Terremoto: se fossimo una nazione, a Bruxelles tutti (!) diremmo…

Terremoto: se fossimo una nazione, a Bruxelles tutti (!) diremmo...
Terremoto: se fossimo una nazione, a Bruxelles tutti (!) diremmo… (foto Ingv)

ROMA – Terremoto o meglio l’ultimo anello in ordine di tempo di una lunga catena di terremoti. Facciamola corta: se fossimo una nazione, un paese con il senso della comunità, uno Stato e dei cittadini che hanno rispetto per se stessi, se ci fossero un ceto dirigente decente e una pubblica opinione presentabile e non eternamente discinta, se ci fosse dignità e responsabilità…Se fossimo quel che non siamo diremmo tutti e tutti insieme a Bruxelles (e a Berlino e a Parigi e perfino alle pulci con la tosse tipo Budapest) che niente e nessuno può obbligarci a non ricostruire le case, i ponti, i borghi buttati giù dal terremoto.

Glielo diremmo tutti insieme e tutti d’accordo in tono fermo e non alterato, senza urlare ma senza alcun tremito nella voce che se l’eccesso di deficit è l’eccesso di spesa per la ricostruzione dopo il terremoto, beh quell’eccesso lo dimentichino, lo cancellino, lo approvino come è giusto e doveroso. Oppure, se non vogliono lasciarlo passare, se vogliono non si spenda per i danni del terremoto, allora quell’eccesso…se lo mettano a quel posto.

Se fossimo una nazione glielo diremmo tutti insieme. Appoggiando tutti il governo che lo dice, qualunque sia il governo in carica in quel momento. Non importa se il governo della parte che ho votato o no. In quel momento, quando dice una cosa così, è il governo della nazione. E se noi fossimo una nazione daremmo una mano al governo che dice una cosa così.

Ma noi non siamo una nazione, non sappiamo neanche cosa voglia dire esserlo, almeno in quelle che si chiamano le forze politiche. Le forze politiche, i partiti, i movimenti da noi sono e sono orgogliosi di essere tribù, clan, tifoserie ultra che mai e poi mai costruirebbero un argine contro il fiume lavorando insieme alla tribù nemica. Da noi l’interesse comune e il senso dello Stato si chiamano da tempo “inciucio”.

Se fossimo una nazione Salvini non farebbe il tifo per Orban contro Renzi, capirebbe Salvini che l’interesse di Orban danneggia il comune interesse italiano. Ma Salvini, dovesse pur capire (improbabile) se ne frega. Lui gioca a fare Hitler giovane (non è esagerazione né offesa, basta comparare i temi della reciproca propaganda, coincidono dalla lotta contro le democrazie occidentali corrotte alla individuazione di un nemico di pelle come responsabile di ogni male sopravvenuto) e non vuole pensieri di responsabilità nazionale.

Se fossimo una nazione Beppe Grillo spiegherebbe con una battuta salace che prima si “vaffa” tutti insieme quelli che vogliono si sia avari e tirati coi soldi su danni e ricostruzione post terremoto (e magari anche quelli che vogliono stare in Europa quando si tratta di prendere soldi e fuori si chiamano quando si tratta di prender migranti) e poi, fatto, questo, si riprende a “vaffare” alla grande Renzi.

Ma non siamo una nazione e Grillo non è uno statista, tocca farsene una ragione. Salvini, Grillo…mica solo loro. L’idea che l’opposizione possa, anzi debba, in circostanze eccezionali appoggiare il governo se in gioco c’è l’interesse nazionale è idea che mediamente in Parlamento e nei talk-show politici e nei tweet e nei blog neanche comprendono se gliela esponi. E, se appena un po’ intuiscono, si indignano. Reazione allergica profonda, anzi rigetto ormai biologico alla responsabilità collettiva.

Non siamo una nazione e infatti chi sta all’opposizione, chiunque sia a turno, se quello che sta al governo sta battagliando magari all’estero per l’interesse comune, subito pensa sia il momento per sgambettarlo mentre è impegnato. Diciamo, il governo dice alla Ue: 9 miliardi di maggior spesa a deficit per terremoti e migranti. L’opposizione prova a far slittare l’approvazione del decreto di spesa per il terremoto. Da noi funziona così.

E, a margine ma non tanto, osservando quel che fa la politica quando c’è terremoto, viene una domanda: c’è qualche relazione tra questa irresponsabilità civile spacciata per lotta politica e la pioggia di bufale, idiozie, provocazioni, false e irresponsabili notizie che affollano il web ogni volta che c’è il terremoto?

Sul web appare e prende forma l’antico piacere (sì di questo si tratta) che l’umano trae dall’osservare la disgrazia altrui e verificare che non è toccata a lui. Basta guardare cosa fanno gli automobilisti sulla corsia opposta ad un incidente di cui si vedono ancora danni, feriti, ambulanze, vittime…

Questa roba sta sul web ma non è solo web. Come non è solo web la chiacchiera ignorante ma riportata per sentito dire, l’approssimazione, l’abboccare alle favole, anche a quelle che fanno paura. Sul web c’è quel che ieri c’era nei bar o in piazzetta. Così come sul web ci sono gli esibizionisti, i mitomani, quelli in qualche modo per così dire disturbati nel comportamento sul web si esibiscono alla grande. Ma c’erano anche prima e ci sono anche fuori dal web.

Allora cosa c’è sul web che prima non c’era quando si riempie di bufale su terremoti e disastri vari? C’è la credibilità indistinta che alla bufale, alle favole, alle esibizioni di mitomani e disturbati il web assegna. C’è l’essere la comunicazione in time on line totalmente, geneticamente, ontologicamente irresponsabile. Fosse anche rispetto alla minima plausibilità. Ecco che c’è. E che ricorda, affianca, gemella la totale, ormai antropologica irresponsabilità della politica italiana. Fosse anche di fronte all’interesse nazionale.

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