ROMA – Hanno ragione Matteo Salvini capo Lega e i vari Di Maio/Di Battista vice capi M5S: dell’Italicum, anzi della legge elettorale, di ogni legge elettorale, alla gente frega poco. Non è una scoperta, tanto meno una novità: sempre, se vai a domandare al mercato a quanto sta la legge elettorale, la risposta eterna è che neanche la prezzano.
La legge elettorale non si mangia dice il senso comune (il buon senso direbbe invece che contribuisce a che ci sia o non ci sia cibo, ma questa è altra storia). Hanno ragione comunque Salvini e gli M5S: dell’Italicum frega poco, quasi niente. Ciò non toglie che la gente, la gran parte degli italiani ovviamente disinteressati (eufemismo) all’Italicum e a ogni legge elettorale in genere non possano sbagliarsi nel fregarsene altamente.
Infatti si sbagliano: uno dei gravi handicap dell’Italia, una delle ragioni della sua crisi economica, sì proprio quella che arriva alla gente sotto forma di poco reddito e poco lavoro è proprio quel sistema politico (ed elettorale) che ci siamo dati e dal quale non ci schiodiamo. Il sistema, diventato cultura di massa, per cui il massimo della democrazia realizzata è il minimo di decisione attuata. In Italia si vota e si legifera ovunque, nel Parlamento nazionale, nei Consigli regionali e Comunali, nei referendum, nei sindacati, nei comitati, nei condomini, nei Consigli di amministrazione, nelle aziende e nelle assemblee…E sempre c’è un Tar, un’altra Camera, un altro potere un contrappeso che fa ricorso, opposizione, reclamo. Sempre. Il sistema italiano, sociale e politico e ora perfino umorale, è pieno di contrappesi. Al punto che ormai mancano i pesi.
Un sistema ideale e comunque funzionale a redistribuire (in maniera più o meno ineguale) un surplus, un Pil crescente, una ricchezza montante, un denaro pubblico stampato senza problemi di debito. Un sistema invece inadeguato e suicida se si tratta, come oggi si tratta, di tornare a produrre ricchezza e non solo guardarsi in cagnesco su chi ne mangia di più di quella ancora avanzata. Una legge elettorale è anche un sistema di decisione, è la forma che stampa la delega decisionale a livello parlamentare e governativo. Una legge elettorale lavora e produce rilevanti effetti, in un senso o nell’altro, anche nelle cose di cui al mercato si parla: il lavoro, le tasse, lo stipendio, la pensione.
Ma resta che alla gente dell’Italicum frega poco o nulla e con le notizie, i dati di fatto, non si polemizza. Gliene frega talmente poco alla gente dell’Italicum che la gente non sa cosa sia. Eppure interrogata in proposito, la gente “boccia l’Italicum” per titolarla con il Corriere della Sera. Questa è bella: dice il sondaggio del Corriere che solo un italiano su quattro sa più o meno di cosa si tratta, anzi solo il 5 per cento degli interrogati è in grado di dire che c’è nella legge detta Italicum.
Però il Corriere dice che il 50 per cento la boccia. Il 50% del 25% che ne sa pochissimo? Oppure il 50 per cento del 5 per cento informato? Oppure il 50 per cento di tutti, ma come fanno quei tre italiani su quattro che dicono di non saperne nulla a bocciare l’Italicum? Chissà quale è la cifra giusta, misteri della demoscopia. Una cosa però è sicura: al Corriere hanno sondato il “sentiment”. Tradotto, i contrari all’Italicum rispondono, vanno “a sensazione”. Vedono in tv i Salvini e i Di Maio che si agitano (con contorno di Brunetta e Meloni e partecipazione all’agitazione dei Vendola e Fassina), orecchiano che è una roba di Renzi, insomma del governo. E quindi roba del governo è roba cattiva.
Ma non vanno solo a sensazione, vanno anche ad istinto, sentono odore di una legge elettorale che renderebbe più difficile il governare tutti, governare meno che in fondo è stata la linea e il valore unificante di un robusto arco politico e sociale (da Forza Italia dei tempi per loro belli fino a Rifondazione comunista quando i Bertinotti affondavano i governi Prodi). Hanno ragione i Salvini e i vice Grillo: frega poco, quasi niente. Hanno torto invece quando raccontano che conta poco, quasi niente. Di sicuro della legge elettorale, qualunque legge elettorale, frega poco ai Salvini e ai Grillo.
