Il pianto, la malattia, l’onor delle armi: Bossi santo troppo subito

Umberto Bossi (Lapresse)

ROMA – Le lacrime, la malattia, l’onore delle armi…Umberto Bossi lo stavano facendo “santo subito”. Poi ci ha pensato lui stesso a rompere l’incantesimo, a rendere ridicolo il processo di beatificazione e risibili le “coccole” di stampa e di televisione. Santo poco, anzi per nulla. Né penitente e neanche martire. Rabbioso sì e anche un po’ patetico. “Tutto sa tanto di organizzato…noi siamo nemici di Roma padrona e ladrona, dell’Italia che ci manda questi magistrati, di un paese che non sarà mai democratico, di Roma farabutta”. Eccolo Bossi Umberto il giorno dopo arrampicarsi sulla parte di vetro di un complotto, complotto che coinvolge tre Procure, complottatori che devono aver drogato e ipnotizzato Francesco Belsito e Nadia Degrada quando al telefono si raccontano che con i soldi pubblici si pagavano anche le multe stradali di Bossi Renzo, complotto cui partecipa, analisi sempre del “Trota”, anche l’Europa nemica della Lega.

E per alzare il fumo del complotto Umberto Bossi non aveva neanche atteso la mattina del giorno dopo, alle dieci della sera, cinque ore dopo essersi dimesso, al telefono con La Repubblica diceva: “Questa storia puzza, siamo l’unica vera forza di opposizione alla grande ammucchiata e a questo governo delle banche. Ci sono le elezioni. Non vi sembra strano, non vi chiedete perché? Per colpire me, attraverso la mia famiglia, per far fuori la Lega. Vedo troppe cose strane: ad esempio che l’amministratore della Lega venga collegato alla ‘ndrangheta e che nessuno ci abbia mai detto niente, io quel tipo lo ereditato dal precedente amministratore e saltano fuori questi strani collegamenti”. Sublime Bossi: se il tesoriere del suo partito fa affari con i soldi pubblico destinati al suo partito con un broker d’affari che risulta alle cronache e ai magistrati in contatto appunto con una cosca della ‘ndrangheta qualcuno “glielo doveva dire” e comunque questa è la possibile prova che la ‘ndrangheta qualcuno l’ha infilata nella tasca, anzi nelle tasche della Lega come si fa con un po’ di droga infilata nei cassetti di chi si vuole incastrare. Lui, Bossi segretario della Lega, il tesoriere della Lega neanche sapeva tanto bene chi fosse. Deve essere stato un altro Bossi quello che una settimana fa diceva testuale: “Belsito, un ottimo amministratore”. Santo che piange trafitto come San Sebastiano, santo con le stimmate della malattia che gli impediva di sapere e vigilare, santo che si dimette per l’onore della famiglia e della Lega? Si vede che i santi ultimamente hanno cambiato abitudini, ora negano l’evidenza, rivoltano la frittata e sputano veleno.

“Ho pianto, abbiamo pianto tutti nel Consiglio Federale”, lo dice Umberto Bossi davanti alla sua casa ai microfoni e telecamere di TgCom di Mediaset e il cronista commenta: “Se un giornalista può dirlo, Bossi mi ha commosso”. In studio rilevano con involontaria fantozziana citazione: “E’ un Bossi molto umano”. Hanno pianto tutti l’altra sera. Ma al precedente Consiglio Federale della Lega che pure si era occupato di Belsito e dei soldi pubblici gestiti dalla Lega nessuno aveva pianto, neanche una lacrima. Anzi erano usciti spavaldi e concordi: nulla di irregolare, fiducia confermata a tutti. Dunque il pianto dell’altra sera, del secondo Consiglio Federale, è il pianto non per essere stati accusati da fuori o traditi da dentro, è il pianto per essere stati scoperti. Sono lacrime comprensibili, “molto umane” direbbe qualche tv, ma per nulla nobili. E’ il pianto di chi non può più nascondersi dopo averci provato.

E la malattia…il giorno dopo è tutto un fiorire di titoli e articoli che tutto fanno partire e nascere da quel 2004, da quel giorno 11 marzo in cui Bossi fu colpito da attacco cardiaco. La tesi che piace è che da quel giorno Umberto Bossi sia stato per ragioni di malattia meno responsabile di se stesso e dei suoi, insomma non del tutto capace di intendere e controllare, perfino di sapere. Un uomo che va compreso e scusato perché fosse stato nelle sue piene facoltà nulla di questo sarebbe successo. Dal 2004…Fino a cinque mesi fa Umberto Bossi era il politico di ingegno, l’uomo che deteneva le chiavi della maggioranza che governava e del governo che c’era, il leader di cui bisognava scrutare le imperscrutabili ma sempre vincenti e spiazzanti strategie. Allora bisogna mettersi d’accordo con se  stessi: o dal 2004 Umberto Bossi è un uomo limitato dalla sua malattia e allora per sette anni le chiavi della politica italiana sono state nelle mani e nella testa di un uomo limitato dalla malattia, oppure questa della malattia è una pietosa scusa. Delle due l’una, tutte e due insieme fanno bugia.

E infine l’onore delle armi che va tributato e infatti buona parte della stampa italiana ad Umberto Bossi tributa perché ha fatto il grande ed inusuale gesto del dimettersi. Onore delle armi ad un politico che per sua stessa ammissione ha “sbagliato” nel piazzare i figli in politica? Onore delle armi ad un politico che ha lasciato, consapevole o no, che i soldi pubblici venissero spesi e sparsi per le spese private della famiglia e del “cerchio” di amici? Se Silvio Berlusconi avesse lasciato che con i rimborsi elettorali sua figlia Barbara pagasse un regalino a Pato, l’onore delle armi anche a Silvio Berlusconi? Se Pierferdinando Casini con i rimborsi elettorali all’Udc avesse pagato la scuola alla figlia, onore delle armi a Casini? Se Pier Luigi Bersani con i rimborsi elettorali al Pd avesse lasciato pagare gli affitti di famiglia, onore delle armi a Bersani? Onore delle armi che sul mercato italiano dell’etica e della responsabilità deve essere valutato un centesimo al chilo per essere così facilmente distribuito. Basta il mezzo lavacro delle dimissioni da segretario per rendere onorevole la nota spesa intestata “The Family”? Un bel po’ di Italia è stata subito pronta ad assolvere, senza neanche il passaggio in confessionale, e a risolvere il tutto con un paio di Ave Maria e Pater Noster a carico di Bossi. Micro penitenza che poi Bossi non ha neanche recitato e all’Italia che già lo stava facendo santo subito per lacrime piante, manifesta malattia e onor dell’arme non ha mostrato neanche un po’ di riconoscenza. A quell’Italia, anche a quella Bossi ha gridato: “Italia farabutta”. Ben le sta a quell’Italia, così impara. Ma forse non impara mai, non imparerà mai che i “santi” non sono quelli che si fanno sfilare i soldi degli altri ma quelli che i soldi pubblici non li maneggiano come fossero banconote emesse dalla zecca di casa, famiglia, clan e partito.

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