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Pensioni, tasse: i regali immaginari e avvelenati made in campagna elettorale

di Mino Fuccillo |10 Luglio 2017 12:33

L'insegna INPS - Istituto Nazionale Previdenza Sociale - in una immagine di archivio. ANSA/ETTORE FERRARI

Pensioni, tasse: i regali immaginari e avvelenati made in campagna elettorale (foto d’archivio Ansa)

ROMA – Pensioni, tasse: sono in arrivo, in confezione, in fattura e lancio un sacco di regali per l’elettore italiano. Regali made in campagna elettorale. Regali immaginari tutti o quasi e regali non di rado avvelenati. Arrivassero davvero, ad addentarli si avrebbe l’effetto della mela della strega.

Pensioni, qui i partiti di regali ne stanno preparando un cesto. Dal cesto il più bislacco è il regalo degli anni della laurea come anni che valgono per la pensione. Gratis e in automatico gli anni degli studi all’Università diventerebbero come fossero stati anni al lavoro. Un modo, come i tantissimi allo studio, per abbassare almeno un po’ e almeno per qualcuno l’effettiva età della pensione che viaggia verso i 67 anni anagrafici.

Lavori e versi contributi per 36 anni? Se ne hai fatto quattro di anni di Università è come se avessi lavorato per 40 di anni. E i 4 anni di contributi pensionistici chi li paga, chi ce li mette? Lo Stato, la fiscalità, insomma il denaro pubblico.

Regalo con tutta probabilità immaginario, quanto sia “giusto” assai discutibile e comunque regalo avvelenato. Che senso ha mandare più facilmente in pensione, costruire pensioni in parte senza contributi e poi massacrarle di tasse quelle stesse pensioni perché diventano di fatto insostenibili per chi le paga? Non ha senso se non quello dominante nella politica e nella pubblica opinione italiana: prendo oggi quel posso, qualcun altro pagherà domani.

Pensioni, i regali made in campagna elettorale abbondano. In singolare sintonia Renato Brunetta Forza Italia e Cesare Damiano Pd vogliono sia sospesa ad eterno la regola per cui più aumenta la durata media della vita più avanti si colloca l’età pensionabile. E insieme a loro quasi tutto l’arco politico e sindacale non esita ad usare a sostegno questa contorsione della aritmetica e della logica: “ci vuole gradualità e un periodo transitorio per applicare la norma”. La norma è del 2.011. La gradualità che politica e sindacato vogliono è quella che porta la norma alle prossime generazioni, se la vedano loro.

E forte e intenso è il lavoro nei partiti e in Parlamento per allargare le eccezioni alla legge Fornero. L’obiettivo dichiarato è di consentire a quanti più italiani possibile di andare in pensione prima, prima dei 66 anni previsti dalla legge, prima anche dei 65 anni, insomma prima. Non come prima prima che si andava di fatto a 58/59 anni, ma insomma a 60/62 sì. La fantasia e creatività politica e sindacale è all’opera per sfornare regali pensionistici all’elettore italiano sempre goloso di pensioni.

Pensioni, confezionano regali per quando finisci di lavorare ma c’è un regalone M5S per quando cominci, anzi per quando non hai nemmeno cominciato a lavorare. E’ il reddito di cittadinanza (più o meno 8/900 euro mensili per una decina di milioni di italiani, i criteri di assegnazione non sono chiarissimi) che in fondo a guardar bene è una pensione all’inizio, una pensione “giovane”.

L’idea dominante, diversamente declinata, ha comunque un tratto comune: sostenere con i soldi della fiscalità quelli che hanno tra i venti e i trenta anni e quelli che ne hanno da 60 di anni in poi. Regalare agli uni e agli altri sussidi, redditi e trattamenti pensionistici che non poggiano in toto o in parte su contributi versati.

E questa idea a sua volta su cosa si sostiene? Da dove si tirano fuori i soldi per redditi e pensioni regalati in tutto o in parte? Dal fisco, dalle tasse? Neanche a pronunciarla la parola tasse in campagna elettorale se non per regalare all’elettore un loro imminente, sicuro e drastico calo.

