ROMA – Metti…un partito politico. Metti uno, due, dieci, cento e mille sondaggi di opinione. E mettici sopra anche quel che l’esperienza orale quotidiana ricava da ogni conversazione “alta e bassa” sulla politica. Metti e somma quel partito con quei sondaggi, con quegli umori e con quelle chiacchiere e hai uno in nome, anzi con il nome del quale, quel partito vince le elezioni. Fino a che non si vota con quel nome come candidato premier ovviamente non c’è controprova e garanzia che le cose stiano proprio così. Ma tutti gli indizi convergono, tutte le sensazioni parlano univoca lingua: con Matteo Renzi candidato premier il Pd le elezioni può davvero vincerle. Con ogni altro candidato premier, senza Renzi, il Pd le elezioni le perde o al massimo le pareggia, non le vince mai. In questo concordano sia i risulto delle elezioni di febbraio sia l’ultimo sondaggio su ipotetiche elezioni estive: se si rivota, allora Berlusconi arriva primo, Grillo terzo e il Pd inutile secondo. Ma se c’è Renzi, allora vince lui insieme al Pd.
Dunque uno deduce, collega: metti insieme Renzi e il Pd e gioca la partita nelle migliori condizioni possibili. E invece no, non sia mai. Grande, grandissima parte del Pd preferisce, anzi ritiene sia suo dovere, fare la guerra a Renzi che può far vincere le elezioni. E contemporaneamente, non a caso contemporaneamente, grande, grandissima parte del Pd, ritiene sia suo compito naturale fare la corte a Grillo, a M5S, cioè a chi il Pd l’ammazza. Anna Finocchiaro, una vita nel Pd e ai vertici del Pd, una vita spesa per la politica senza incassare dalla politica più di tanto, Anna Finocchiaro, una rispettabile e normale dirigente del Pd, ha voluto sibilare il suo disprezzo: “Matteo Renzi non ha la qualità umana per fare l’uomo di Stato“.
La “qualità umana”…Difficile conoscere a fondo e davvero la qualità umana di Matteo Renzi e anche quella di Anna Finocchiaro. E anche quella di Pierluigi Bersani e Massimo D’Alema e Beppe Grillo e Mario Monti e di chiunque o quasi faccia politica. Di uno solo si conosce la misura e quell’uno è Silvio Berlusconi. Di tutti gli altri si dà per supposto che fino ad evidente prova contraria abbiano qualità umana standard, accettabile. Altrimenti, se ci si mette a ipotizzare la qualità umana altrui, chi garantisce per chi? Regole elementari di educazione civica prima ancora che civile. Eppure la Finocchiaro, che è persona degna ed esperta, se si tratta di Renzi le regole le salta e le ignora. E buona parte del Pd è con lei. Perché?
Perché una comunità umana e politica, moltissimo vertice ma anche molta base, preferisce, ritiene suo dovere perfino etico, sua missione, suo senso politico fare la guerra a chi può farti vincere le elezioni e fare insieme la corte a chi ti ammazza? Non può essere e non è solo impazzimento o “tafazzismo” o coazione alla sconfitta o minoritarismo o pas d’ennemi a gauche o qualunque altra delle formule care e note dello stare al mondo a sinistra e della sinistra italiana. Ci deve essere qualcosa di più razionale e di più fondato in questa avversione, in questo rigetto di Renzi. Non siamo neanche di fronte. come in questi giorni si è detto nello stesso Pd, ad una “secessione strisciante”. Qualcosa del genere magari è nella testa, non nell’animo, di chi vorrebbe tornare a un partito di sinistra-sinistra e simmetricamente di chi prova nostalgia di un centro democratico senza Camusso e Vendola vari. Ma queste sono le vecchie correnti confluite nel Pd dove più o meno placidamente ancora scorrono.
