Il Camusso-Leghismo, malattia autoimmune dei soldi e del potere

ROMA – Sergio Romano alla questione ha dedicato un secco e chiaro “editoriale” di prima pagina sul Corriere della Sera, la questione della “concertazione”. Scrive: “i sindacati non vogliono essere ascoltati, vogliono concertare, vale a dire concorrere alla definizione delle misure che il governo presenterà al Parlamento e ai suoi partner europei. Conosciamo il metodo…e i suoi inconvenienti. Il primo è di ordine istituzionale. Il sindacato è un’associazione di lavoratori e pensionati. Non rappresenta il paese, non risponde della sua politica al corpo elettorale. Risponde soltanto a coloro che hanno deciso di associarsi per meglio difendere i loro interessi. Quando chiede la concertazione, il sindacato pretende per i propri soci più poteri di quanti ne abbia un cittadino qualunque, vuole essere un contro potere e stravolge i principi fondamentali della democrazia rappresentativa…”.

“Il secondo inconveniente è d’ordine pratico ed economico. Quasi tutti gli accordi sottoscritti con il metodo della concertazione sono stati raggiunti grazie a compromessi che distribuivano compensazioni…se abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi e accumulato un enorme debito pubblico lo dobbiamo anche alla concertazione, oggi il denaro per le compensazioni è finito”. Lunga citazione del testo di Sergio Romano che aiuta a chiarire ciò che si può riassumere in breve slogan: i sindacati vogliono il “concerto” ma soprattutto la bacchetta del direttore d’orchestra e il disastro in cui siamo è parte piena e figlia legittima della musica suonata finora, parte almeno del disastro lo abbiamo appunto “concertato”.

Ma c’è qualcosa di più, di nuovo e di diverso nelle ultime posizioni sindacali, in particolare della Cgil. Più della pretesa di voler decidere, non solo trattare. Decidere non solo sul lavoro e i suoi contratti ma anche sulla politica fiscale, di bilancio, monetaria e, perché no, anche su quella internazionale e della sicurezza. Di nuovo e di più c’è la rivendicazione di essere gli unici legittimati a decidere. Più volte Susanna Camusso ha spiegato che questo governo non eletto dagli elettori è in difetto di legittimità, a meno che…A meno che il governo non  venga toccato e redento, unto di legittimità dal contatto e dall’osmosi con il sindacato, lui sì veramente legittimo. Bonanni e Angeletti sono rimasti un passo indietro, solo un passo però, si sono fermati al governo non risolve nulla senza di noi, appena un passo al di qua del non può.

Si configura così una sorta di Camusso-Leghismo. La Lega non si vive e non si annuncia come il dieci per cento dell’elettorato, come un partito, una parte politica. Si vive e si narra e si comporta pure come uno Stato a suo modo autonomo e sovrano. Infatti alimenta la tentazione di non pagare l’Imu dello Stato “altro”, quello italiano. La Lega ritiene se stessa l’unico vero “tutto” e il resto, lo Stato, una “parte” con cui trattare o combattere. La Cgil della Camusso fa lo stesso. Non pensa se stessa come una “parte” sociale ma come l’unico vero e genuino “tutto”. Un tutto abilitato a decidere cosa dire a Bruxelles, se e come gli eurobond, quale unione fiscale o no, quali e quanti treni debbano circolare e a quali tariffe si muove il bus, quale fonte energetica scegliere, quale esercito avere, chi va tassato e chi no e come, quale cultura promuovere. Non solo pensioni e contratti di lavoro, non sia mai. E non solo essere ascoltata ed eventualmente soddisfatta. La Cgil vuole che il governo, qualunque governo, consideri il sindacato come una nazione autonoma e sovrana che con la zazione Stato tratta, ed eventualmente combatte. Il Camusso-Leghismo, malattia autoimmune dei soldi e dell’anima, finalmente endemica nel paese, rende manifesto e patologico quel che patologico non sarebbe: il sindacato-lobby. Lobby più numerosa e più rispettabile di altre, spesso lobby di chi se la passa peggio, ma sempre lobby. Lobby che non ha il monopolio dell’interesse generale né il copyright dell’aver ragione a prescindere. Lobby di legittimi ma non sempre generali interessi. Lobby, e qui torniamo a Romano, che ovunque esistono e giustamente esistono, guai e non averne. Ma le lobby correttamente premono perché l’orchestra suoni l’una o l’altra “musica”, scorrettamente e dannosamente pretendono invece di dirigere il “concerto” e che tutti ballino alla loro di musica.

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