Ma, prima e più di loro, di una legge elettorale, di cosa c’è davvero dentro una legge elettorale qualsiasi è fregato poco a Forza Italia. Prima l’Italicum l’hanno votato e salutato come un avanzamento della democrazia. Adesso la legge, la stessa legge è per Forza Italia una schifezza, l’anticamera della dittatura. Spiegano il cambio di voto e di giudizio con il fatto che prima avevano un patto…Quindi restando nelle strette coordinate del Brunetta pensiero delle due l’una. O l’Italicum era una schifezza dittatoriale anche quando Forza Italia l’ha votato e quindi Forza Italia votava schifezze in cambio di..? Oppure l’Italicum era buono prima e lo è anche adesso ma Forza Italia non lo vota più per dispetto e per vendetta politica. L’Italicum non è cambiato a seguito dell’elezione di Sergio Mattarella a capo dello Stato, la legge è rimasta la stessa.
E’ il Brunetta pensiero copiosamente esposto a narrare che a loro della legge elettorale frega poco, quasi niente. Sembravano interessati all’inizio quelli di M5S, sembravano volessero scriverla anche loro la futura legge elettorale. E interessata e partecipe all’inizio era Sel, è stata Sel e anche Ncd e anche la sinistra Pd a volere ad esempio le soglie di sbarramento abbassate al 3 per centro (ora dicono che Renzi le ha abbassate per avere tanti piccoli partiti in Parlamento, ma è agli atti che sono stati loro a chiederlo). E interessata a scriverla la legge era in origine Forza Italia (i collegi, il premio di maggioranza), interessata all’inizio era la Lega (i meccanismi di coalizione).
Poi è accaduto qualcosa… E’ accaduto che ogni opposizione politica, ognuna per suo conto e tutti insieme (M5S, Lega, Forza Italia, Sel, Fratelli d’Italia) hanno deciso si poteva allegramente fregarsene della legge e puntare al colpo grosso, al bersaglio grosso. Accadeva che il partito di coloro che dentro il Pd consideravo Renzi una sciagura nazionale e un pubblico pericolo decideva di fregarsene anche lui dell’Italicum vero e decideva di puntare al bersaglio vero. L’Italicum che oggi i Bersani e le Bindi e i D’Attorre e i Fassina e i Letta giudicano non votabile porta le loro impronte digitali. Ballottaggio, secondo turno è roba che il Pd, e prima i Ds sognano e predicano da decenni, il secondo turno era storicamente Berlusconi a non volerlo. Parità di genere, premio alla lista vincente, bassa soglia di ingresso è addirittura roba specifica della sinistra Pd. Da non dimenticare la clausola voluta dalla sinistra Pd dell’Italicum che entra in vigore solo un anno circa dopo l’approvazione…
La vera, fondamentale cosa che non va nell’Italicum per i Bersani/Bindi/Letta è…Matteo Renzi. Quando Salvini e Grillo e Berlusconi e Meloni hanno visto che i Bersani, Bindi, Letta puntavano al bersaglio grosso e in fondo se ne fregavano della legge, allora si sono sentiti invitati a nozze. Si dice Italicum, si pensa Renzi. Dare un colpo tale al governo da mandarlo in ospedale o direttamente al camposanto politico. Questo l’obiettivo unico e in fondo unitario dei Salvini e dei Grillo e dei Bersani e Bindi e Meloni e Brunetta…Quella contro Renzi è un’alleanza non certo santa e neanche benedetta per nessuno degli alleati di fatto. Ma i Bersani/Bindi la vivono come un’emergenza dettata da motivi di salute pubblica. Insomma fermare Renzi, poi “filosofare”, per dirla alla Bettino Craxi.
Dell’Italicum all’alleanza anti Italicum non frega nulla, è scritto nelle cronache politiche, documentato negli atti politici e parlamentari. Di una nuova legge elettorale da Salvini a Vendola non sanno che farsene. Quello che importa è fermare e far scendere un governo pretenzioso che afferma di voler rompere il “governare meno, governare tutti”. E che Renzi non si azzardi a difendersi né con la richiesta del voto di fiducia che “è golpe” e neanche con l’avvia constatazione che se gli bocciano il cuore del programma il governo va a casa (che “è pressione indebita”). Inconfessata voglia di “vincere facile” nell’alleanza anti Renzi. Per ora hanno cominciato perdendo di brutto la prima mano in Parlamento.