Calcio: chi acchitta partite? Giocatori imbottiti di soldi. E’ Italia bellezza..

Calcio: chi acchitta partite? Giocatori imbottiti di soldi. E' Italia bellezza..
Calcio: chi acchitta partite? Giocatori imbottiti di soldi. E’ Italia bellezza..

ROMA – Partiamo dalla coda che è meglio, solo la coda, solo come si agita e muove la coda spiega e consente di capire quel che sente e fa la testa. Partiamo dalla coda della notizia e la notizia in coda è che delle partite di calcio aggiustate, acchittate, usate per scommetterci e farci sopra i soldi il calcio e la pubblica opinione italiana ne vogliono sapere il meno possibile. Non ci credono, non ci vogliono credere. E non per ingenuità mista a bontà, non ci credono e non ci vogliono credere perché non intendono giocare con un giocattolo rotto. Rotto e pure sporco, non sia mai!

E’ tutto un fiorire di dubbi, scetticismi e garantismi in ogni radio e televisione. La “Corporazione degli sportivi” non ci sta, no, non può essere. Soprattutto non “deve” essere. La Corporazione degli sportivi e quella dei tifosi e quella degli addetti ai lavori e quella degli osservatori e quella dei procuratori e quella di chi di calcio ci campa, di chi di calcio ci ingrassa, di chi di calcio semplicemente ci vive. Non ci stanno, sono tutti innocentisti e tutti fortemente preoccupati del pericolo più grande ai loro occhi, niente meno che la “gogna mediatica”.

Tutte le Corporazioni del pallone e dintorni che intonano il “no non può essere vero” e tutti gli umori nazionali che si uniscono al coro. E’ una reazione di massa di auto accecamento, una forma isterica di tapparsi le orecchie e gridare bla-bla-bla per nulla sentire. Ma in fondo è anche una reazione di sopravvivenza. Sopravvivenza d’istinto, istinto di sopravvivenza, sopravvivenza di specie. Sopravvivenza della specie adattatasi all’ambiente Italia primo decennio terzo millennio. Sopravvivenza della specie evoluta in questo e non in altro habitat.

E allora ci sta, eccome se ci sta che le partite si acchittano e si aggiustano per farci sopra i soldi. Ci sta e ci deve pure stare che lo spettacolo deve continuare perché il soldo e il tifo e il gioco e il giocattolo devono continuare a girare. E ci sta che siamo tutti più o meno innocentisti, non fosse altro che per la pigrizia che ci sconsiglia la fatica dello scandalo. Tutti innocentisti o comunque indifferenti o comunque cinici (termine che nel calcio viene usato per definire chi fa gol e che nella realtà significa chi si adatta alla percezione che le cose andranno male, forse malissimo e non si mette contro questa corrente sia pur negativa). Tutti, proprio tutti, quasi tutti ad aspettare che passi, a buffare “un’altra volta!?”, a distinguere, dibattere, fingere di essere dei San Tommaso che vogliono toccare con mano.

Reazione di sopravvivenza, non facessimo così dovremmo dire a noi stessi che si acchittano e truccano partite per qualcosa d’altro e di più che per arraffare soldi. Non basta a raccontare quel che accade l’umana, eterna tentazione e voglia di arricchire. Quelli che acchittano, truccano e vendono partite sono giocatori imbottiti di soldi, già di soldi imbottiti. Trafficano, scommettono e incassano non tanto per truffare il mondo e arricchirsi alle sue spalle. Trafficano, scommettono e incassano perché pensano che questo e non altro sia il mondo e il modi di stare al mondo. Per loro, già ricchi, l’arraffare soldi è essenza e missione, regola e abitudine. Dov’è il reato devono essersi chiesti per anni e devono chiedersi anche in queste ore. Infatti il magistrato che li indaga racconta: “Nonostante indagini e arresti continuano a fare sempre come prima”.

Dov’è il reato si chiedono i giocatori imbottiti di soldi che hanno amicizie e rapporti con i piazzatori e piazzisti di scommesse. Dov’è il reato? La stessa domanda che pongono e si sono posti i consiglieri regionali di ogni Regione e di ogni partito: dov’è il reato nel pagare con i soldi pubblici la cena o i regali di Natale agli elettori più cari e vicini? Dov’è il reato nel mentire nelle auto-dichiarazioni sul reddito quando si tratta di farsi dare un sussidio, nel dichiarare-lo fa il 90 e passa per cento degli italiani-di non avere un conto in banca? Dov’è il reato nell’acchittare con un po’ di colore il pesce in vendita per il cenone di Natale? Dov’è il reato nel chiedere in piazza il governo dei militari? Dov’è il reato nel non pagare i contributi previdenziali ai dipendenti e poi dichiararsi martire di Equitalia? Dov’è il reato nel prendersi con la forza una strada, un incrocio? Dov’è il reato nel mettere un’autostrada di tavolini e gazebo privati sulla pubblica via? Dov’è il reato di prendere alla gola una città e poi due e poi tre alla sola idea di dover e poter lavorare in un’azienda di trasporti pubblici che non si in perdita? Dov’è il reato, la colpa nell’inneggiare alla pena di morte comminata a chi ti ruba in casa, pena di morte da comminare, se capita, anche un paio d’ore dopo il furto?

Dove sia il reato e la colpa non si sa, non si vede e non si vuole sapere e vedere. Non c’è reato e non c’è colpa: tu copri me, io copro te, noi copriamo lui e loro coprono noi…E dove mai potrebbe essere reato e colpa in una vita sociale pubblica dove la prima regola e comandamento e insegnamento e pratica consistono nell’uscire da casa, anzi dal letto, ogni mattina nella piena e fondata consapevolezza che nella giornata tutti tenteranno di fregarti (il vigile, il negoziante, il bus, l’ufficio pubblico, il capo reparto, l’automobilista a fianco…) e dove tu quindi almeno per stare in pari alla fine della giornata tenterai di fregare tutti. Così si vive da noi, è l’Italia, bellezza…

E quindi non rompeteci le scatole e non guastateci il gusto di guardare la partita facendoci sapere che i piedi fasciati di soldi le acchittano e aggiustano nei risultati per farci sopra altri soldi. Lo sappiamo e abbiamo una gran voglia di dire “Embé!?” E lo diciamo pure, proprio ci scappa. Che altro vuol mai dire, che altro mai vorrebbe dire quello stentoreo e nazional-popolare “fuori le prove” quando le prove sono fuori e in pubblica vetrina da anni?

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