Berlusconi modello Gheddafi, Bossi modello Mustafà, Bersani Transformer

di Lucio Fero
Pubblicato il 8 Novembre 2011 - 14:12 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Stamane otto di novembre dell’anno di crisi 2011 te lo chiedono anche al bar: cade oggi? Allora provi a spiegare una cosa complicata: oggi il Rendiconto dello Stato verrà approvato dalla Camera ma quel che conta è con quanti voti. L’opposizione non vota e quindi è ciò che resta della maggioranza che si conta. Se la conta fa 316, allora Berlusconi non solo non cade oggi ma rimbalza in piedi, come il 14 dicembre di un anno fa. Se la conta fa da 310 in giù, allora l’opposizione piazza la prossima settimana una mozione di sfiducia a Berlusconi. Una mozione in cui conta di sommare i suoi voti, che da soli non bastano, a quelli di chi oggi nella maggioranza ha fatto capire che non ne può più di Berlusconi non votando il Rendiconto. Contro mossa di Berlusconi: chiedere la fiducia al Senato. Se arriva prima la sfiducia sulla mozione delle opposizioni, allora si può fare un altro governo, fosse anche quello di Gianni Letta, soluzione in cui sperano ormai Bossi e più di metà dello stesso Pdl. Se invece Berlusconi strappa una “non fiducia”, allora è più facile si vada ad elezioni anticipate perché altra maggioranza alle Camere non si è vista, non si è “manifestata”. Se infine il famoso Rendiconto passa con meno di 300 voti, allora un premier “normale” va oggi stesso a dimettersi al Quirinale. Ma Berlusconi non è un premier normale.

Chi ha parlato con lui nelle ultime ore e in fondo anche chi lo conosce da anni sintetizza così la sua linea di condotta, con qualche crudezza ma con efficacia: “linea Gheddafi”. Cioè resistere fino all’ultimo. Di dimettersi glielo hanno chiesto la Confindustria, i sindacati, mezzo partito, il suo, il maggiore e migliore alleato, la Lega. E i mercati, le Borse, gli investitori internazionali e i risparmiatori professionali. Sue dimissioni le aspettano i capi di Stato europei e anche alla Casa Bianca. Non perché lo considerino avversario politico ma perché con lui al governo la situazione finanziaria italiana letteralmente peggiora di ora in ora. E, se peggiora la situazione finanziaria italiana, allora sono guai finanziari anche per Germania, Francia, Olanda, Spagna, Stati Uniti… Insomma il “passo indietro” a Berlusconi lo ha chiesto l’Onu dell’economia e la Nato dei capi di governo. Ma Berlusconi ha, “stile Gheddafi”, riunito i figli, la famiglia. E Marina gli ha detto di non mollare, Piersilvio ha fatto eco. La famiglia non molla. Obiettivo: arrivare a Natale, rendere impossibile un altro governo, lanciarsi in campagna elettorale e risorgere dalle ceneri. Se questo può costare all’Italia qualche decina di miliardi bruciati da qui a Natale, questo prezzo non appare alla famiglia più grande di quello di essere accompagnato alla porta e chiudere come il premier che chiuse avendo portato il paese sull’orlo della bancarotta. Questo no, questo Berlusconi non lo tollera: correrà ogni rischio e l’Italia lo correrà con lui.

Berlusconi “modello Gheddafi” e la Lega…modello Mustafà. Mustafà come un immaginario venditore di tappeti che una merce mostra ma, se compri, un’altra merce incarta. La Lega mostra oggi di volere un governo Gianni Letta al posto di Berlusconi. Ma in realtà sta provando ad incartare un suo passaggio all’opposizione. Di qualunque governo possibile. Non vede l’ora la Lega di sfilarsi per affrontare il suo elettorato senza il peso della Bce, del rientro dal debito già dal 2012, del pareggio di bilancio a fine 2013, del federalismo che è diventato moltiplicazione delle tasse locali. Fosse per Bossi, l’ideale è che qualcun altro governi sotto questo peso nel 2012 e si vada a votare nel 2013.

Gli altri? Modello “transformer” quello di Bersani: alleanza elettorale con Vendola e Di Pietro e poi accordo di governo con Casini. Un robot a più stadi e che incorpora più forme. Con  il rischio incorporato di bloccarsi e gripparsi ad ogni “trasformazione”. Modello eterno cantiere quello di Vendola: cantiere alacre e gioioso, ma senza progetto per carità, altrimenti il cantiere diventa, non sia mai, impresa. Modello ramazza quello di Di Pietro: si scopa, si spazza e si resta con la mazza in mano. Modello Protezione Civile quello di Casini: si interviene con una task force più o meno tutti insieme, si ripara la falla e poi si vede. Diversi e sideralmente diversi modelli del “chi” fa ma poco e vaghi modelli sul “cosa” si fa. Dimenticavo: cade oggi? No, agonia o resurrezione che sia, continua domani. L’unica cosa sicura è il prezzo: un miliardo al giorno?