No, Renzi non c’entra nulla con le correnti d’origine, con i popolari, i cattolici, i democristiani, i comunisti, i socialdemocratici, i laburisti, i socialisti…Ed è questo che lo rende intollerabile a gran parte del Pd: Renzi, che forse non è nessuno, svela , appalesa, rende evidente che il Pd politicamente è obeso di anime morte. Renzi con la sua stessa esistenza dice che un tempo è finito. Quale tempo? Quello in cui la Finocchiaro, in nome della rispettabile militanza politica, non pagava dazio per una foto in cui la scorta di Stato le fa da colf privata da Ikea. Quello in cui Franco marini, in nome di un degnissimo cursus sindacale e politico, resta indenne e invulnerabile a una bocciatura elettorale. Renzi dice che, a torto o a ragione, Finocchiaro, Marini e tanti altri sono Casta. E dice anche di più e di “peggio” per la nomenklatura politica, dice che per certi ruoli e incarichi occorrono competenze politiche ma anche d’altra natura. Per cui Prodi ad esempio ha la statura per fare il capo dello Stato, Marini no.
Fa ancora di peggio Renzi: dice e pensa che non tutto ciò che è anti Berlusconi sia sinistra e riforma e progresso. Non bastasse, dice anche che non tutto ciò che è sindacato e spesa pubblica e Pubblica Amministrazione è santuario e rifugio. Ecco quindi che sfogliando come carciofo il cuore e la corteccia del Pd si comprende perché buona parte del partito, di vertice e di base e anche di elettorato veda come peste incombente una possibile vittoria e un governo con Renzi alla guida e veda come evangelizzazione missionaria portare il verbo nelle terre di Grillo dove gli M5S quelli del Pd e il Pd tutto li mettono nel pentolone.
Si comprende l’altrimenti incomprensibile: come il Pd sia rimasto agganciato, manco fosse un treno veloce dal quale non i può scendere, all’immobilità bradipesca di Bersani. Bersani, il giorno dopo non aver vinto le elezioni che lui stesso aveva più volte proclamato vinte, avrebbe dovuto, sì proprio dovuto, sgombrare il campo e il partito dalla sua candidatura a Palazzo Chigi. Dando al Pd la possibilità di trattare, se da trattare c’era, un governo “del presidente” o davvero “di scopo”, insomma un governo dal programma limitato e dal tempo limitato ma che servisse a qualcosa. Se impossibile, allora elezioni. Ma il Pd è rimasto agganciato all’unica cosa impossibile: un governo Bersani senza Berlusconi e Grillo che nasce e vive grazie un giorno a Berlusconi e l’altro a Grillo che si danno il cambio nel soccorrerlo al Senato. Un programma di governo che Bersani h felicemente riassunto nel promettente: “Partiamo, fateci partire e poi…vediamo”. Fa torto a se stesso Bersani in questa parte: nel partito che discende d un partito che pretendeva di annoverare tra le sua fila “il migliore”, Bersani rischia la performance de “il peggiore”.
Tutto purtroppo si spiega: l’abbaglio, il miraggio di M5S come “costolona” della sinistra, il ribrezzo per i voti dell’elettorato altrui prima alle primarie e poi alla politiche, l’indignazione sincera ma fuori tempo e contesto di un ceto dirigente anagraficamente e intellettualmente canuto…Tutto si spiega e si tiene: non è scissione strisciante, è consunzione montante. Qualcuno però, per ora soprattutto elettori, nel Pd non ci sta. Qualcuno nel Pd ha capito, per ora soprattutto elettori, che la prossima volta che si vota, se si deve votare per Bersani e Finocchiaro et similia, il Pd lo votano meno di quelli che lo hanno votato a febbraio. Qualcuno ha capito che il Pd si sta scindendo da se stesso e quindi nessuna scissione più di questa è da temere. Renzi per il Pd non è la scissione, è molto di più: è terrore e orrore, speranza e attesa del cambio di connotati. Per questo lo trattano, più al vertice e alla base che nell’elettorato Pd, appena un po’ meglio di come trattano Berlusconi e molto peggio di come trattano Grillo.
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