Le forbici che squartano i redditi: destra arraffona, sinistra parassita

ROMA – Gran discutere di crisi del capitalismo e di agonia del ceto medio. Gran riflettere sulla sepoltura dell’uguaglianza e sulle palate di terra rovesciate sull’equità. Nostalgia, un po’ canaglia, di entrambe. I fatti sono lì, sono prove, altro che indizi. Per la prima volta da tempo, tanto tempo, l’inflazione corre più veloce dei salari e se li mangia. Per decenni le retribuzioni inseguivano e raggiungevano l’inflazione, ora non ce la fanno più. E le retribuzioni, i guadagni sono una miccia accesa sotto la pace sociale, sono ormai incompatibili con la coesione sociale prima ancora che “ingiuste”: una volta un manager guadagnava settanta volte quel che guadagnava l’ultimo suo dipendente, adesso guadagna settecento volte di più. Dunque la gran parte di chi vive di salario e stipendio si impoverisce. Dunque il capitalismo sta impoverendo la sua base sociale ed economica, dunque il mondo do domani si annuncia povero e per fermarlo su questa deriva vanno riscoperte equità se non addirittura eguaglianza.

Il mondo, non proprio il mondo…L’impoverimento di chi vive di salario e stipendio, insomma della working class c’è, eccome se c’è. Ma riguarda quel che chiamiamo Occidente, l’Europa e gli Usa. In Asia la classe media e minima è appena nata e arricchisce rispetto alla povertà secolare. Quindi non è la maledetta globalizzazione ad impugnare le forbici che squartano i redditi, non sul pianeta almeno. E allora cos’è? Certo la “finanziarizzazione dell’economia”, l’aver aumentato consumi e redditi a debito, nell’ipotesi fosse un debito che nessuno avrebbe mai ripagato. Ipotesi nella quale si sono smisuratamente arricchiti e tuffati gli imprenditori del denaro elettronico sganciato dalla produzione materiale di beni. Salvo poi far pagare il conto, solo parte del conto, ai governi e quindi ai contribuenti. Ma senza finanza il mondo occidentale, quello del ceto medio che si fa la casa, la pensione e assicura assistenza sanitaria a se stesso e istruzione e lavoro ai propri figli semplicemente non esiste. La finanza è la lama tagliente delle forbici che squartano i redditi, ma il pollice e l’indice che chiudono la morsa non sono nè la globalizzazione ce neanche la finanza.

Quelle due dita, il pollice e l’indice che danno energia e forza alla forbice sono la destra politica e la sinistra politica. Quelle che sono in campo adesso, non la destra o la sinistra nel loro passato e nel loro futuro. Non succede solo in Italia, basta guardare alla destra americana che emerge nelle primarie del Partito Repubblicano o alla campagna elettorale e programma di governo del candidato socialista Hollande in Francia, ma in Italia succede nella maniera più evidente, esasperata e didascalisca. La proposta politica, culturale sociale della destra italiana, è bene ricordare quella dei suoi successi elettorali e quella con cui prima o poi tenterà la rivincita elettorale, è quella del “Salvati… arraffando”. Non pagare le tasse se puoi, se sei tedesco fai pagare ai greci, se sei italiano, fai pagare ai tedeschi. Tieni lo Stato lontano da te mentre arraffi “opportunità”, chiama lo Stato a soccorso se incontri “imprevisti”. E se il lavoro scarseggia e il reddito langue, trovati un deputato che scambi denaro con voti, una corporazione che ti protegga, una lega di territorio e di interessi, un forcone da impugnare. Se il capitalismo sta diventando, è diventato una forbice, tu fatti “sasso” e lascia che gli siano gli altri ad essere “carta” da tagliare. Riprovevole? Semplicemente non funziona, non salva: l’Italia di appena ieri lo testimonia.

La proposta politica, culturale e sociale della sinistra italiana è ben riassunta nella pubblica lettera che Susanna Camusso, segretario Cgil, indirizza ad Eugenio Scalfari. A domanda su come il sindacato possa e debba essere “di classe”, nel senso di “classe generale” che perseguendo il suo di interesse fa quello generale di interesse, sul come il sindacato possa e debba evitare di essere corporazione e lobby, rispettabile lecita ma solo corporazione e lobby, la Camusso replica con un lungo testo in cui risuona più e più volte la formula “Piano per il lavoro”. Cosa sia la Camusso non dice, ma si evince con chiarezza che il “Piano per il lavoro” è la richiesta di posti di lavoro finanziati con il denaro pubblico. Non è peccato, tanto meno bestemmia. Ma alla questione dei bassi salari, del salario sempre meno equo e per nulla uguale, la sinistra risponde con l’unica invocazione a creare altri salari non equi e per di più a debito, pubblico debito. Non solo la Camusso, sono ormai decenni che la sinistra italiana, e non solo italiana, non esce da una logica e da una cultura economicamente, e ormai anche socialmente, parassitaria. Salari e stipendi possono e debbono crescere, subito. Ma possono farlo solo diminuendo le tasse sul lavoro e sull’impresa. E queste tasse possono diminuire solo se riduci la spesa pubblica che si mangia tutte le tasse. La spesa per i piccoli ospedali inutili e nocivi. La spesa per rifinanziare le pubbliche aziende di pubblici servizi. La spesa per l’indotto clientelare della politica. La spesa sociale per mantenere imbalsamate aziende morte. La spesa sociale che la sinistra difende e in cui si identifica molto più di quanto non faccia con il salario e il lavoro.

Equità non è un comizio ed eguaglianza non è un rimpianto. Vanno riportate all’onor del mondo, di un mondo che ne ha bisogno. Ma in Occidente, là dove il problema drammaticamente si pone, c’è e avanza una destra arraffona e una sinistra parassitaria: sono loro che dovrebbero allargare e invece stringono le forbice che squartano i redditi.

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