Marcia dei Lazzari e Duca a cavallo, salgono dalla Sicilia Tir borbonici

ROMA – I cognomi erano tre e più il nome facevano quattro. Quali non li ricordo, lo stupore di averli ascoltati come notizia dei giorni nostri li ha cancellati. Ma ricordo che era un notiziario di una radio di notizie: Radio 24 del Sole 24 ore. Era venerdì 20 gennaio 2012 e il notiziario diceva: “Annunciata la marcia a cavallo su Palermo, la guiderà il Duca…” e poi via i tre cognomi. Il Duca a cavallo e dietro i “Lazzari” contro lo Stato italiano: figure di quasi due secoli fa escono dall’album delle stampe antiche e si animano, riprendono corpo. Il Duca sempre a cavallo, come nell’Ottocento, i “Lazzari” sul trattore o sul Tir invece che sui carri, ma la carovana e la marcia sono le stesse degli anni appena dopo Garibaldi e i Mille: identico l’obiettivo e il nemico, appunto lo Stato italiano, quello di Roma che “affama la Trinacria”. Un solo tricolore bruciato in piazza, un’eccezione. Ma le bandiere della Trinacria erano la regola durante la marcia e sono il vessillo ufficiale ai blocchi stradali. E sul cruscotto dei Tir che bloccano le strade della Sicilia e ora dalla Sicilia risalgono la penisola punteggiando di blocchi la Calabria, la Campania, il Molise e il basso Lazio, insomma tutto il Regno delle Due Sicilie, c’è quasi sempre l’immagine di Padre Pio: mancano per fortuna i preti che benedicono i Lazzari in marcia ma un filo di sanfedismo c’è e lotta ancora insieme a loro, due secoli dopo.

Ci sono gli agricoltori e i pescatori e gli autotrasportatori che vogliono pagare meno il gasolio. E fin qui… Ma vogliono anche che lo Stato italiano, quello di Roma, non solo tolga “gabella” ma scucia soldi: sussidi per le terre incolte. E vogliono che metta dazi per le merci che arrivano dal continente, dall’estero, estero che comprende anche l’Italia. Vogliono lo Stato italiano fuori dai piedi e dalle tasche se si tratta di tasse e dentro casa se si tratta di sussidi. Ci sono gli studenti, dio mio gli studenti, a fianco di quelli che hanno perso o stanno perdendo due sussidi locali, quei 500 euro che la Regione Sicilia e i Comuni siciliani elargiscono come mancia ai Lazzari senza lavoro e quegli altri 500 euro che la mafia di territorio garantisce ai Lazzari della manovalanza minima del racket. Sussidi che stanno sparendo, vogliono che lo Stato italiano in qualche modo li ripiani. Esprimono sgomento e sconcerto all’idea che le leggi e le manovre decise dal governo di Roma e dallo Stato italiano riguardino anche loro: davvero il gasolio lo devono pagare come all’estero, come in Italia? Davvero l’Imu riguarda e tocca anche le loro case, i loro terreni?

Non vanno, non puntano su Palazzo dei Normanni, sulla Regione Sicilia. Con la Regione Sicilia sono d’accordo nell’essere “autonomi”, autonomi nella spesa dei soldi. Ma i soldi vanno a cercarli, a pretenderli a Roma. Chiamano se stessi “rivoluzionari” in rivoluzione contro lo Stato italiano: i pescatori, i Tir, i trattori, gli studenti, i Centri sociali della sinistra anti sistema, i Boia chi molla della destra agraria e delle famiglie dei baroni. Tutti insieme e tutti a prendersi le strade, le autostrade, i porti mentre gli “sbirri” dello Stato italiano stanno a guardare. Risale la penisola il Tir borbonico resuscitato in un Jurassik Park della storia. Guardi questo eterno meridione che rigurgita se stesso e ti vien voglia di sentirti in qualche modo “leghista”. Poi leggi che un governante leghista di Padova, un governante non un militante, ha dato la “linea” ai veneti: “Evadere di più le tasse”. Il leghismo si è meridionalizzato, i lazzari borbonici si stanno facendo Lega.

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