel 2012, non ci sarà nulla con cui impastare la torta. E allora a che serve un Berlusconi? E’ come se Berlusconi avvertisse questa sua sopravvenuta inutilità, è logica la sua depressione. Il suo dolore che forse somatizza perfino. E che dolore, che notti dolenti quelle ultime turbate dalla “ingiuria” di dover pagare 560 milioni di euro niente meno che a Carlo De Benedetti. Duole da pazzi la tasca, ma anche la “faccia” si contrae: il mito del grande imprenditore viene attaccato e sporcato da sentenza in cui c’è scritto che i grandi affari li faceva, almeno una volta li ha fatti, con la corruzione, corruzione di un giudice.

Quasi nessuno nel Pdl vuol farsi nominare ministro della Giustizia al posto di Angelino Alfano, diffuso è il timore di dover essere chiamato a mettere la faccia e la firma su leggi impresentabili. Non tiene, non controlla quelli che ha portato in Parlamento. Non sono certo contro di lui, ma ormai lavorano per se stessi e solo per se stessi: bloccano i tagli ai politici, affossano la riforma delle professioni, non rispondono più ai comandi, se ancora qualcuno manovra i comandi. Governano altri, altri che Berlusconi non ama e a fatica tollera: Giulio Tremonti che un giorno gli disse in faccia: “Con me non adotti il metodo Boffo”. Giorgio Napolitano che più che controllarlo e bloccarlo lo sostituisce, il che è il peggio possibile per l’uomo che “non sono solo un premier, sono un tycoon”. Trova la voce, ma è solo voce riportata anche se attendibile, solo per dire: “Noi non facciamo processi in aula, sosteniamo il non arresto. Dovete capire che il sì all’arresto è un precedente pericolosissimo”. E’ questa l’angoscia e l’ansia e il pericolo, un “precedente” del genere. Lo dice nei minuti in cui lo spread tra Btp italiani a Bund tedeschi torna a quota 302, nonostante la manovra l’ Italia viene pesata dai mercati come pericolosa. Ma Berlusconi ha una sua ed altra graduatoria dei pericoli.

Si sente al tempo stesso accerchiato ed indomito, in un ritmo ciclotimico della voglia di politica. Vuole arrivare al 2013, non sa se arriverà  a Natale come premier. Era, è stato per anni la “soluzione”, ora è parte integrante del “problema”. Pierferdinando Casini che lo conosce bene è sicuro: “Non si dimetterà mai, da Palazzo Chigi non si muoverà”. Sta lì infatti, immobile. Oscillando tra l’essere inerte oppure furente. Incertezza del passo: “Stanotte sono scivolato in bagno, ho sbattuto la testa, c’era qualcosa di viscido in terra”. L’aneddoto-confessione è suo, in qualche modo il suo intervento alla Camera. “Qualcosa di viscido”, non solo in terra.

 

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