Recovery Fund e miliardi: non ce la faremo e non lo ammetteremo

di Lucio Fero
Pubblicato il 25 Gennaio 2021 - 10:17 OLTRE 6 MESI FA
Recovery Fund e miliardi: non ce la faremo e non lo ammetteremo

Recovery Fund e miliardi: non ce la faremo e non lo ammetteremo (Nella foto Ansa, Conte e la Von der Leyen)

Recovery Fund e miliardi, miliardi per Next Generation Ue, cioè per la nuova generazione europea e dell’Europa. La Ue ha puntato molto sull’Italia: all’Italia la quota maggiore di miliardi in aiuti e prestiti, non per generosità ma per consapevolezza, europea, che stavolta occorre fare di tutto e di più perché il sistema socio-economico, politico e istituzionale italiano cambi i suoi connotati.

Connotati che tengono l’Italia stabilmente da circa un quarto di secolo ai livelli di produttività e incremento Pil minori nel continente e ai massimi livelli di spesa pubblica, deficit e debito.

Recovery Fund: scommessa per l’Italia

Lo dicono tutti: Recovery e miliardi una scommessa per l’Italia. Quel che non dice nessuno, nonostante lo temano e sospettino in non pochi, è che non ce la faremo, che la scommessa andrà probabilmente perduta. Ci sono vari, quotidiani, massicci, convergenti indizi che non ce la faremo.

La prova del fare

La prova del fare, lì purtroppo è facile ipotizzare, diciamo pure prevedere, che falliremo. Falliremo la prova del fare. I miliardi se non fai si perdono. Ogni sei mesi dal 2021 al 2026 verifica dello stato di avanzamento di progetti e cantieri, dei budget di spesa e della congruità della spesa. La Ue vigilerà su tutti i paesi e per tutti i paesi: se cantieri, spesa, legislazione non avanzano secondo cronoprogramma e obiettivi di riforma, l’erogazione dei miliardi si ferma. Può il sistema socio politico italiano reggere la prova di verifiche semestrali della sua efficacia operativa ed efficienza riformatrice?

Il governo ha appena (a fine gennaio) ri-consultato i sindacati. Cui è stato promesso molto, ma saranno riconsultati. In attesa di consultazione sono gli Entri locali; Regioni, Comuni etc. Il calendario delle consultazioni è fitto (crisi di governo permettendo) e ad ogni riunione governo annota quel che il convocato vuole. Annota e promette, mentre il convocato elenca.

E quindi si aggiunge, si allunga il brodo del Recovery italiano all’italiana. Progetto, scelte, programma che dovrebbero essere già conclusi o quasi e invece siamo al “carissimo amico”, alla consultazione (permanente?) delle parti sociali. Non a caso, per il nostro sistema socio-politico la determinazione di una fetta a ciascuno è molto più importante degli ingredienti e cottura della torta. Il nostro sistema socio-politico si appresta al Recovery come ad una torta già data. La questione è spartirla al tavolo.

La governance affollata

Tavolo che all’inglese chiamiamo governance. Governance sarebbe chi fa dopo aver deciso. Tavolo è la vigilanza e l’accordo reciproco che tutti prendano qualcosa. Chiedono di entrare nella governance del Recovery i sindacati, lo stesso chiedono Regioni e Comuni. Ci sono già ovviamente ministri e partiti politici e Parlamento. Quindi governance affollata. Cosa può fare una governance, cioè un metodo, una struttura dove siedono con sostanziale potere di blocco ministri, partiti, Parlamento, Regioni, Comuni, sindacati, associazioni di categoria? Può spartire i miliardi un tanto a te, un tanto a lui, un tanto a lei…

