ROMA – Roma voterà per il suo sindaco futuro con tutta probabilità nella primavera 2016. Roma soffrirà con certezza i danni di una campagna elettorale sguaiata e autolesionista già da domani, anzi da oggi. Roma Campidoglio è una preda politica (e non solo politica, anche bottino di clientele e miliardi di pubblico denaro) troppo grande e ghiotta perché forze politiche e sociali non diano per i prossimi sei mesi il meglio, cioè il peggio di se stesse. Peggio di quanto visto finora? Quanto visto finora e di tutto e di più ancora.
Uno dei candidati più accreditati a diventare sindaco di Roma è Alfio Marchini. Imprenditore, una biografia pubblica da società civile operosa, qualche mal trattenuta ambizione, un certo fascino, una complessiva mediocrità eccellente. Bene, Marchini potrebbe essere il prossimo sindaco di Roma. Il sindaco sostenuto da un’alleanza di partiti di centro destra e liste civiche moderate, insomma Forza Italia, Ncd e altri su cui poi alla fine al ballottaggio converge buona parte dell’elettorato di destra.
Ma Marchini potrebbe essere anche il candidato sindaco del centro sinistra, del Pd più liste civiche. Su cui alla fine converge un po’ di elettorato centrista. Un solo uomo, lo stesso uomo che può essere il candidato di schieramenti opposti. Circostanza singolare ma reale che la dice lunga sull’impazzimento della politica e della società civile a Roma. Un esempio, solo uno, del peggio presente e prossimo venturo. Il peggio che non è Marchini ma la possibiliotà, la realtà di un Marchini double face buono per ogni schieramento.
Poi c’è Giorgia Meloni come possibile sindaco. Meloni, cioè l’alleanza Salvini più Fratelli d’Italia. La destra destrissima che a Roma si è già esibita sotto la regia di sindaco Alemanno. Aziende pubbliche infarcite e devastati di assunzioni di famigli e camerati. Deficit e debito chi se ne frega. Insomma quel modello là con l’aggiunta e la benedizione dell’uomo del Nord venuto sulle sponde del Tevere a immigrato cacciare. Può essere, può anche essere la Meloni sindaco. Piace, in tv piace. Soprattutto quando recita l’incontinenza plebea. Le viene naturale.
Ma soprattutto c’è Alessandro di Battista. M5S vanta i sondaggi che lo danno come primo partito a Roma. E i grillini parlano già del Campidoglio come roba loro, basta attendere sei mesi appunto. Potrebbero commettere l’errore di affidarsi alle eliminazioni/selezioni via web. Non lo faranno. Se saranno molto abili sceglieranno un candidato di società civile per così dire grillina. Se saranno moderatamente accorti designeranno Alessandro di Battista o uno come lui, del Movimento ma non illustre ignoto e non un signor nessuno. Può essere sindaco un grillino al Roma, M5s Può vincere. Soprattutto al ballottaggio con un candidato Pd.
E qui arriviamo alle terre incognite. Il candidato Pd prossimo sindaco di Roma con tutta probabilità quasi certezza non sarà un esponente del Pd e quindi buona parte della lista di nomi che circola può essere serenamente depennata. Si va, si spazia da Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità Anti Corruzione fino a Giovanni Malagò presidente del Coni, passando per Beatrice Lorenzin attuale ministro della Sanità.
E il peggio a venire, dove sta il peggio? Eccolo, bello grosso: un candidato della società civile buono per la destra e la sinistra, candidati della società civile per un Pd sfinito, la società civile furente e anche incivile dietro la candidata della destra sociale, la grande voglia civile dell’elettorato di votare chiunque non siano quelli soliti, cioè di votare M5S quasi a prescindere, la speranza che cambiando…
Eccolo il peggio: Ignazio Marino era il candidato della società civile, della voglia di fare a meno della politica, l’anti sistema e anti casta. Con queste stimmate vinse le primarie e poi e elezioni con bel il 64 per cento dei voti. L’idea autolesionista che il nuovo, la non competenza, il venir da fuori e altrove siano garanzie e virtù colpirà ancora. Come e peggio di prima. E il prossimo sindaco di Roma sarà eletto a furor di indignazione popolare e il giorno dopo dovrà, chiunque sia, andare a trattare con le cento-mille lobby che formano il popolo-elettore di Roma.