Berlusconi e Salvini giurano che sarà flat-tax, cioè una tassa unica per tutti del 20/25 per cento sul reddito (Salvini dice 15/20 per cento). E’ questo il regalone del centro destra o del destra centro. Immaginario assai perché se facessero la piccola fatica di collegare parole e fatti scoprirebbero che la metà abbondante dei contribuenti, dichiarando improbabili redditi, già paga, se paga, sotto quelle percentuali di tasse e imposte. E l’altra metà, anche meno, che paga tasse (e anche contributi previdenziali) e che così mantiene e paga il welfare per tutti, se davvero le fai pagare il 20 per cento invece del 36 o 43 per cento fa certo festa. Per qualche mese, fino a che non si torna indietro perché  con metà paese che paga la metà delle tasse di oggi e l’altra metà (abbondante) che continua a non pagare tasse, allora lo Stato non paga più stipendi e pensioni (di cui sopra).

Ma c’è Renzi che dice che si possono trovare 30 miliardi riportando il deficit annuo al 2,9 per cento invece che tenerlo come adesso intorno al due per cento e anche sotto. C’è Renzi che dice: non ratifichiamo il fiscal compact (e fin qui è relativamente facile, in Europa di fatto non lo rispetta quasi nessuno) e osserviamo la regola del tre per cento di deficit. Così abbassiamo le tasse.

Immediato l’orrore di Bersani e Sinistra Italiana che considerano abbassare le tasse insulto al socialismo, alla democrazia, alla Costituzione e che quei 30 miliardi, se ci fossero, li vorrebbero tutti in investimenti pubblici da gestire-spartire tra cooperative, sindacati, governi locali (questo è quel che spacciano per giustizia sociale). Il regalo elettorale della sinistra anti Renzi, quella da Pisapia a Bersani fino a Fratoianni con il beneplacito e Camusso e Orlando e Emiliano è più pensioni, pensioni prima, tanta spesa pubblica e più tasse per i “ricchi”, cioè quelli da 2.500/3.000 euro netti al mese.

Ma torniamo a Renzi e al suo di abbassare sbarazzandosi del fiscal compact (giusto) e rispettando in Europa solo il parametro del deficit. Bello, no? No, perché anche questo è un regalo immaginario made in campagna elettorale. Non puoi far finta (anche se in Italia lo fanno tutti) di avere un debito pubblico tra i più grandi sul pianeta. Una cosa è fare deficit se non hai debiti o ne hai pochi. Tutt’altra è fare deficit se hai un debito enorme e fin qui inattaccabile e non attaccato. Se vi al massimo del deficit consentito il debito rischia grosso di franarti sulla testa e seppellirti.

Sono regali immaginari e spesso avvelenati perché l’Italia non ha proprio bisogno di più pensionati e di più gente in pensione prima. Anzi, il contrario: ci sono già troppi pensionati e ancor più troppi assegni pensionistici a fine mese (rispettivamente circa 16 e 22 milioni). Né ha bisogno e utilità di una “pensione giovane” battezzata da M5S reddito di cittadinanza e neanche di un calo delle tasse se il sistema fiscale resta quello che è.

Servirebbero un welfare che non premia chi so nega e si nasconde al fisco e occulta i suoi redditi reali. E un fisco, anzi una politica, che non dà per scontato e accettato che metà abbondante della popolazione viva con meno di 15 mila euro annui (di ieri l’ultimo calcolo della Corte dei Conti: almeno due milioni di contribuenti non pagano neanche quello che dichiarano, soprattutto contributi). E una diversa e migliore produttività, cioè più investimenti che gli imprenditori non fanno, più ricerca e innovazione tecnologica. E una diversa Pubblica Amministrazione. E una diversa cultura del debito pubblico. E una meno accanita difesa ciascuno della propria corporazione. E una diversa scuola e Università che oggi il lavoro non si trova anche per scarse competenze di chi lo cerca.

Ma sono cose difficili e antipatiche. Meglio i regali made in campagna elettorale. Immaginari, avvelenati. Ma che piacciano sempre tanto. Almeno prima di scartarli, rigorosamente dopo aver votato.

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