ROMA – Pensioni in deficit, credit crunch in agguato. L’Inps si avvia a chiudere il bilancio 2011 con 2,9 miliardi di “rosso” dopo avere pagato assegni per 283 miliardi. I tassi medi applicati dalle banche ai 924 miliardi di prestiti alle imprese sono saliti dal 3,5 per cento a quasi il 5 per cento e sorte perfino peggiore tocca ai tassi applicati ai circa 770 miliardi di prestiti alle famiglie. E i famosi tagli alla spesa pubblica che tutti lamentano? Verranno…dopo un decennio, quello dal 2001 al 2010, in cui la spesa pubblica è cresciuta dal 41,8 al 46,7 per cento del Pil. Un decennio in cui i tagli alla spesa pubblica sono stati i protagonisti indiscussi del “Chi l’ha visto” nazionale.
L’Inps in rosso anche se leggero. Ma per nulla leggermente inquietante. Il piccolo rosso è la somma risultante dai più 7,2 miliardi che precari, collaboratori e consulenti versano in contributi praticamente senza intascare pensione. Dal sostanziale pareggio, anzi leggero avanzo tra contributi versati dai lavoratori dipendenti e pensioni pagate agli stessi. E dal disavanzo di altre gestioni: coltivatori diretti meno 3,5 miliardi, artigiani meno 5,6 miliardi, commercianti meno 1,5 miliardi. Sono queste le differenze tra quanto le rispettive categorie versano in contributi e incassano in pensioni.
Troppo general-generico il dato? Vediamolo in concreto: in media un coltivatore diretto versa 2000 euro di contributi annui. Va in pensione con assegno di circa 8000 euro annui. Un commerciante versa in media 4000 euro l’anno in contributi, va in pensione con assegno di circa 10mila euro. Un lavoratore dipendente versa in contributi circa 9.800 euro l’anno. Va in pensione con 11.600 euro l’anno. Oltre che molto ramificato, è storto l’albero della previdenza italiana.
Contemporaneamente non fiorisce più l’albero del credito: chiunque chieda un finanziamento, un prestito si vede aumentare il tasso di interesse o negare finanziamento o prestito. Le banche stanno scaricando sulla clientela il maggior costo che loro deriva dal dover pagare tassi più alti sulla cosiddetta “raccolta”, cioè su titoli ed obbligazioni che rincorrono il tre e passa per cento dei Bot e il quasi sei per cento dei Btp.
Meno che un germoglio, appena un seme chiuso è l’incremento del Pil: 0,7 per cento. Anche a farli davvero i taglia alla spesa pubblica quel 46,7 per cento di spesa sul Pil cala meno di quanto servirebbe a far respirare. Infatti sale la pressione fiscale che insegue a quota quasi 44 per cento. Troppe tasse, poco credito, pochissima nuova ricchezza, grandi capitoli si spesa in rosso o in crescita (sanità passata in 10 anni da 67,5 miliardi a 113,5). I conti, se volete tirateli voi.