ROMA – Conte, il premier Conte, il professor Conte. Una inconsistente, se non nella sua acidità, polemica contro Giuseppe Conte. Acidità della polemica, non di Conte. Polemica pretestuosa con venature isteriche. Si recita sgomento e indignazione perché Conte premier tiene anche, studia anche per una cattedra universitaria. Come se le due cose fossero, chissà mai perché, eticamente incompatibili.
Nella recita e nella recitata, imbeccato da chissà quale collega sedicente politologo informato italiano, cade anche il solito quotidiano statunitense. E via alle colonne per spiegare che se Conte concorre per una cattedra all’Università vuol dire, è la prova che il governo non regge, non dura. Fesserie, retroscena di cartapesta e peggio per chi ci casca. Con il ridicolo aggiuntivo del riciclare in Italia come analisi politica americana la sciocchezza salottiera dettata qui da noi al New York Times.
Non c’è nessuna incompatibilità tra una cattedra universitaria e il ruolo di premier del governo. Sostenerlo che una qualche incompatibilità ci sia è prova sicura di ignoranza. Sostenere poi che Conte premier “cerca un lavoro di riserva” perché il governo ha le settimane contate è…vogliamo dire sciocco? Diciamo, per carità di opposizione, che è prova sicura di pessima analisi della situazione politica.
Conte, il premier Conte, potrebbe benissimo e tranquillamente a tutto diritto e titolo fare anche e insieme il professor Conte. E allora perché Conte premier al primo apparir della notizia che un esame lo aspettava ha fatto pubblicamente sapere che “riconsiderava e rivalutava” le sue intenzioni? Tutto avevano capito che, pur non essendo per nulla tenuto a rinunciare, Conte premier rinunciava a Conte professore per non dare alcuno spazio e nessuna sponda alla pessima qualità della polemica contro di lui. Insomma rinunciava per una sorta di superiorità comportamentale, per, diciamo così, signorilità istituzionale che l’opposizione non mostrava.
Tutti avevano capito che aveva rinunciato. Invece cinque giorni dopo la rinuncia (quella che era sembrata a tutti, proprio tutti, tale) si apprendeva che Conte candidato all’esame aveva solo chiesto di rinviare l’esame. E alla cattedra non aveva comunicato per nulla di aver rinunciato. Solo chiesto un rinvio della data di esame. Rinuncia? Ma quando mai. Di c erto non agli atti, mai scritta, mai nero su bianco.
Esce anche questa di notizia, la notizia che Conte non ha ufficialmente rinunciato a un bel nulla, che non c’è stato nessun bel gesto, solo la mossa di un bel gesto. E allora Conte premier impugna un social network e comunica che stavolta rinuncia. Lo comunica cinque giorni dopo la mossa della rinuncia che non era rinuncia.
Cinque giorni di “valutazione e riconsiderazione”? Può darsi. Ma in questa catena danzante, in questa quadriglia e paso doble di signorili annunci e più pedestri rinvii, su questa scacchiera dove si sono allineate e mosse le figure del premier, del professore, delle’esame, del rinvio, della cattedra, della rinuncia, in questo mazzo a più carte più volte mescolato forse forse…Pinocchietto ci cova.
Pinocchietto, quello che non è che dice proprio una bugia. ma neanche dice tutta la verità. Quello che ci prova con una mezza verità, hai visto mai basta? Quello che mezze verità aveva già infilato nel cursus honorum. Non proprio bugie sui trascorsi accademici, ma non proprio verità. Quello che anche da premier ogni volta che parla non dice mai una bugia piena e neanche una piena verità. Quello che come premier piace tanto agli italiani. Un po’ perché incarna e invera il premier dei sogni dell’opinione popolar-qualunquista, insomma il premier che non c’è che è nei sogni de medio man Italia. Quello che piace perché non dispiace e non dispiace perché gli è scappato spiegato anche a Salvini. Salvini: “Il mio predecessore ha fatto grande sbaglio…”. Salvini si riferisce a Renzi. Ma Renzi non ha fatto il ministro degli Interni. Cioè Salvini si sente preceduto da Renzi, nel ruolo di premier. E così Salvini spiega meglio di ogni altro perché Conte premier non dispiace, perfetto e preciso nel ruolo di premier che non c’è.
Ma c’è di più nel perché Conte piace. Perché c’è un Pinocchietto in tutti noi: mai tutta la verità, solo la verità, niente altro che la verità. Quello nei film, nella vita reale una ciambella di mezze bugie e mezze verità è quella con cui ci teniamo a galla e ci proviamo a sfangarla. Pinocchietto Conte, uno di noi.