Social network soldi e politica. Si chiamava lavaggio cervello, ad avercelo…

Scandalo Facebook. Social network soldi e politica. Si chiamava lavaggio cervello, ad avercelo...
Social network soldi e politica. Si chiamava lavaggio cervello, ad avercelo… (nella foto Ansa, Mark Zuckerberg)

ROMA – Social network, ci si fanno un sacco di soldi, montagne di soldi.

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E ci si fa politica, tanta e tosta politica. Ma senza dirlo, men che mai facendolo vedere. E come si fa a far politica, a smuovere la politica, a cambiare i connotati della politica senza neanche dar mostra di parlar di politica? Ecco, più o meno, come si fa.

Metti che un’intera nazione sia una sola strada, una gigantesca main street con i suoi edifici ai lati: il supermercato, i palazzi residenziali, il parcheggio, il parco verde, il centro pubblico, i negozi, i bar, i ristoranti, la pompa di benzina, la chiesa…

E metti che un gruppo di abitanti della grande main street, non importa quanto grande sia il gruppo, decida di far fuori per via politica ed elettorale lo sceriffo o il prete o anche solo il gestore del parking o il direttore del supermarket.

Metti che tu ci abiti e ci vivi in quella gigantesca main street. A al mattino, quasi ogni mattina che esci di casa, trovi al parabrezza dell’auto o infilato tra finestrino e sportello un bigliettino con sopra scritto: questo parcheggio è fatto con asfalto pagato a una ditta mafiosa, ricordatelo. Attenzione, il bigliettino non è firmato da una qualsiasi astratta entità, un comitato, un partito, qualcosa di politico di cui diffideresti per istinto. E non è neanche anonimo il bigliettino. E’ firmato con un nome e cognome di un cittadino, un abitante della gigantesca main street, uno come te. Non stai lì a pensare che quel nome e cognome non corrisponde in realtà a una persona in carne e ossa, hai la sensazione che a scriverlo sia stato appunto uno come te. E il giorno dopo e l’altro ancora, ancora bigliettini di altri come te. Ti senti perfino considerato nel riceverli, considerato e consolato perché tu, proprio tu, con un gestore di parcheggi hai avuto prima una lite e poi addirittura una causa civile in corso.

Metti che tu, nella confezione dei biscotti preferiti che acquisti al supermarket, proprio quella che compri sempre e ti piace di più, trovi  bigliettini che ti dicono che il direttore del supermarket è in amicizia e combutta con quello dell’asfalto mafioso nel parcheggio. Fanno affari assieme, sta scritto sui bigliettini. Scritti non da un altro direttore di supermarket che non ci crederesti. Ma scritti da gente che si firma: il primo racconta di averli visti insieme una volta nel magazzino sul retro. Poi lo scrive un altro e un altro e un altro e un altro. Come può essere non vero se li hanno visti in tanti, se in tanti hanno visto la stessa cosa?

Metti che nella cassetta delle lettere trovi ogni giorni un foglio che ti avverte e spiega: il palazzo è minacciato da infiltrazioni d’acqua, il sindaco e lo sceriffo fanno finta di non saperlo. Perché tengono il sacco al costruttore e padrone del palazzo. Tu magari non ci credi, ma arrivano fogli con sopra l’opinione di ingegneri e geometri che denunciano l’omertà di ingegneri e geometri ufficiali.

Metti che ogni giorno al telefono qualcuno ti racconta che come no, certo che li ha visti sindaco, sceriffo e prete e padrone del parcheggio e direttore del supermarket fare baldoria e cordata in un hotel fuori main street. E metti che subito arrivino via mai, telefonate, sms, wathsapp conferme dell’avvistamento. Conferme da gente come te. Che fai? Non ci credi? Fai il pecorone? Non ti muovi? Li lasci fare, li lasci al potere questi delle caste e del sistema?

Ecco, si fa così a cambiare i connotati alla politica per via di social network. Si organizza una pioggia crescente di bigliettini sul vetro dell’auto, messaggio nel pacco biscotti preferito, fogli in cassetta lettere…Una centrale li produce ma non li firma certo. La firma è reale ma non corrisponde ad alcun essere reale. O meglio, l’essere reale che confezione i messaggi è uno, ma produce cento, mille, diecimila firme. Che a loro volta si moltiplicano e quindi per via di numero acquistano massa e sembianza di realtà, opinione, volontà di popolo, voto popolare.

Ecco come si fa e come si è fatto molto di recente in vari paesi e varie elezioni. Qualcosa del genere si è sempre fatto e si è sempre provato a fare ben prima che nascesse Internet e perfino prima che si instaurasse il sistema per cui il popolo vota a suffragio universale. La costruzione e manipolazione della pubblica opinione e del consenso sono vecchie quanto l’umanità. Se ne sono via via incaricati i sacerdoti di qualunque culto, anche pre cristiano, poi nobili e cavalieri, quindi giornalisti e romanzieri…

Funzionava, sono secoli e millenni che la pubblica opinione viene formata e formattata. Però la novità, non da poco, è che, fino all’avvento e dominio dei social network, se uno voleva sapere chi formava e formattava poteva saperlo. E se se lo domandava, se aveva ingegno e voglia di domandarselo, poteva sapere che a fare il lavoro era qualcuno o qualcosa (buono o cattivo) ma altro da sé. Invece con il social network la grande novità è che appare che a formare e formattare l’opinione pubblica e la gente sia…l’opinione pubblica e la gente.

E’ finora nella storia della politica e delle genti la migliore e più efficace ed elaborata e potente forma di quello che una volta con espressione rozza veniva chiamato “lavaggio del cervello”. Che ovviamente lavaggio del cervello non era ma solo appunto formazione, manipolazione, creazione, formattazione centralizzata del sentir comune e quindi della volontà popolare. Una volta era attività intensa ma in fondo artigianale. Anche se praticata su scala di massa in molti regimi, pur sempre con mezzi artigianali rispetto ai social network. Praticata dai regimi e anche nelle democrazie.

Scioccamente lo si chiamava lavaggio del cervello. Ad avercelo…un cervello sociale. Un italiano su quattro è “analfabeta funzionale”. Cioè è in grado di leggere un testo ma non lo capisce. Uno su quattro. E allora? Allora la potenza, la grandiosa e nuova potenza dei social network è che qui, sui social network, si dice sereni e fieri che non sapere e capire è un diritto, che l’ignoranza è una virtù civile che l’analfabetismo funzionale è niente meno che genuinità e autenticità. Nessuna piattaforma di formazione e formattazione del cervello sociale della gente era mai arrivata nei secoli a simili perfezione e traguardi.

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