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Monti e Napolitano niente bis 2013: non possono neanche volendo

di Mino Fuccillo |10 Luglio 2012 16:36

Mario Monti (Lapresse)

ROMA – Era una balla e ci siamo cascati più o meno tutti. Era una bolla gonfiata solo di aria e pure aria soffiata a bocca, soltanto a bocca. Era possibile accorgersene ma quasi nessuno l’ha fatto. Semplicemente non era vero che Mario Monti avesse ammiccato, mezzo detto e mezzo non detto che lui era “disponibile” a continuare dopo le elezioni del 2013. Avevano raccontato di sue mezze frasi che lo facevano somigliare a un  personaggio di Moretti, di quelli che “faccio più bella figura se vado o se non vado…”. Aveva raccontato di un suo enigmatico sorriso a precisa domanda, sorriso privo di parole perfino di sillabe, ma carico di allusioni. Niente di vero, solo il parto non tanto della fantasia quanto del metodo giornalistico: vai da uno, gli chiedi se fa caldo, lui dice si suda e tu riferisci che ha detto “sudore, lacrime e sangue”. Il giorno dopo un giornalista, Ugo Magri su La Stampa, rompe l’incanto: “Oggettivamente Monti non ha voluto indulgere sull’argomento, proprio per questa ragione a quanti lo stuzzicavano è apparso un filo reticente…Si è lasciato per caso andare a qualche cenno col capo, a un sorrisetto corrivo? Anche quello sarebbe un indizio… Assolutamente no, non ha elaborato e non ha annuito, solo silenzio”. Dunque non è successo nulla, ma come da indimenticabile e sempre profetica vignetta di Altan, tutti ci hanno mandato sopra “tre inviati speciali” con corredo di commentatori politici e codazzo di politici che commentavano. Era possibile capirlo e valutarlo prima, prima che Monti dicesse: “Escludo di considerare un’esperienza di governo, per quanto mi riguarda, che vada oltre la scadenza delle prossime elezioni”. Così era e così è nelle cose, prima delle parole di Monti e non perché lo ha detto Monti.

Per amor patrio diciamo che è stato un equivoco, facciamolo dire a Marcello Sorgi sempre su La Stampa: “Monti ha spiegato che tra gli altri problemi dell’Italia c’è anche quello dell’incertezza sugli assetti che potrebbero uscire dalle urne e sull’effettiva volontà dell’eventuale schieramento vincitore e del governo che ne seguirà di insistere nella dura strategia di risanamento dei conti pubblici. La mediocre interpretazione che ne è seguita (Monti si prepara a succedere a se stesso) dà purtroppo conto del livello a cui è giunto il confronto politico”. Amor di patria sì, ma fino a un certo punto. Perché il livello è davvero “mediocre”. Tanto mediocre da litigare con il plausibile. Di Monti governante nello stesso giorno pensano male Il Giornale e l’Unità. Niente di male, legittima critica: il Giornale lo trova suscettibile, permaloso e dittatoriale nel suo controbattere a Squinzi presidente di Confindustria, l’Unità batte lo stesso tasto e ironizza in negativo su Monti incastonando le sue parole sotto il manifesto “taci lo spread ti ascolta”. A quelli de l’Unità la “macelleria sociale” sdoganata dal capo degli industriali era piaciuta tanto. Critiche legittime, ci mancherebbe. E di Monti governante buona parte dei partiti e della pubblica opinione non ne può più. In sofferenza e reazione di rigetto cui non si può sempre opporre l’argomento che l’alternativa o non esiste oppure è peggiore. Qui non c’è nessuna “mediocrità” del dibattito o del pubblico sentire.

La “mediocrità” e anche meno comincia a trionfare quando fa strage del plausibile prima ancora che del possibile. Monti e Napolitano non resteranno e non continueranno dopo il 2013. Perché non vogliono e, se qualcuno non crede che non vogliano, perché non possono. Non ci sono le condizioni materiali e politiche per un secondo mandato né all’uno né all’altro. E se questo è abbastanza pacifico per il capo dello Stato, fino a ieri non lo era nella pubblicistica, non lo è per nulla per il capo del governo. Eppure Monti non è il candidato premier di nessun partito e nessuno lo porterebbe candidato tra otto mesi ad eccezione di Casini. Non Bersani che di Monti è l’antagonista in quel ruolo e  non il Pd la cui ala “montiana” parla e spera di mantenere per la prossima legislatura “l’agenda Monti”, mai Monti stesso. Un’ala del Pd, la più favorevole, le altre più robuste ali sono per rifare da capo quel che Monti ha fatto o per fare “noi quel che lui non può fare”. Come la metti e la giri il Pd non vuole il bis di Monti.

Per Vendola Monti “è arrivato dove Berlusconi non ha osato”. Insomma peggio di Berlusconi. Per Di Pietro Monti è “un aguzzino”. Vendola e Di Pietro possono volere il Monti bis? Lo può volere Grillo? Lo può volere o consentire Maroni? O Storace? E allora chi? Berlusconi andrà in campagna elettorale a prender voti dicendo che sarà Monti bis? Non c’è nessuna forza politica, vecchia, semi vecchia, usata, nuova di zecca o travestita da nuova che voglia o possa sopportare il Monti bis o il bis di Monti, con la striminzita eccezione dell’Udc. Se lo farà da solo un partito Monti, un partito che lo sostenga, raccolga tra il 15 e il 25 per cento dei voti e lo sospinga a governare la prossima legislatura? E quale elettorato si riverserebbe a votare questo partito, quello di destra che gli preferisce già oggi l’astensione o Grillo, quello di sinistra che non tollera neanche un’alleanza con Casini? Che sia una sciagura o una festa, un’occasione perduta o una liberazione il Monti bis non è plausibile nell’Italia 2013. Dovrebbero saperlo, capirlo, intuirlo tutti, qualunque cosa si augurino al riguardo. Ma, come dice Sorgi, la chiacchiera politico-giornalistica è “mediocre”. E Sorgi è stato un signore nello scegliere questo delicato termine.

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