Luna Rossa come Bartali nel 1948? Non proprio ma quasi: le sue imprese rasserenano il clima

Luna Rossa come Gino Bartali nel 1948? Non proprio ma quasi. Come il Ginetttaccio, che vincendo a sorpresa il Tour de France, rasserenò il pesante clima italiano sferzato  e  surriscaldato dall’attentato a Palmiro Togliatti. Il segretario del PCI era stato colpito da 4 colpi di pistola esplosi da Antonio Pallante, studente fuoricorso di Catania. Il paragone fa discutere. Innescando, specie sui social, posizioni contrastanti tra il velenoso, l’ironico e una condivisione financo ammirata.

Di certo l’accostamento dì Luna Rossa con un episodio storico di 73 anni fa è azzardato (forse) ma rende l’idea del momento difficile che sta vivendo l’Italia.

Che chiude per virus in un regime di fatto di lockdown generalizzato, inquietante, frustrante. Il paragone, come tutti i paragoni, inevitabilmente zoppica, ma ha il pregio dell’amarcord.

Il 14 luglio 1948 l’Italia è sull’orlo della guerra civile . Si contano rivolte e 16 morti.
Giuseppe Di Vittorio, segretario della CGIL, proclama lo sciopero generale. Le voci dell’attentato a Togliatti si diffondono in tutta Italia. Il Paese è nel caos.

Dopo l’attentato a Togliatti

A Genova, Roma, Napoli, Livorno e Taranto si scende in piazza. Si rincorrono voci confuse e allarmistiche. Togliatti, ferito all’uscita del Parlamento con la compagna Nilde Iotti,  lotta all’ospedale. Pietro Valdoni triestino, caposcuola della moderna chirurgia italiana, compie il miracolo. Salvo. Intuendo i pruriti vendicativi de suoi appena sveglio Togliatti sussurra ai suoi pretoriani Luigi Longo e Pietro Secchia : “ Calma, mi raccomando, calma, non facciamo sciocchezze “. Molte fabbriche del Nord nel frattempo vengono occupate. A Genova i militanti sequestrano addirittura cinque autoblindo della polizia.

Mario Scelba,ministro dell’Interno, traccia un primo bilancio dopo due giorni di mobilitazione: morti 9 agenti e 7 civili. Decine i feriti.

Una sola notizia riusciva a distrarre gli italiani dall’ansia della Politica: l’impresa di Gino Bartali al Tour che in sole tre tappe riuscì a recuperare gli oltre venti minuti di distacco dal fuoriclasse francese Louison Bobet (1925-1983), poi dominatore di tre Tour e di un Mondiale.

Un’impresa impossibile

Bartali aveva 34 anni. Troppi per immaginare una rimonta ritenuta impossibile. La sera prima del mitico tappone dell’Izoard (Alpi Cozie), un valico di 2.361 m s.l.m. – secondo una leggenda mai tramontata – il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi (1881-1954), fondatore del partito della Democrazia Cristiana, telefonò al Ginettaccio. Bartali era in un albergo di Briancon, cittadina ai piedi dell’Izoard e del Colle deI Monginevro. Idue si davano del tu.

Al telefono c’è Giulio Andreotti che passa subito la cornetta a De Gasperi: “Gino, tu puoi fare molto, moltissimo. Una tua vittoria ci darebbe una mano per calmare gli animi. Vinci il Tour. Porta la maglia gialla in Italia“.

Bartali spiega le difficoltà, il distacco da Bobet, i tre colli da valicare. Chiede a Binda, direttore sportivo, di stargli vicino perché  attacccherà. È di parola. A Roma, alla Galleria Colonna, il luogo delle discussioni e dove si attendono le notizie, si è radunata una gran folla. Il bar Berardo ha messo degli altoparlanti che trasmettono programmi radiofonici.

L’uccellino della radio

L’uccellino della radio annuncia il collegamento con la quindicesima tappa della corsa francese. Irrompe  il radiocronista: “Amici sportivi all’ascolto, una grande notizia. Gino Bartali ha staccato tutti sulle salite dell’Izoard. E sta per presentarsi tutto solo sul traguardo di Briancon”. Ora si parla di Bartali, non più di Politica. “Bartali è in maglia gialla”. La gente urla, l’Italia è salva.

E gli undici su Luna Rossa sono già nella storia . Aumentano i  tifosi, come allo stadio. Tra le bandiere kiwi spunta il tricolore.

Potenza dello sport. Che è persino salvifico, nei momenti di spaesamento come questo fatto di solitudine, zone rosse, veti. Persino rabbia di chi vaccina (chiesto uno scudo contro le inchieste).

Draghi all’hub di Fiumicino ha indicato la strada : “Serve l’aiuto di tutti. C’è da conciliare “sacrificio“ e “speranza“. Due  immagini, è vero, contrastanti ma anche complementari. Come dimostra la nostra nazionale del mare, in questa  36esima edizione della Coppa America. L’equivalente del Tour?

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