ROMA- Ma quanti sono gli “esodati”? A domanda l’Inps risponde con qualcosa di più problematico di un non lo so, risponde: “Dipende”. Mauro Novi, direttore generale dell’Inps dice appunto: “Forse un numero inferiore o forse superiore a 350mila, dipende dalle scelte che verranno fatte, il numero esatto si potrà definire dopo che saranno chiariti alcuni passaggi organizzativi”. Scelte, passaggi organizzativi? C’è qualcosa che non torna in tutta questa vicenda. Gli “esodati”, cioè coloro che avevano raggiunto un qualche accordo con l’azienda di cui erano dipendenti, accordo che conteneva le loro dimissioni o appunto il loro “esodo” dal lavoro perché vicini o relativamente vicini all’età e all’assegno pensionistico con le regole prima della riforma Fornero. Alcune, moltissime, erano dimissionik volontarie per modo di dire, l’azienda era in crisi o voleva disfarsi di personale e quindi premeva per pre-pensionamenti di fatto, erano proposte “che non si potevano rifiutare”. Chi è stato spinto a lasciare il lavoro in questo modo e per questi motivi oggi si trova senza stipendio e senza pensione, anzi la pensione gli arriverà tra un anno, due, tre anni e forse più. Nel frattempo che fa, la fame?
Ma altri “esodi” sono stati frutto di calcolo, l’azienda non era in crisi e non spingeva alle dimissioni e in una libera trattativa il dipendente ha sollecitato uno “scivolo” ben oliato verso al condizione di pensionato vista come imminente. Sempre incagliati sono rimasti anche questi lavoratori ma “l’incaglio” è figlio anche della fretta di andare in pensione e della voglia di cogliere un’opportunità retribuita, insomma di fare un “affare”. Altre ancora possono essere le fattispecie che sono dietro e dentro la generale e generica parola “esodo”. Quando il direttore dell’Inps dice: “Dipende” è come se domandasse a sua volta al governo non quanti ma “quali” sono i veri “esodati” e comunque i lavoratori in questa condizione che devono essere considerati a tutto titolo vittime inconsapevoli della sopravvenuta legislazione e di “quali” e quindi “quanti” la collettività debba e voglia farsi carico.
Domanda non peregrina quella dell’Inps, anche se pudicamente posta sotto la diplomatica formula dei “passaggi organizzativi”. Perché 350mila sono tanti, tantissimi. In Italia i pensionati sono circa 19 milioni e gli assegni pensionistici un po’ più di 22 milioni, alcuni infatti percepiscono doppio assegno. Trecentocinquantamila sono circa il due per cento di tutti i pensionati in essere e sono una cifra non lontana da quanti vanno in pensione in due anni. Trecentocinquantamila o forse addirittura di più non sono una “eccezione” alle nuove regole, sono una modifica sostanziale alle nuove regole. Infatti il Pd presenta in Parlamento una proposta risolutiva sì per gli “esodati”, e cioè consentire per i prossimi due anni a tutti di andare in pensione con le vecchie regole. Risolutiva ma anche demolitiva della riforma delle pensioni appena votata dal Parlamento: come scrivere che la riforma, almeno per quel che riguarda l’età pensionabile, va in vigore non il primo gennaio 2012 ma il primo gennaio 2014.
Per i sindacati, tutti i sindacati, non ci sono dubbi e infatti unitariamente scioperano: tutti gli “esodati” devono diventare pensionati all’età anagrafica prevista prima della riforma Fornero. Sono coerenti i sindacati, non hanno mai nascosto di essere contro la riforma e di nutrire anche una qualche speranza di in qualche modo cancellarla. Ma i partiti che l’hanno votata la riforma, se la “eccezione” è di queste dimensioni realizzano che un po’, anzi parecchio la riforma la smontano dopo averla approvata?
Qualcosa non torna in questa storia: gli “esodati” in un primo momento sono stati stimati 65mila. Da 65mila a 350mila non può essere un errore di calcolo. Il salto quantitativo sta in quel “dipende” pronunciato dall’Inps. Tre o quattrocentomila “esodati” cui consentire di percepire la pensione all’età in cui “prima” si andava in pensione sono un costo di molti miliardi. Miliardi che vanno sottratti al risparmio di spesa previdenziale stimato e messo in bilancio. Forse è giusto e inevitabile perché gli “esodati” non possono essere condannati alla fame e liquidati con un “ci dispiace”. Però, se così stanno le cose, va detto chiaramente che la collettività tutta, il concreto contribuente e non l’astratto Stato deve farsi carico di questo giusto prezzo. O forse, solo forse, nei tre-quattrocentomila, nel gran mare degli “esodati” confluiscono fiumi o almeno torrenti di situazioni favorevoli sfumate, né più né meno di come accaduto a tutti i pensionandi. Dipende, appunto dipende. Il governo ha promesso una legge entro giugno. Se sarà una legge “salva tutti” costerà un sacco di soldi e qualcuno dovrà pagare. Se sarà una legge che distingue caso da caso, esodo da esodo, sarà una legge che “asciuga” quella cifra di 300/400 mila. In ogni caso non sarà una legge facile ed è molto difficile dire quale sarà delle due la legge più “giusta”.
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