Governo: più presto si vota meno M5S vince. Qualcuno dovrebbe capirlo

di Lucio Fero
Pubblicato il 12 Dicembre 2016 - 10:24 OLTRE 6 MESI FA
Governo: più presto si vota meno M5S vince. Qualcuno dovrebbe capirlo

Governo: più presto si vota meno M5S vince. Qualcuno dovrebbe capirlo

ROMA – Governo Gentiloni al via e molti, più o meno apertamente, si compiacciono all’idea possa essere un governo lungo nel tempo, un governo che dura. Coloro che lo fanno, e sono tanti, si compiacciono della loro rovina. Ignorano, non vedono, non capiscono che più presto si vota meno M5S vince. E ovviamente viceversa.

Votare a giugno è già tardi per chi non si augura M5S partito di maggioranza relativa come esito delle prossime elezioni. Giugno è già tardi, la tentazione di tirarla fino all’autunno 2017 e forse addirittura fino a primavera 2018 non è sintomo e riflesso di responsabilità istituzionale ma traccia evidente di smarrimento politico e sociale. E tirarla in lungo non è per curare e negli interessi del paese come autorevolmente si commenta qua e là sui giornali. Nell’interesse del paese è muoversi in maniera tale che quando si voterà non finisca a Grillo-Salvini che insieme sfiorano il 50 per cento dei voti e insieme potrebbero acconciare un governo.

Una classe dirigente dovrebbe capirlo…C’è una scena nel film da moltissimi visto che è Il Gladiatore. La legione romana più potente in armamenti e strategia bellica sta affrontando i disorganizzati guerrieri germani e offre loro la resa senza sterminio. I germani rifiutano e mandano indietro il messaggero romano legato al cavallo dopo avergli mozzato la testa. Il generale romano che poi sarà il gladiatore e il suo luogotenente si scambiano questa battuta: “Un popolo dovrebbe capirlo quando è sconfitto…Quinto, tu lo capiresti..?”. E Quinto dà l’ordine di armare le maxi balestre perché i germani non capiscono, attaccano, corrono verso il loro sterminio in battaglia.

Ecco una classe dirigente dovrebbe capirlo che se si vota, più a ridosso si vota del referendum del 4 dicembre, maggiore è la possibilità di separare la voglia di buttar giù Renzi da quella di issare Di Maio o Di Battista al posto di Renzi. Milioni e milioni di italiani hanno con gusto e voglia votato No al governo che c’era. Chiedergli subito se questo No è un Sì al governo M5S è la strada migliore per impedire che quel No e quel Sì siano la stessa cosa e si sovrappongano. C’è gente, tanta, che di solito vota Pd o Forza Italia che ha votato No. Se gli dai soddisfazione, se dai loro le elezioni subito, se dai mostra che hanno avuto successo nel buttar giù il governo, allora c’è caso che tornino a votare Pd o Forza Italia.

Una classe dirigente dovrebbe capirlo, saperlo per averlo studiato e visto più volte nella storia e nelle dinamiche politiche che per le forze della responsabilità e stabilità è meglio votare quando la “bestia” del No Tutto del “Vaffa” e basta è sazia. Quando ha appena finito di mangiarsi un governo, prima che la gran fame di demolire si riformi e si rafforzi.

Mattarella, Gentiloni, Berlusconi e tanti altri con loro dovrebbero saperlo che dai all’elettorato furente altri otto/dieci mesi per fermentare rancore verso il governo che non se ne va mai equivale ad allevare per otto/dieci mesi la sensazione che la spallata del referendum non è servita a nulla, ne occorre altra e più forte perché “quelli non se ne vanno mai…”.

Diversamente un governo corto e breve, che comunica di sta lì solo per accompagnare il paese alle elezioni, con voto a primavera 2017 può placare parte del rancore comunicando che “palazzo non ignora referendum”. E può indurre il ragionamento che una cosa è buttar giù Renzi, altra è avere Di Maio capo del governo.

Un ceto dirigente dovrebbe saperlo che prender tempo prima di un voto ha senso solo in una fase espansiva, molto espansiva, dell’economia. Dieci, dodici mesi di aumento del Pil, tasse che calano, consumi che ripartono…Allora ha senso un governo che dura prima di andare al voto. Ma il 2017 non sarà l’anno del miracolo economico, non sarà nero come è ormai diventata abitudine piangerlo in giro, ma sarà ancora un anno difficile. Quindi il governo che dura, anche facesse cose buone, sarà sempre sommerso dall’accusa-recriminazione di non aver riportato niente meno che ogni benessere per ogni dove.

Un ceto dirigente e anche un ceto politico consapevole della sua professionalità, sì professionalità, dovrebbe sapere che l’elettorato risponde e vota non in astratto ma in relazione all’offerta politica che ha davanti. Tu mettigli davanti all’elettorato il drappo rosso di un governo che dura e lui l’elettorato caricherà ancora e ancora. Mettigli davanti la possibilità di andare a finire nella corsa fuori dalla terra a pascolo e forse anche il toro infuriato rallenterà, si fermerà. Anche l’elettorato, sì anche l’elettore, va messo di fatto davanti alle proprie responsabilità. Non a parole, nei fatti.

Un ceto dirigente dovrebbe saperlo che resistere, resistere, resistere è una direttiva politica, sociale e istituzionale perdente. E che invece va lasciato terreno e spazio alla carica dei populismi proprio perché, forse, la carica si attenui, esaurisca, rallenti stanca nello spazio lasciato. E che non c’è “impegno o scadenza” che valga neanche lontanamente l’effetto che farebbe la metà dei voti italiani a Grillo/Salvini.

Mattarella, Gentiloni, Berlusconi e molti altri dovrebbero saperlo e quindi assicurare al paese un governo che impedisca il tracollo Monte Paschi di Siena e relativo terremoto in ogni banca, che confermi il decreto per la ricostruzione post terremoto, definisca i provvedimenti attuativi della legge di bilancio e il 25 gennaio, giorno dopo la sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum  (incomprensibile perché la Corte non senza alterigia istituzionale rifiuti di anticipare), stenda e offra al Parlamento una legge elettorale coerente con la sentenza e buona per Camera e Senato. In modo ci possano essere elezioni se non a marzo ad aprile.

Un ceto dirigente dovrebbe capirlo che un governo corto nel tempo è la miglior difesa. Invece nessuno o quasi mostra di capirlo. Si sussurra e parla e ci si compiace dell’idea e progetto e possibilità di un governo che dura che arriva all’estate, magari all’autunno.

E allora (scartata che facciano così per arrivare a settembre in carica e quindi alla pensione, scartata perché troppo misera e meschina, scartata perché insomma anche a questa non ci possiamo arrivare a credere) o un ceto dirigente non c’è, non esiste e quel che ne resta si muove e reagisce come il classico bateau ivre o pugile suonato o peggio ancora come la cavia nel labirinto, oppure è chi scrive che non capisce qualcosa che loro capiscono. Può essere sia così, forse è così, speriamo sia così.