Meghan Markle: padre bianco, madre nera e il razzismo sotto pelle

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Meghan Markle con il principe Harry (foto Ansa)

ROMA – Meghan Markle, padre bianco e madre nera. E di conseguenza un’epidermide né bianca né nera. Ma non è la sua di pelle che inquieta. E’ ciò che corre, guizza, anzi striscia sotto la pelle di non poca gente che deprime, amareggia, stanca. E induce a disperare alla fin fine della reale civilizzazione che pure sbandieriamo con fierezza.

Meghan Markle è la fidanzata del principe Harry e i due hanno annunciato si sposeranno tra pochi mesi. La famiglia reale di Gran Bretagna acquisisce dunque nuovo membro, la regina si congratula, come da rito si sviluppa ed eccita la curiosità sulla nuova entrante a corte.

Gli anni, l’età di Meghan, qualcuno in più del fidanzato Harry. E fin qui il farsi i fatti loro, quelli della famiglia reale, è legittima curiosità e anche discuterne. E anche se la discussione lambisce il pettegolezzo (pardon gossip) sulla precedente vita privata di Meghan, ci sta. Ci può stare.

Ma stavolta c’è qualcosa che ci sta eccome. Ma non dovrebbe starci per nulla. Non in Occidente nel 2.017. Non nei paesi e nelle società che si dicono e si vogliono liberali, colti, liberi e giusti. Stavolta c’è un non rattenuto razzismo sotto pelle. Stavolta c’è il sottolineare acido che quella è “mezza bianca”.

Lo fanno le comari ma anche i tabloid inglesi. E lo fa anche una fetta non indifferente di quella che usiamo chiamare gente. Lo fanno i giornalisti. Senza dirlo ma ammiccando al fatto che è “mezza bianca” riparati dietro il diritto di gossip. Lo fanno in Gran Bretagna, presto lo faranno, lo stanno già facendo, anche da noi. E lo farà, lo sta facendo, anche un bel po’ della gente che abita la penisola mediterranea e non le isole britanniche.

Quella è mezza bianca…frase che contiene dose di disprezzo. Quella è mezza bianca…frase che allude se non allo scandalo e all’indecenza, di certo all’inopportunità. Quella è mezza bianca…guizzo di razzismo che corre sotto la pelle di molti e, quel che è peggio, non la arrossa di vergogna.

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