Austerità, se Monti fa il Berlinguer. Calmiera convegni e le mazzette?

ROMA – Se Monti fa il Berlinguer, in qualche modo e stavolta per davvero “a sua insaputa”. Se potessero reagire come puntualmente fa ogni categoria toccata o sfiorata da nuove leggi o regole, gli organizzatori abituali di “convegni, ricorrenze, celebrazioni e inaugurazioni” direttamente o indirettamente finanziati con denaro pubblico, direbbero severi e pensosi al premier e al paese: “Sono in gioco, si mettono a rischio decine se non centinaia di migliaia di posti di lavoro”. Oddio, nella gran parte non sono “posti fissi”, ma neanche posti “magri” di magrissimo reddito. Quella dei “convegni e affini” è una rilevante industria nazionale in cui confluiscono non pochi degli 80 miliardi di euro di spesa “discrezionale” della Pubblica Amministrazione. Addetti e manager dell’industria del “convegno” sono un po’ tutti i “politici di territorio”: una partecipazione e soprattutto un finanziamento fanno parte integrante dell’attività politica e di governo di Regioni, Comuni e Province. Se si pone un calmiere al “convegno e ai suoi fratelli” la politica dovrà cercare altre strade per irrorare i suoi orti e giardini del consenso. E dire che in materia la politica aveva raggiunto alti livelli di specializzazione.

I politici, ma non solo loro. Intere categorie professionali, dagli addetti alle relazioni esterne fino ai denigrati “portaborse”, dai grafici pubblicitari fino alle agenzie di hostess e steward, vedrebbero crollare il fatturato. E l’integrazione al reddito, talvolta cospicua talaltra miserella, garantita dall’industria del convegno ad economisti, psicologi, mediatori culturali, sondaggisti, sociologi, estensori di discorsi d’occasione, agenzie di catering, di trasporto e di coreografia minima verrebbe messa a repentaglio. Un presidente del Consiglio che un po’ invita e un po’ ordina alle pubbliche amministrazioni di smetterla con “convegni, inaugurazioni, celebrazioni e ricorrenze” tutta la vasta industria del convegno e il suo vastissimo indotto non possono che sperare che pronunci parole al vento, che presto “gli passi” a Monti questa insana voglia o che a “passare” in fretta sia proprio Monti. L’austerità nella spesa di pubblico denaro deve restare una “grida manzoniana”, di quelle stampate sui muri e negli editti di carta ma cancellata nella realtà. Altrimenti ne va di uno dei pilastri del sistema, sociale e politico. Ed è questo, proprio questo il punto, l’incrocio, lo snodo in cui Mario Monti fa il Berlinguer, Berlinguer Enrico. Probabilmente “ad insaputa” dello stesso Mario Monti. Monti che con il suo richiamo all’austerità nello spendere punta all’obiettivo della decenza condita da un po’ di risparmio. Ma il suo attacco all’industria del convegno potrebbe avere effetti “berlingueriani”.

A suo tempo Enrico Berlinguer segretario del Pci pose la questione dell’austerità e i contemporanei, e soprattutto i posteri, lo vollero leggere come un San Francesco incrociato con un Savonarola. Si volle leggere l’austerità come un’etica monacale della povertà, insomma la predicazione della frugalità come modello di vita. Quindi bella intenzione minata alla radice dal suo carattere arcaico. Ma Berlinguer non faceva il frate e non predicava povertà. Vedeva che la politica era diventata, stava diventando sostanzialmente attività di intermediazione, raccolta e distribuzione di denaro pubblico. La sua austerità era quella di impedire che la politica diventasse soprattutto questo. Decenni dopo la politica è “solo” questo. Il problema non è più fermare il processo, il problema è rovesciarlo. Fino a che la politica intermedierà, raccoglierà e distribuirà in prima persona i 107 miliardi annui della Sanità, i circa 300 miliardi della spesa delle Regioni e le decine di miliardi di spesa pubblica “discrezionale”, cioè non stipendi e non investimenti, fosse anche vietato per legge entrare in Parlamento o in Consiglio regionale o comunale a chi non ha le stimmate della santità, sempre e inesorabilmente i santi cadranno in tentazione e peccato. Togliere alla politica che governa la Pubblica Amministrazione l’agibilità dell’industria del convegno e affini è colpirla, in senso metaforico e reale, alla bocca dello stomaco.

Di fronte al calmiere l’industria del convegno si acquatterà ma non smobiliterà di sicuro, c’è troppa gente che ci campa. La storia di non accettare nessun regalo di valore superiore ai 150 euro nella Pubblica Amministrazione fa molto titolo sui giornali e in tv ma ha scarso rapporto con la realtà. I “regali” veri, quelli organici al sistema, quelli vissuti come doveri e diritti acquisiti, sono di due diverse nature. Il primo tipo è legale, perfettamente legale. E’ appunto lo scambio che avviene tra produttori, distributori, consumatori e clienti della grande industria del convegno. Ci si scambia denaro pubblico, visibilità, consenso, relazioni, commesse, lavoro, reddito. Legale, legalissimo. Con i danni collaterali di una spesa di denaro pubblico che ingrassa il debito pubblico e con quello di una politica che arruola, alleva, ospita, specializza e promuove una sola pubblica professionalità: trovare soldi pubblici e portarli a casa, a casa della “gente di riferimento”.

Il secondo tipo di “regalo” in vasto, vastissimo uso nella Pubblica Amministrazione legale non è. Ma ha un corso quasi ufficiale e si chiama mazzetta. Solo una grande e condivisa ipocrisia nazionale impedisce di tradurre quel che ogni giorno leggiamo e diciamo (“la corruzione è oggi superiore a quella di venti anni fa”) in concreto riscontro nella vita quotidiana. Facciano finta che la corruzione sia insieme enorme ed astratta mentre sperimentiamo nella vita pratica che è capillare e concreta. Buona parte delle autorizzazioni rilasciate dalla Pubblica Amministrazione sono di fatto a pagamento, nelle grandi città esistono tabelle e tariffe minime che neanche gli Ordini Professionali. Divieto di regali di valore superiore a 150 euro? Si potesse fissare un limite a mille euro della tangente l’economia sarebbe più florida, le aziende e le famiglie risparmierebbero risorse per i consumi e la vita sarebbe più civile. Mille euro come tariffa massima della tangente: ci accontentiamo, non siamo estremisti, utopisti e neanche frati di povertà.

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