Professori ribelli solo 16. Stampa ne intervistava di più

Prof count down, ribelli 16. Stampa ne intervistava di più
Prof count down, ribelli 16. Stampa ne intervistava di più

ROMA – Di certo più di sedici, parecchi di più. I prof intervistati dai giornali e dalle televisioni, i prof precari che giuravano mai e poi mai avrebbero accettato la “deportazione”, cioè l’assunzione in pianta e in cattedra stabile però non nel Comune di residenza. Ora sappiamo che a 24 ore dallo scadere del conto alla rovescia solo 16 (sedici!) hanno ritenuto più conveniente rinunciare. Entro stasera alla mezzanotte devono decidere altri 570 pro precari. Se si comporteranno in analogia agli 8.216 che hanno già scelto, i ribelli sfioreranno alla fine la ventina.

Quindi o gli intervistati quasi ogni giorno da taccuini e telecamere erano sempre gli stessi portati in processione circolare tra tutti gli organi di stampa, fatti sfilare come ai tempi si faceva con i carri armati di cartone, oppure la stampa e la televisione hanno d’istinto gonfiato il fenomeno della rivolta di massa degli insegnanti. Quindi, anche se in qualche modo costretti, circa il 99 per cento dei prof precari ha calcolato che essere assunti conveniva e restare precari no. Banalità, ovvietà sulla quale però sindacati e stampa non convenivano. Singolare circostanza.

In sette mesi 286.126 contratti di lavoro fissi in più che nel 2014. Quasi trecentomila individui, lavoratori, famiglie che sono passati dal precariato, dal contratto precario a quello fisso. Trecentomila volte migliorata la qualità della vita, da moltiplicare per parenti e affetti. Ma la cosa appare ai sindacati, soprattutto alla Cgil, come pericolosa e oscura. Il maggior sindacato italiano diffida e arriccia il naso di fronte a trecentomila vite di lavoratori migliorate. Singolare circostanza numero due.

Produzione industriale a luglio aumentata del 2,7 per cento su base annua e di 1,1 sul mese precedente. Consumi calcolati dai commercianti, non dal governo, in aumento di un paio di punti percentuali. Ma stampa e opposizioni politiche, specialmente quelle di sinistra, soprattutto la sinistra Pd, poco anzi nulla valutano questi numeri e tendenze. Chiamano invece, le sinistre, i veri democratici a difendere niente meno che l’elettività dei senatori. Senato elettivo trincea della libertà. E riferiscono i giornali, telegiornali e talk show, quotidianamente e con dovizia, di quanti stanno con Bersani al Senato (sempre 28?), di quanti temono Alfano non li ricandidi, di quanti ne raccoglie Verdini. Circostanza singolare numero tre.

E’ un mondo a canoni fissi quello disegnato, narrato e descritto per la gente, con la gente. Ma non dalla gente. Il primo canone obbligatorio è quello dell’anti governo, qualunque sia il governo e qualunque cosa qualunque governo faccia. Il secondo canone è che chi strilla, e soprattutto organizza lo strillo, ha ragione. Anzi, più che ragione: è lui il popolo perché, si sa, il popolo si riconosce dallo strillo. Terzo canone: grida al dramma e alla rivolta che se qualcosa va un po’ meno male allora annoia.

Canoni di una commedia dell’arte in cui si recita sì a soggetto ma su copioni prefissati. Talmente fissi che si adeguano anche i preti. Come quel sacerdote a Napoli che nella sua omelia funebre per il diciassettenne ammazzato dalla camorra ha invitato tutti gli abitanti del quartiere ad esporre drappo viola alle case fino a che “le istituzioni non avranno dato risposta”. Le istituzioni? Quel povero cristo non l’hanno ammazzato le istituzioni, non gli ha sparato il Parlamento e neanche il Quirinale o la Prefettura o i Carabinieri. E’ morto di camorra. Un drappo del color che vuole, padre, fino a che la gente non si ribelli alla convivenza più o meno pacifica con la camorra, quello no?

Gestione cookie