Troia non è più quella di una volta: non era un cavallo ma una nave

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Una delle rappresentazioni del cavallo di Troia (foto Ansa)

ROMA – Troia, neanche la guerra di Troia è più quella di una volta. Sì, Ettore e Achille ci sono ancora (anche se il secondo rischia grosso l’espulsione dalla saga e dall’epica tutta per conclamate e narrate molestie). E ci sono ancora Priamo, Paride ed Elena e Menelao e Agamennone (anche qui però spuntano testimonianze e coming out seppure un po’ tardivi su i due fratelloni e la regina che prima ci stava e poi no). E ci sono ancora i dieci anni di guerra sulla spianata davanti alle mura della città.

Ma il finale, la conclusione, quel certo e caro come andava a finire non c’è più. Ce lo stanno togliendo il finale conosciuto. Signora mia dunque anche Troia non è più quella di una volta. Infatti e niente meno il cavallo escogitato da Ulisse come trappola per ingannare e finalmente sconfiggere i troiani non è un cavallo. Niente cavallo di legno che i troiani si portano dentro le mura addirittura abbattendone un tratto perché il cavallo non ci passava.

Niente greci nascosti nella pancia del cavallo che di notte, una volta dentro le mura, escono, attaccano, massacrano, incendiano, aprono le porte agli altri greci e quindi cancellano Troia dalla faccia di quella che oggi sarebbe la costa occidentale della Turchia. Sì, Ulisse e Laoconte, il primo che inventa il trucco, Ulisse e l’astuto e il secondo che avverte i troiani del trucco ma, siccome un po’ di dei sono in combutta con i greci, subito dal mare due serpenti lo soffocano e soprattutto zittiscono a suon di spire, sì Ulisse e Laoconte conservano un ruolo. Ma un po’ più prosaico e meno poetico.

Perché il cavallo non era un cavallo, era una nave. Spiega Francesco Tiboni, archeologo navale, che ippos era la denominazione appunto di un tipo di imbarcazione che aveva come segno distintivo una polena con testa equina. Questo tipo di imbarcazioni all’epoca era usato soprattutto per il trasporto di beni materiali. Quindi ci sta che i greci possano aver lasciato, fingendo la fuga, una nave ippos carica di doni propiziatori per il loro simulato viaggio di ritorno.

Ci sta anche che i troiani abbiano portato dentro le mura e in casa una nave che credevano semplicemente abbandonata dai greci che se ne andavano. E ci sta, anche più facile e tecnicamente plausibile, che gli incursori, le “truppe speciali” greche si siano nascoste nella doppia stiva della nave piuttosto che nella pancia di un cavallo di legno. E ci sta che una sorta di errore secolare, anzi millenario di traduzione-interpretazione abbia interpretato lo hippos omerico letteralmente come cavallo e non come nave.

Sì, è molto più probabile plausibile sia stata una nave e non un cavallo, probabilmente Francesco Tiboni ha ragione. Però, signora mia, neanche più la guerra di Troia è quella di una volta…

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