Roberto Spada, tanti i fratelli. Non quello in galera, quelli in giro

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Roberto Spada aggredisce Piervincenzi a Ostia

ROMA – Roberto Spada, tanti i fratelli. Non portano lo stesso cognome, non abitano ad Ostia, non fanno parte di un clan familiare inquisito e neanche spaccano la faccia a un giornalista. Però ce n’è tanti, tantissimi di fratelli non di sangue ma di pancia e cervello di Roberto Spada. Ovunque in Italia, in ogni città e paese, età e lavoro. Ormai è la specie dominante, nella realtà delle vita quotidiana e nella sua rappresentazione sui media e sui social.

Roberto Spada non è solo, tutt’altro. Appartiene alla grandissima e sempre più in espansione famiglia che coltiva in vari e variegati modi un valore supremo: i fatti, i cavoli miei, i miei interessi e attività, il mio tornaconto, qualunque siano, sono sacri diritti e inviolabili santuari. Gli interessi, le ragioni, i fatti e i cavoli degli altri sono immondizia, ciarpame, qualcosa che sta sospeso e confinato tra il chi se ne frega e lo sparisca dalla vista.

Mattia Feltri spiega su La Stampa questa nuova antropologia, questo nuovo “cittadino”, questo nuovo homo social dal punto di vista della res publica, della convivenza civile diventata sommamente incivile. Scrive Feltri che se ogni santo giorno per strada, in tv, in Parlamento, sui giornali, attraverso i social, ovunque l’altro da te viene definito e vissuto come nemico, nemico del popolo, ladro, meritevole di galera, truffatore, corrotto, da ridurre alla fame tramite privazione del posto di lavoro, affamatore del popolo…Se questa è la vita pubblica e la pubblica opinione accreditata come tale, allora “siamo un popolo di aspiranti Spada”.

Fa bene Feltri a cogliere e segnalare il fenomeno dal lato della mutata anzi ormai mutante convivenza civile. Ma, purtroppo, è solo un aspetto del nuovo carattere del cittadino social. E neanche il più profondo. Leggere quanto scrive su facebook Roberto Spada dopo aver spaccato la faccia con una testata e aver picchiato con un bastone e aver inseguito e colpito a terra prima Daniele Piervincenzi giornalista e poi Sergio Anselmi operatore. (A proposito il video non riprende che Anselmi se l’è cavata solo perché Piervincenzi ferito ha allontanato Spada dal collega a terra indifeso).

Scrive Spada su facebook: “io rispetto tutti” che è ormai l’esordio standard di ogni rivendicazione di impunità. E l’impunità Roberto Spada la chiede in nome del valore supremo “giornalisti scoglionavano…voi cosa avreste fatto?”. Eccola la cultura diffusa e condivisa attorno alla quale si raccoglie una grandissima famiglia. Eccola la cultura in cui non la sola famiglia Spada ma la famiglia gente si riconosce: io ho diritto, gli altri no. E se gli altri mi “scoglionano”…Roberto Spada gli spacca la faccia e i suoi tanti fratelli non di sangue ma di cultura e valori, pancia e cervello a quelli che li “scoglionano” gli spaccano la reputazione, la dignità, il lavoro, la professione…

O anche la giornata, l’auto o quel che sia…i tanti fratelli di pancia e cervello di Roberto Spada non picchiano con le mani ma picchiano ogni giorno e in ogni dove. Fa parte della stessa cultura la frase standard con cui chi blocca mezza strada scaricando merci con il furgone parcheggiato in terza fila ammonisce il prossimo: “Sto lavorando”. Il suo lavorare, il suo io immediato lo esenta e libera da ogni limite e relazione di rispetto del prossimo.

E fa parte della stessa cultura dare dell’infame a chi fa una proposta, una legge, un ragionamento diverso da quello che soddisfa e coccola l’interesse, l’unico interesse che conta, quello a un palmo dal tuo sedere. Voi cosa avreste fatto domanda retoricamente Roberto Spada (non senza la patetica bugia cara ad ogni italiota, anche quelli da ti spacco le ossa, la bugia che il giornalista “spaventava i bambini”). Voi cosa avreste fatto?

E non solo i soliti hater di professione e vocazione gli rispondono sui social che ha fatto bene, che avrebbero fatto come lui, che “gliel’hai fatta tu l’intervista…”. E’ pieno in Italia di brava gente pronta, ansiosa, disposta a mandare a vaffa, al macero, alla gogna, in galera, per strada tutto ciò e tutti quelli che li “scoglionano”.

Roberto Spada di suo, di esclusivo ha solo la violenza praticata e, augurabilmente, la galera che ne dovrebbe venire. Ma non è solo Roberto Spada, anzi ha tanti fratelli. Non quello in galera (Carmine, 10 anni per estorsione con aggravante metodo mafioso) ma quelli in giro, per strada, in tv, in Parlamento, in ufficio, in fabbrica, al bar, sui social. Una grandissima e sterminata famiglia che spacca la faccia alla convivenza civile nella foia di sterminarla.

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