Quel che di certo non può fare (e mai vorrebbe farlo) una struttura così è di infastidire, stressare o impegnare qualcuno degli interessi rappresentati. Modificare modalità di reclutamento, carriera, lavoro e valutazione nella Pubblica Amministrazione centrale e locale allo stesso tavolo in cui Regioni e Comuni siedono per avere più soldi per i loro “territori” sociali e cioè per i dipendenti e manager delle società pubbliche e semi pubbliche? Impensabile. Cambiare i connotati alla macchina della Giustizia e/o dell’Istruzione allo stesso tavolo dove siedono i rispettivi sindacati che dei connotati attuali di giustizia e istruzione hanno fatto culto e tempio? Impensabile. Lavorare ad una riforma dell’Irpef pensata non per raccogliere consenso e diminuire gettito ma per raddrizzare legno storto del fisco italiano? Con in governance i rappresentanti delle esistenti lobby a protezione dell’attuale fisco?

Sistema elettorale proporzionale in arrivo

Falliremo la prova e lo faremo in maniera programmata e agevolata. Conte presidente del Consiglio per rendere più appetitosa la sua permanenza in ruolo agli occhi di partiti aspiranti ad essere tali ha promesso e promosso la legge elettorale proporzionale. Arrivando a tentare di vendere il gelato agli esquimesi. Anzi, un gelato pure squagliato. Conte ha detto niente meno che “proporzionale favorisce stabilità”.

Ora neanche i più convinti nello scegliere un sistema elettorale proporzionale arrivano a questo. Dicono, per difenderla, che la proporzionale privilegia la rappresentanza pur facendo pagare un prezzo alla stabilità e che, proprio per questo, va scelta. Conte ha detto una cosa che non sta né in cielo né in terra e che nessuno sostiene. Alla prossima, servisse altro ai partiti, Conte direbbe altro. Ma proporzionale elettorale in contemporanea con Recovery miliardi è lasciate ogni speranza voi che accostate.

Proporzionale come legge elettorale significa ovunque e ovviamente moltiplicare richieste ed occasioni di spesa pubblica dispersa…in proporzione. Volere elezioni, Parlamento e legislazione a misura proporzionale è predisporre alveo all’uso di quei miliardi in ordine quanto più possibile sparso. 

Recovery Fund: falliremo la prova e non lo ammetteremo

Falliremo la prova, probabilmente a e a meno di un miracolo politico-sociale. Ma come sperarlo il miracolo politico-sociale con Conte che si vende la governabilità facendo propaganda e progetto di proporzionale, con Pd e M5S sostanzialmente concordi nel concepire “tavoli” che non disturbano mai e distribuiscono sempre, con M5S e Pd sostanzialmente concordi nell’indicare la copertura Ue e Bce alla spesa come eterna, con Salvini e Meloni che indicano al pubblico sospetto i prestiti Ue con l’argomento che vanno restituiti.

Ovviamente omettono la restituzione sia prevista tra 35 anni e omettono siano prestiti a tasso inferiore ai prestiti ottenibili sui mercati. Se ne deduce che Salvini e Meloni sono certi i mercati finanziari prestino gratis all’Italia almeno per i prossimi tre, quattro decenni. Con questo ceto politico, di governo e di opposizione, anche fossero a ruoli invertiti, per il miracolo politico sociale ci vorrebbe una intera governance di santi.

Ma, quando dovessimo fallire la prova, di certo non ammetteremmo di aver fallito. Faremmo (faremo?) come di fronte ad “intollerabile”, anzi “assurda”, anzi “discriminatoria” bocciatura in una scuola. La famiglia dirà, griderà che è colpa degli insegnanti. Gli insegnanti diranno è colpa delle strutture inadeguate, delle riforme mancate. Il preside si dirà favorevole ad un tavolo di confronto che individui le responsabilità ma attesterà che formalmente è tutto in regola e che però si può tornare indietro, cosa che però a lui non compete. Quindi tutti insieme converranno che è colpa dei politici. E si cercherà un Tar per annullare la bocciatura. Lo faremo anche quando dovessimo essere bocciati alla prova del Recovery-miliardi. Cercheremo un Tar che non c’è nella ferma e furibonda convinzione di non voler sapere cosa (e non chi) ci boccia.