Pensioni tagliate se non pari ai contributi? E i sei milioni senza contributi?

Pensioni tagliate se non pari ai contributi? E i sei milioni senza contributi?
Foto d’archivio

ROMA – Quasi sei milioni di pensioni sono “integrate” o con “maggiorazioni sociali”, il che significa che chi le percepisce “in 65 anni di vita non è riuscito  versare almeno 15 annualità coperte da contributi e quindi non ha pagato neppure le tasse”. Pari pari dal testo di Alberto Brambilla sul Corriere della Sera.  Con ulteriore dovizia di particolari: 4.733.031 pensioni di natura assistenziale, di cui 3.726.783 integrate al minimo e le altre con maggiorazioni sociali, a queste vanno aggiunte oltre un milione di pensioni e assegni sociali e pensioni di guerra. E siamo ai sei milioni di pensioni basate, e pagate, su contributi nulli o quasi. Senza voler contare i due milioni di assegni di accompagnamento, altrimenti il conto farebbe otto milioni. Otto milioni di assegni pensionistici, bassi, bassissimi, di sopravvivenza, medi, insomma di quasi ogni taglia. Tutti però ingiustificati se la sola condizione che rende “giusta” una pensione è che questa corrisponda più o meno ai contributi versati.

Se si applica il criterio della pensione da tagliare se non corrisponde ai contributi versati, che farne di questi otto milioni di assegni? Certo non possono essere tolti, sono forme di doverosa assistenza sociale. Doverosa e tale resta, anche se si è largheggiato e soprattutto largheggiato in carte false e pessime abitudini a versare nulla e lamentare poi la bassa pensione. Certo questi otto milioni di assegni non possono essere tolti né tagliati (anche se  a controllare con accuratezza quelli in regola scalerebbero di almeno un milione). Però perché a pagare pegno per avere a fine mese una pensione che non corrisponde all’entità dei contributi versati nei decenni devono essere solo quelli che i contributi li hanno versati e hanno per decenni pagato le tasse? Perché i due milioni circa di pensionati con assegni oltre i 30 mila euro oltre a pagare, da pensionati, la metà dell’Irpef, dovrebbero essere loro e proprio loro ad essere “tagliati”?

L’unico perché non è di natura contabile e neanche attiene alla giustizia sociale e tanto meno alla solidarietà da Welfare. L’unico perché è di natura politico/comunicazionale: andare a dire in giro che ci sono troppe pensioni pagate solo dallo Stato, cioè dal fisco, cioè dalle tasse e che, per quanto misere o basse, chi le intasca poco ha pagato e ci fa un grosso affare, andare a indicare i milioni di italiani che non hanno pagato che in misera parte i contributi previdenziali…beh tutto questo è assai impopolare. Non fa simpatia né in tv, né sui giornali, tanto meno nei blog. Infatti nessun lo dice: non i Renzi, non i Grillo, non i Berlusconi, non i Salvini, non i Santoro, non i Floris…

Al contrario e simmetricamente prelevare a chi ha media, buona o ottima pensione a fine mese è molto popolare, soddisfa ardori di destra, sinistra e a cinque stelle. E fa pure audience.

Ecco il solo perché. Ce ne sarebbe anche un altro di perché. Lo abbiamo già individuato nel non sanno quel che dicono, scrivono e/o propagandano. Non sanno che il 98% delle pensioni in essere è un misto tra retributivo e contributivo. Quindi che si fa, si taglia il 98 per cento delle pensioni o il principio della congruità tra contributi e pensione vale e non vale? Non sanno che ricalcolare la quota contributiva delle pensioni non si può fare per il pubblico impiego e in parte per il lavoro autonomo (mancano gli archivi). Che si fa, si ricalcola a occhio o si fa pagare solo i pensionati delle aziende private?

Non sanno o non vogliono sapere che pensioni, anche quelle medie e perfino quelle alte se sottoposte come sono al blocco della rivalutazione (scatta integrale verso i 2.000 netti al mese) e al contributo di solidarietà (scatta a 90mila lordi annui) in un decennio diventano le prime basse da medie che erano e le seconde medie da alte che erano. Che si fa? Si spera che i pensionati “medi e alti” in un decennio muoiano prima di trasformarsi in pensionati “bassi” da assistere anche loro?

Se si vuole, e si dovrebbe volere, aumentare le pensioni veramente di fame che sono quelle che verranno, quelle che percepiranno i trenta/quarantenni di oggi…Se si volesse vera solidarietà sociale, e si dovrebbe volerla, allora non c’è, non ci sarebbe che un contributo a carico di tutte le pensioni e di tutti i redditi in essere. Minimo alla base, esile a metà della curva del reddito e crescente in proporzione. Il cui gettito da destinare non a nuove assistenziali pensioni (il sogno delle Camusso e dei Damiano) senza contributi. Soldi invece da destinare all’abbattimento del debito pubblico e delle tasse sul lavoro.

E i nuovi possibili esodati e gli eventuali “scivoli pensionistici” per loro? La politica, massimamente quella locale, amministra, cioè tratta intermedia e distribuisce (in parte trattiene) ancora circa 80 miliardi annui di spesa pubblica così detta discrezionale. Non si farebbe una gran fatica a tirar fuori da lì il paio di miliardi che servono agli “esodandi”. Tirarli fuori dalle ottomila aziende pubbliche e para pubbliche che infestano servizi sociali e mercato privato dei servizi.

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