Scippo ai pensionati per pre pensionare statali in barba alla Fornero

Scippo ai pensionati per pre pensionare statali in barba alla Fornero
Foto d’archivio

ROMA – Fino a che erano esodati, esodati veri, nulla da dire. Era giusto e doveroso che la fiscalità generale, cioè noi tutti con le tasse che paghiamo, si facesse carico di chi era rimasto, effettivamente rimasto, senza stipendio/salario per aver perso ilposto di lavoro e senza pensione per non aver raggiunto i requisiti di età e di contributi spostati più in là dalla legge Fornero. Prima 50.000 esodati, poi 120 mila, quindi 170 mila, quindi duecentomila…Era evidente ma tutti taciuto e sopportato che qualcuno da esodato vero si travestiva e qualcuno ci marciava. Ma era troppo faticoso, impervio e impopolare distinguere.

Ora però di esodati non si può proprio parlare, al massimo di delusi dalla legge Fornero. E’ il caso dei quattromila professori cosiddetti “quota 96”. Cioè 96 tra anni di età e anni di contributi previdenziali. Bastavano alla pensione prima della Fornero, poi non bastavano più. Ma non è che nel frattempo i 4.000 prof siano rimasti senza lavoro e senza stipendio. Semplicemente e spiacevolmente per loro la data della pensione si era allontanata. Spiacevolmente per loro, la stessa spiacevolezza per tutti: un paese intero che nel 2011 andava in pensione mediamente a 58 anni si trovava a dover andare in pensione a 66 di anni.

Da allora hanno cominciato a provarci in tanti a diventare eccezione alla regola, insomma ad andare in pensione, a farsi riconoscere la pensione prima dei 66 anni. I prof “quota 96” sono fra questi un’avanguardia. Cercano di seguirli, con la complicità del Parlamento e la collaborazione  del governo, più o meno tutti i pubblici dipendenti. Per gli statali pensione a 62 anni, magari un po’ più piccola o magari anche no. Questo nella legge in discussione sulla Pubblica Amministrazione.

Non solo, c’è un giro una voglia matta di pensione prima dei 66 anni per tutti. Una deroga qua, una penalizzazione là e si cerca di far finta che l’Italia possa tornare ad andare in pensione non a 58 anni come ai bei tempi ma a 60 o poco più sì. La questione delle decine e decine di miliardi che costerebbe una tale contro riforma viene secondo tradizione scaricata su chi dalla pensione è lontano e forse la pensione non la vedrà mai: chi ha venti, trenta, quaranta anni. Meglio chi oggi è bambino o ancora non nato: saranno questi a dover pagare le pensioni a chi comincerà a percepirle a 60 anni e per sua fortuna in media non morirà prima degli 85.

Per l’immediato però per il paio di miliardi e spiccioli che costa la pensione ai prof “quota 96”, il prepensionamento ai giornalisti e soprattutto la pensione a 62 anni nella Pubblica Amministrazione si pensa ad uno scippo, uno scippo senza destrezza. Togliere ai già pensionati, a partire da pensioni da 60mila lordi, cioè tremila netti al mese. Tremila euro netti, notoriamente una cifra che connota ricchezza spropositata. Sopra i 90 mila lordi le pensioni già pagano contributo di solidarietà. Ora si lavora a tagliare anche quelle medie di pensioni.

Per dare a chi non ha reddito? Per l’emergenza degli esodati? No, per prepensionare. Come ai bei tempi. Quando l’importante era afferrarla una pensione, magari arraffarla.E il problema di chi poi la paga quella pensione non si poneva. Per incoscienza, ignoranza, cinismo. Tutti fortemente rimpianti dal sistema politico e dalla pubblica opinione in singolare sincrono.

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