Pd, Quirinale e i 101: la sera che al Capranica abortì candidatura D’Alema

Massimo D'Alema (foto Lapresse)
Massimo D’Alema (foto Lapresse)

ROMA – Prima la cronaca e i fatti e poi, se del caso, la “narrazione”. La cronaca e i fatti dicono, come ricorda e ricostruisce e attesta e testimonia Fabio Martini su La Stampa, che quella sera al Capranica Anna Finocchiaro era pronta, preparata ad alzarsi e chiedere la parola dopo il segretario Pierluigi Bersani. Era previsto che Bersani lanciasse la candidatura di Romano Prodi al Quirinale e che, quindi e perciò, subito dopo Anna Finocchiaro lanciasse al candidatura alternativa di massimo D’Alema presidente della Repubblica. Non andò così, la presidenza dell’assemblea dei parlamentari del Pd “abortì” la candidatura di D’Alema. Che non rimase contento e, come scrive Martini, “lo schiaffo aprì la strada a una successiva e in qualche modo fisiologica rappresaglia”. Vuoi vedere che i 101 franchi tiratori che affossarono Prodi originano proprio da là, dalla candidatura abortita e dalla “rappresaglia”?

Ancora il racconto di Martini, ma non solo il suo, è il racconto di chiunque allora abbia avuto occhi ed orecchie e voglia di guardare e sentire: “Nella primavera del 2013, dopo la clamorosa bocciatura in aula della candidatura di Franco Marini, Bersani fece sapere ai notabili del partito di essere pronto a virare bruscamente su Romano Prodi. A quel punto, e non è dettaglio da poco, Massimo D’Alema fece sapere di essere pronto a candidarsi anche lui, in un testa a testa con Prodi. La notte del 18 aprile furono preparate le schede per votare e all’indomani i grandi elettori del Pd (i parlamentari e i delegati regionali ndr) furono convocati al cinema Capranica. Dietro le quinte si sapeva che subito dopo Bersani si sarebbe alzata Anna Finocchiaro per proporre D’Alema. Ma non andò così: il presidente dell’assemblea, Luigi Zanda, propose di votare (su Prodi ndr) per alzata di mano e la candidatura di Prodi passò per acclamazione”. Slavo poi essere silurata e affondata da 101 grandi elettori del Pd che non votarono Prodi.

Perché ricordare e ricordare con esattezza quella sera al Capranica? Perché circola, anzi è quasi vangelo ufficiale nel Pd di opposizione a Renzi la “narrazione” secondo cui i 101 furono soprattutto “renziani”. Renziani magari ante litteram visto che allora con Renzi si schieravano una sessantina e non più di parlamentari Pd. Ma comunque i “renziani” come nucleo dei 101 che accoltellarono Prodi nell’ombra. E lo accoltellarono perché volevano già da allora e da sempre e per costituzione e missione fare l’accordo con Berlusconi per il Quirinale e per tutto. Questa la “narrazione” dei Civati, dei Bersani, dei Fassina, dei D’Attorre e anche della Camusso e di Vendola, insomma della sinistra dura e pura.

Questa narrazione litiga, anzi fa a pugni sia con i fatti che con la logica. I fatti raccontano di una probabilissima, quasi certa “rappresaglia” dello schieramento pro D’Alema presidente nella votazione su Prodi. I 101 osservati al luminol mostrano tracce di sangue dalemiano. La logica dice che si poteva  votare contro Prodi per favorire un’intesa con Forza Italia, ma si poteva votare contro Prodi anche per favorire convergenza politica e di governo con M5S sul nome e in nome di Stefano Rodotà.

Sì, va bene: i 101 contengono vari dna delle “famiglie” del Pd. Quella dei “renziani” è perfino la meno probabile in percentuale. Ma perché ritornare, perché darsi la pena e fatica di smontare una “narrazione”? Perché la ripropongono: ecco tutta l’opposizione a Renzi sfilare sotto il gonfalone di Prodi e innalzare il suo nome e immagine ad ariete che sonda e dissolve il patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi. Eccoli di nuovo. Ed eccoli di nuovo per nulla credibili e sinceri. Allora fu Romano Prodi in persona a dire alla moglie: “Mi ha telefonato D’Alema, per dirmi che così non si fa, non si decide una candidatura per acclamazione, stai certa, non diventerò presidente”. Non poteva essere più chiaro Prodi su chi avrebbe silurato la sua candidatura: buona parte degli stessi che oggi la ripropongono.

Quanto al supremo e sommo obiettivo di impedire intese con Forza Italia, il governo che scaturì allora fu quello di Enrico Letta, governo programmaticamente basato sull’intesa con Berlusconi, al punto di suicidarsi finanziariamente con la tentata e non riuscita abolizione dell’Imu che era il cuore dell’identità dell’allora Pdl. Enrico Letta che fa l’intesa con Berlusconi e poi comunque diventa per i Bersani e i Cuperlo e tanti altri il martire anti renziano per eccellenza, la vittima del cinismo crudele e osceno di Renzi. Allora l’intesa con Berlusconi era buona purché non la facesse Renzi?

Rieccoli a candidare Prodi non perché lo vogliano davvero. La determinata opposizione Pd a Renzi non ha un vero candidato, o meglio van bene tutti quelli che possano far male a Renzi e al suo governo. Prodi eventualmente eletto con i voti di Sel e mezzo M5S provocherebbe una crisi di governo? Ottimo, si voti Prodi! Ciò che importa non è la fattibilità o la plausibilità della candidatura, ciò che importa è avere una elezione presidenziale in cui si possa sgambettare Renzi o almeno gridare allo “inciucio” tra Renzi e Berlusconi. Come insegnano la storia vera dei 101 e purtroppo anche la storia lunga del settarismo a sinistra il peggio nemico, il primo da colpire è il “revisionista” che ti sta accanto. Questo nel migliore e più nobile degli intenti. Cui vanno aggiunti i personali rancori e le umane, umanissime miserie. Tanto per arrivare a 101 e oltre.

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