Coronavirus ha alleati: quelli del “Solo allarmismo”. E gli ammalati di panico

Coronavirus ha alleati in Italia: quelli del "Solo allarmismo". E gli ammalati di panico
Coronavirus ha alleati: quelli del “Solo allarmismo”. E gli ammalati di panico (foto d’archivio Ansa)

ROMA – Coronavirus ha alleati, a loro insaputa ma alleati. Meglio dire, alleati a loro insaputa e incoscienza. Il primo alleato del coronavirus è in questi giorni quello che “è tutto allarmismo mediatico”. Lui la sa lunga, a lui non la si fa, non la si canta e si racconta. L’italiano, prevalentemente maschio, del “è tutto allarmismo mediatico” mediamente ha una sua fonte privata, un parente, un conoscente al ministero o all’ospedale o un amico medico o infermiere alla Asl. Insieme alla fonte privata, l’italiano dello “è tutto allarmismo mediatico” ha una reale esperienza che nulla di sostanziale accade. Una esperienza di vita vissuta, la sua. Esperienza granitica di assenza totale del coronavirus. Esperienza granitica che nulla e nessuno può scalfire. Fino a che coronavirus non bussa alla porta del vicino di casa. Allora l’uomo dello “è tutto allarmismo mediatico” subisce mutazione che altro che il virus. Ma fino ad allora lui sa, vede, constata che il virus non c’è nella sua vita, che del virus ne parlano solo giornali, tv, Stato e governo di cui non c’è da fidarsi e, ovviamente, gli ingenui.

L’italiano dello “è tutto allarmismo mediatico” non è un tipo strano e strambo. Semplicemente applica fino in fondo e con estrema coerenza il canone di vita pubblica che va per la maggiore e cioè: se non mi riguarda e tocca da vicino, allora è fesseria o fastidio da rimuovere. Se non mi riguarda e tocca da vicino, se mi crea fastidio, allora deve essere inganno ai danni della gente, cioè inganno ai miei danni. E lui, l’italiano dello “è tutto allarmismo mediatico” reagisce con un macho “a me non mi freghi”.

Oltre che fonte privata ed esperienza di assenza di virus nel suo privato mondo, l’italiano dello “è tutto allarmismo mediatico” ha anche abilità e gusto nello scegliere fior da fiore. Sa leggere ed estrapolare la dichiarazione del virologo che dice non è la peste, cita l’infettivologo che invita alla calma. Ha anche una sua catena di dogmi: tipo influenza ne uccide di più. Non è vero, non sta nelle cifre, ma lui ci crede come si crede a un dogma di fede. Dogma, per definizione non sottoponibile e verifica empirica.

L’italiano dello “è tutto allarmismo mediatico” ha anche le sue fondate ragioni e il suo ragionevole alibi: l’iper dose di banalità miste a sciocchezze e imprecisioni che giornalmente il forno dei media sforna. Quando questo italiano tipo dice che la narrazione del coronavirus non è attendibile né affidabile dice spesso il vero. Lui però se ne fa alibi della narrazione talvolta grottesca per negare tout court ciò che si narra. Espunge il coronavirus dalla realtà sula base di una presunzione obesa e cioè che il mondo reale sia quello della sua giornata. Non è San Tommaso che fino a che coronavirus non vede a coronavirus non crede. Questa è la maschera che indossa, la realtà dell’italiano “è tutto allarmismo mediatico” è di un io ipertrofico che si allarga fino a comprendere tutto il mondo. Non c’è altro mondo fuori e altro da me. Nel suo piccolo e personale mondo, che per lui è il tutto, non succede, quindi non succede, punto.

Un altro ideal tipo, oltre a quello dell’allarmismo mediatico, una piccola mano a coronavirus la dà. E’ l’italiano del sì, vero, ma che davvero? E comunque a me, proprio a me non può essere…E’ l’italiano che sa e magari concorda sull’evitare contatti ravvicinati. Ma poi non lo fa perché…è il mio bar, ci vado da sempre, è la mia palestra, ci conosciamo, è il mio calcetto, siamo tra noi…Come se coronavirus fosse consapevole e rispettoso dei vincoli famiglia, amicizia, gruppo, squadra. 

Una mano a coronavirus questi comportamenti la danno. Insieme al comportamento opposto, quello degli ammalati di panico. Il panico è quella cosa per cui per uscire tutti dal cinema dove c’è fumo si muore in parecchi calpestandosi reciprocamente davanti alla porta di uscita. Senza panico si usciva tutti salvi. Il panico è quella roba io mi salvo da solo, tutti gli altri sono concorrenti alla salvezza avversari della mia salvezza. Nel panico, nel disgregarsi della risposta collettiva (che vuol dire anche osservare davvero le regole anti contagio) ogni epidemia ci sguazza.

Purtroppo sembra che coronavirus non abbia bisogno di una mano. Purtroppo fa da solo. Non è la peste e neanche la spagnola di inizio secolo scorso ma l’unico posto dove l’hanno con molta fatica quasi (quasi!) fermato è la Cina. La Cina che ha rinchiuso in casa con la forza decine di milioni di persone. Per fermarlo quasi (quasi) in Italia senza ricorrere impossibili ricette cinesi occorre smetterla, ciascuno nel suo piccolo, di dargli una mano. Vasto, davvero vasto programma.

Gestione cookie