ROMA- La video conferenza tra Angela Merkel, Francois Hollande, Mario Monti e David Cameron, poi l’appuntamento del G8 con Barak Obama, quindi il vertice europeo “informale” di fine maggio e a giugno il vertice dell’Unione che dovrebbe essere quello delle decisioni. Decisioni…in realtà alla fine e nel corso di questa sequenza, serrata e non priva di angoscia di incontri e conti, di decisione ne è rimasta una sola da prendere: ricominciare a sostenere o continuare a farlo l’economia e anche la società con il denaro pubblico. Altrimenti tutto si scolla e si sfalda: il faticoso recupero dell’occupazione negli Usa, il consenso elettorale in ogni paese d’Europa, il Pil dell’intero continente e con esso perfino la possibilità di rispettare sul serio gli impegni del fiscal compact.
Se non si pompa denaro pubblico nell’economia non solo Obama non viene rieletto, ma qualche banca americana rischia di saltare ancora. Per non parlare di quelle europee. Ancora denaro pubblico per le banche? Gli Usa lo hanno già fatto, a miliardi di euro. E non lo hanno fatto per beneficenza o soggezione a Wall Street, così come Mario Draghi alla Bce non ha fornito denaro alle banche europee per favorire la corporazione dei banchieri. E’ stato fatto perché se salta il sistema del credito, se le banche chiudono il giorno dopo, anzi il giorno stesso finisce la pace sociale e comincia ovunque una guerra civile “fredda”, fredda peraltro non si sa fino a quando. Dare soldi alle banche è stato istinto di sopravvivenza e ragione meditata: a banche chiuse la gente, non i banchieri, non mangia. Altro discorso, discorso mancato e fallito, era e doveva essere quello di imporre agli istituti di credito e agli operatori della finanza condizioni per averli quei soldi, condizioni e limiti nel come fanno affari e speculazioni.
Negli Usa non hanno dato soldi pubblici solo alle banche, a miliardi di dollari ne hanno dati anche a quelle che noi chiamiamo fabbriche, insomma all’industria, quella dell’auto per prima. E ora, se la Grecia fa saltare il banco, negli Usa sono pronti ad una terza iniezione di denaro pubblico nella loro economia. Per tenerla in piedi e per non sfilacciare il tessuto connettivo sociale, insomma la gente. Questo Obama ha fatto, fa e chiede agli europei di fare.
Come gli Usa gli europei sono pieni di debiti, più degli Usa cominciano a subire tensioni sociali e in più degli Usa hanno un problema: il loro sistema economico è più lento e legato. Non solo, le aree di spesa sociale e anche di spesa pubblica parassitaria sono in Europa molto più estese e radicate di quanto non sia negli Usa. Nell’Europa del Sud, Grecia, Portogallo, Italia e Spagna in rigoroso ordine, la spesa sociale e parassitaria è di fatto sistema e consolidata abitudine. Finora nell’Europa del Nord, Germania in testa, all’ombra del fondato alibi del Sud irresponsabile e inaffidabile, un solo mordine e una sola parola d’ordine: rientrate dai debiti, non fate deficit e tutto si aggiusterà. Ma tutto si sta sfasciando: la Grecia non tiene, la Spagna traballa, l’Italia è un’incognita, la Francia è nervosa. Non si può “tenere” con disoccupazione sopra il dieci per cento, con i giovani senza lavoro in percentuali che vanno dal 20 al 50 per cento. Quindi, e ormai lo sa anche la Merkel, per ragioni di sopravvivenza dell’euro, del sistema europa, della coesione sociale, per ragioni di utilità e non di beneficenza, gli Stati devono intervenire con pubblico denaro.
Ma dove lo devono prendere questo pubblico denaro. Una quota certamente dal rischio di emettere debito garantito da tutta l’Unione Europea, si chiamino eurobond o come che sia. Ma una quota deve venire da una gigantesca “spending review europea”, soprattutto nei paesi del Sud Europa. Alla Grecia si può continuare a prestare denaro se i greci si dotano di un’amministrazione che riscuote le tasse. Se non vogliono neanche questo…Purtroppo per ora pare non vogliano, infatti negli ultimi giorni i poveri cristi ritirano a migliaia di euro per volta quel che hanno in banca: totale un miliardo portato a casa sotto il materasso. Ma buona parte dei greci ci ha pensato prima: 77 miliardi portati fuori dai confini in due anni, 280 miliardi greci nelle banche svizzere, 250 milioni spesi negli ultimi mesi da acquirenti greci per comprarsi casa a Londra dove casa costa 15mila sterline al metro quadro.
La “spending review” deve proseguire e in fretta in Italia dove è intollerabile la spesa per la politica e la spesa sanitaria mediata dalla politica e dove va asciugata l’economia sommersa sia nella sua versione di evasione fiscale, sia in quella di economia criminale. In Italia si può spendere denaro pubblico, anzi si deve. Alla condizione che non diventino cantieri che aprono e non chiudono mai, appalti che lievitano, flussi di denaro sottratti al fisco, predende e sostegni ad aziende in perdita ed inefficienti, posti di lavoro veri in attività fantasma. Se gli italiani non vogliono questo, spendere in Italia sarà buttare soldi nel…diciamo camino.
E spendere i soldi che vanno in fretta trovati sia con il rischio di emettere debito sia con la fatica di strizzare i tanti e troppi “ventri molli” delle società europee è l’ultima, obbligata decisione che possono prendere. Spendere soldi pubblici per le vie informatiche, la banda larga, i trasporti velici e moderni, le biotecnologie, i prodotti di alta gamma…Spendere per riconvertire in fretta le produzioni, i prodotti e le modalità di lavoro. Spendere dicendo al mondo: questa spesa la garantisce l’Europa tutta, spende la sua credibilità e i soldi che finora i suoi cittadini hanno sprecato. Che piaccia o no agli elettorati, altra decisione da prendere non hanno. Se non decidono, e se non decidono questo, presto, molto presto, ognun per sé e qualche dio per tutti.