Islam/Europa: non toglie velo al lavoro, giusto licenziarla

di Lucio Fero
Pubblicato il 26 Novembre 2015 - 12:58 OLTRE 6 MESI FA
Islam/Europa: non toglie velo al lavoro, giusto licenziarla

Islam/Europa: non toglie velo al lavoro, giusto licenziarla

ROMA – La Corte Europea dei diritti umani, non un retrogrado pretore di provincia e neanche un tribunale sensibile a venti spiranti di xenofobia…la Corte Europea dei diritti umani ha stabilito con sentenza che non si viola nessuna libertà di religione licenziando una pubblica impiegata che si rifiuta di togliersi il velo quando è al lavoro.

Siamo in Francia, ospedale pubblico di Nanterre. Il dirigente delle risorse umane comunica a Christianne Ebrahimian che il suo contratto di collaborazione con l’ospedale non sarà rinnovato. Perché la donna, che svolge funzioni di assistente sociale, si rifiuta di togliere il velo che cela il suo volto mentre lavora. Di qui il disagio e perfino la protesta di alcuni pazienti e la decisione dell’ospedale di passare a quello che è di fatto un licenziamento.

Licenziamento, giusta la causa? La vicenda comincia 15 anni fa e giunge a conclusione solo ora perché la donna ha fatto ricorso e l’iter giudiziario è stato lungo, fino ad arrivare appunto alla Corte Europea dei diritti umani. E giustamente questa era la stazione finale, la giurisdizione dei diritti umani molto più che quella dei diritti del lavoro.

Di fronte a questo Tribunale due erano le tesi, si può anche dire le culture contrapposte. La prima che in nome della assoluta libertà di religione eleva appunto la manifestazione e il precetto religioso al di sopra della legge civile. Insomma il credente “vale” più del cittadino. In Francia, nella laica e repubblicana Francia, questo principio è respinto dalla Costituzione, dalla storia, dalla natura dello Stato francese, dall’essenza del concetto di cittadinanza. In Francia dalla destra della Le Pen fino ai socialisti di Hollande e passando per i De Gaulle, i Mitterrand, gli Chirac nessuno accetta di subordinare il cittadino al credente, la legge alla religione.

In Francia…Non così in altri paesi d’Europa. Non così ad esempio nella cultura anglosassone. In Francia il diritto alla manifestazione religiosa, in questo caso il velo, non può pregiudicare una funziona pubblica, nel caso in specie l’assistenza ai malati di un pubblico ospedale. Questo principio è stato fatto proprio e riconosciuto dalla Corte Europea dei diritti umani che ha detto: in questo caso licenziare è giusto a salvaguardia proprio dei diritti dei cittadini e del pubblico interesse.

Una sentenza nata da una vicenda lontana nel tempo ma una sentenza assai contemporanea. Sempre più affiorano nelle comunità di immigrati fortemente legati alla loro fede religiosa richieste di una sorta di diritto parallelo. Insomma a fianco alla legge civile in Europa viene chiesto Stato e società accettino una legge di fatto i cui “articoli” sono precetti di fede. Matrimoni, ripudi, proprietà sui figli particolarmente se donne, libertà individuali…Sono questi i luoghi in cui la tradizione islamica chiede non solo di essere rispettata ma addirittura di essere tollerata come fosse legge, legge da far valere anche se in contrasto con le leggi civili sulla famiglia del paese dove vive la comunità immigrata.

Il fenomeno si è sviluppato soprattutto in Gran Bretagna dove operano addirittura in maniera semi ufficiale corti e tribunali della sharia. In Italia e altrove questo non c’è ma non è infrequente imbattersi in richieste di “riconoscimenti” di situazioni di fatto. E non è purtroppo infrequente incontrare nelle cronache singoli o istituzioni che confondono il rispetto per la molteplicità delle culture con una soggezione alla cultura meno tollerante. Ad esempio quei presidi che a Natale evitano il presepio perché…offende(?!).

A tutta questa deriva, legislativa e di costume, a tutti coloro che di fatto ritengono i diritti civili una subordinata da declinare secondo e a misura della propria cultura e tradizione e fede, la sentenza della Corte Europea dei diritti umani ricorda che i diritti civili della cultura europea non sono malleabili, trattabili, suscettibili di omissione perché altra cultura, tradizione o religione non li tollera. La sentenza ricorda a tutti noi, specialmente i non terrorizzati dall’immigrazione i non xenofobi, che i nostri padri, nonni, bisnonni e avi ci hanno messo secoli di lotte e di sangue a conquistare per noi il diritto a essere cittadini di uno Stato che lascia libere tutte le fedi ma non costringe nessuno ad abbracciare quella di Stato. Secoli di lotte e di sangue per avere un diritto di civiltà che non è pari a quello della teocrazia, dello Stato religione. Secoli di lotte e di sangue per avere le donne il diritto a non essere proprietà del maschio, diritto che non è pari a quello del maschio di possederle. Una buona, rinfrancante, ottima sentenza.