ROMA – Crisi, facciamo una scommessa? Della scommessa diamo le quote, poi fate voi.
Al cinquanta per cento, non di più non di meno, la crisi definita da Di Maio la crisi del mojito, un modo amichevole per dare a Salvini dell’ubriaco, finisce in elezioni anticipate. Molto anticipate visto che si è votato che era appena il marzo dello scorso anno. Elezioni anticipate ad ottobre, fine ottobre, probabilmente domenica 27. Al cinquanta per cento finisce ad elezioni perché rispettivamente Lega e M5S non ce la fanno a continuare a governare insieme col reciproco carico di tanti sospetti e dispetti e M5S e Pd non ce la fanno a mettere insieme un governo risultando ciascuno diverso e ostile all’altro.
Ma le elezioni ad ottobre che pure sono la cosa più probabile non sono la prima scelta di nessuno, non di Salvini, non certo di M5S men che mai del Pd. Nelle elezioni anticipate caso mai ci si casca o scivola su piano ormai decisamente inclinato. Non è lì che vorrebbero andare.
Vorrebbero Salvini e Di Maio in qualche modo ricicciare, reimpastare l’alleanza, magari il governo. Vorrebbero ed è chiaro il perché Di Maio lo vorrebbe. Di Maio con una buona parte di M5S è culturalmente e politicamente cresciuto e formato nell’avversione al Pd e alla sinistra partito delle Caste. Di suo Di Maio è certamente più vicino o meno lontano dalla destra di quanto non lo sia dalla sinistra. Con Salvini (a parte il disastroso particolare per cui gli ha mangiato metà dei consensi) Di Maio stava bene. Ora Di Maio e tutto M5S non vogliono elezioni. Non le vogliono perché il 33 per cento di marzo 2018 lo vedono col binocolo. Quindi Di Maio e un bel po’ di M5S ci starebbe a ricicciare.
E dice di starci anche Salvini. Qui il perché si comprende meno. Se riprendono a governare insieme Salvini fa la figura del can che abbaia ma non morde, indossa i panni del duro che quando il gioco si fa duro…si ritira. Pazienza…insomma. Soprattutto se riprendono a governare insieme Salvini è esposto alla sua debolezza che tutti hanno come dimenticato ma non è certo svanita. Da molti mesi in Italia ci si comporta e rapporta a Salvini come avesse il 36% almeno dei consensi. Alle europee, nei sondaggi. Ma nel Parlamento che c’è ha il 17 per cento. Se Salvini torna a casa e a cuccia, queste sono mle dimensioni della casa e della cuccia. Per altri tre anni e passa. Come che sia, Salvini pare proprio ci starebbe a ricicciare con Di Maio.
La strada c’è ed è un capolavoro di demagogia ipocrita se imboccata. Primo passo: Conte non si dimette oggi, secondo passo si va alla quarta votazione del taglio del numero dei parlamentari, terzo passo questa legge obbliga a ridisegnare i collegi elettorali, quarto passo ci vogliono dai sei ai dieci mesi per farlo. Quindi non si vota nel 2019 e neanche nel 2020. Il riciccio tra Salvini e Di Maio avviene all’insegna e sotto la foglia di fico della ramazza che spazza parlamentari inutili. Si può fare e si può fare così, la strada c’è. Ecco perché Salvini e Di Maio che ricicciano, rappattumano, reimpastano vale il 35 per cento delle possibilità.
Al governo M5S-Pd il residuo n15 per cento delle probabilità. Poche, perché M5S non ce la fa, proprio non ce la fa. Quelli del Pd non sono per M5S solo i nemici, sono la ragione di vita al contrario. Un governo M5S-Pd non avrebbe grandi difficoltà a fare un programma di governo ma c’è dentro il popolo, la gente M5S una impossibilità quasi antropologica a stare col Pd. Insomma non ce la fanno. E Salvini, l’elegante e disinvolto Salvini, glielo ricorda: “Volete andare col Pd sulla pelle delle mamme di Bibbiano e dei truffati di banca Etruria”. Ecco, era stato Di Maio e non altri a dire che il Pd sottraeva bambini con l’elettrochoc per venderseli.
Non ce la fa M5S a fare un governo col Pd molto più di quanto, e non è poco, non ce la faccia il Pd a fare governo con M5S. Ecco perché 15 per cento di probabilità e non di più.