ROMA – Avete presente quel detto popolare, quel protervo e un po’ prepotente volere “la botte piena e la moglie ubriaca”? Beh, per quel che possono e sul loro territorio i sindaci italiani a stragrande maggioranza è proprio questo che vogliono: la cassa piena e il cittadino proprietario di casa ubriaco e ubriacato. Vogliono infatti i sindaci che le tasse sulla casa, Tasi compresa, vengano pagate il 16 giugno. Lo vogliono per incassare, per fare cassa piena. Ed è anche comprensibile che vogliano così, i Comuni hanno bisogno di soldi freschi, i soldi delle tasse sulla casa sono dei Comuni. Per loro, sindaci e Comuni, incassare a settembre, prorogare la data del pagamento e dell’incasso può essere problema e danno.
Quindi che si paghi il 16 giugno, come da volontà dei Comuni e dei sindaci. Pero, però…questi dannati sindaci vogliono anche il cittadino contribuente ubriaco e ubriacato dal gioco di prestigio delle aliquote, insomma del quanto pagare. Alla stragrande maggioranza dei sindaci e Comuni, per ora il 90%, proprio non va di far sapere al contribuente/residente quanto deve pagare. Perché possa pagare entro il 16 giugno dice la legge che i Comuni devono decidere le aliquote entro il 23 maggio e poi renderle pubbliche entro il 31 maggio. Ma nove sindaci su dieci in Italia finora non hanno voluto far sapete se la Tasi nel loro Comune la mettono al 2, al 2,5, al 3 o al 3,3 per mille.
Non lo vogliono far sapere, diabolici questi sindaci, perché se dicono aliquota bassa poi ci rimettono soldi, ma se dicono aliquota alta poi ci rimettono voti. Quindi acqua in bocca: al cittadino, proprietario di casa, contribuente ed elettore non far sapere di maggio. Meglio fargli pagare il 16 giugno un acconto, così soldi in cassa ne entrano subito. E poi fargli pagare conguaglio a dicembre. Magari, tra un conteggio e l’altro, il cittadino-proprietario-elettore-contribuente si ubriaca un po’ sulle cifre e sulle responsabilità politiche e amministrative. Magari si confonde su chi ha deciso che la Tasi per casa sua è stata fissata, guarda caso, al massimo.
Dannati sindaci, ne sanno una più del diavolo. Non pago dazio di pubblica opinione perché non decido l’aliquota a maggio. magari lo faccio con calma versoi Ferragosto. A giugno incasso l’acconto senza dover aspettare i denari causa proroga del pagamento a settembre. A dicembre incassano il resto e a dicembre chi paga il resto non ha più la percezione se il pagato sia tanto o troppo. E soprattutto a dicembre si è dissipata questa fastidiosa e pericolosa scena dei sindaci che decidono insieme al loro governo locale il “quanto” si paga.
Dannati sindaci, perché così facendo e furbettando scaricano sulle nostre spalle un conteggio obbligatoriamente privato, forzatamente approssimativo ed esposto ad errori di quanto si paga di Tasi. Da cui anche il successivo obbligo di calcolare i conguagli prima di pagarli, rapportandoli all’aliquota nel frattempo decisa. Prima il 50% dell’un per mille. Poi la differenza tra l’un per mille e l’aliquota decisa e il restante 50 per cento dell’un per mille dell’acconto di giugno. E la quota dell’inquilino? La ricalcoli dopo. E la seconda casa che tra Imu e Tasi non può superare l’11, 4 per mille? Ricalcoli dopo. Lavori il cittadino-contribuente-residente-proprietario e a dicembre non più elettore. Lavori e non sfasci il gioco dei sindaci. Cassa piena e cittadino ubriaco: cocci e rifiuti della manovra sono di chi paga le tasse sulla casa.
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